SCIENZA E RICERCA

Un sismometro in tasca: Google usa gli smartphone per rilevare i terremoti

Il terremoto che ha colpito Siria e Turchia nel febbraio 2023 ha causato quasi 60.000 morti, ma sarebbero potuti essere anche di più se circa 500.000 persone non fossero state raggiunte da un segnale di allerta sismica sui loro smartphone, un minuto prima che arrivassero le scosse più forti.

Quel segnale faceva parte di una sperimentazione condotta da Google, da aprile 2021 a marzo 2024, che invece dei tipici sismometri sfrutta la rete di smartphone nelle tasche delle persone per rilevare scosse sismiche e diffondere segnali di allerta precoce. Il requisito è che i dispositivi abbiano installato il sistema operativo Android.

Uno studio pubblicato in copertina su Science mostra che l’Android Earthquake Alert (AEA) system in tre anni ha riconosciuto più di 11.200 terremoti e mandato quasi 1300 segnali di allerta, che hanno raggiunto milioni di persone in 98 Paesi.

Il sistema di Google fa affidamento sugli accelerometri contenuti negli smartphone, gli stessi dispositivi che contano i passi o permettono si ruotare automaticamente lo schermo. Se tanti smartphone contemporaneamente captano un’improvvisa accelerazione del terreno e la interpretano come un segnale di onde sismiche, quel segnale arriva ai server di Google, che individuano l’area di origine delle scosse (non la posizione esatta per questioni di privacy) e a loro volta spediscono sugli smartphone un messaggio di allerta.

Presi singolarmente questi sensori sono meno accurati dei sismometri comunemente impiegati nelle reti sismometriche regionali o nazionali, ma hanno il vantaggio di essere tanti e molto più diffusi, anche in zone dove magari non sono installati sismometri.

Complessivamente il metodo di Google mostra una precisione paragonabile a quella dei sistemi di allerta nazionali già attivi. Solo in 3 casi, su quasi 1300, Google ha mandato falsi allarmi. In due di questi si trattava di tempeste di fulmini. Scoperto l’errore, l’algoritmo dell’AEA è stato aggiornato e il sistema di allerta oggi non lo ripeterebbe, scrivono gli autori dello studio.

Come funziona il sistema di allerta di Google

Il primo sistema di allerta sismica è stato sviluppato a Città del Messico nel 1991, mentre il secondo è arrivato in Giappone nel 2007. Negli anni si sono aggiunti quelli di Taiwan, della Corea del Sud, Stati Uniti, Israele, Costa Rica e Canada, muniti di stazioni permanenti di rilevazione delle onde sismiche. Nel 2019 circa 250 milioni di persone potevano venire raggiunte da messaggi di allerta, riportano i ricercatori.

L’utilizzo sperimentale degli smartphone avrebbe fatto fare un balzo in avanti alla capacità di avvisare le persone del pericolo imminente: con l’aggiunta dell’AEA, secondo il team di Google, circa 2,5 miliardi di persone oggi possono venire raggiunte da messaggi di allerta sismica.

Gli accelerometri degli smartphone sono in grado di riconoscere il tratto identitario dei terremoti, ossia le onde sismiche P (primarie, più veloci, le prime che raggiungono i sismometri) e le onde sismiche S (secondarie, più lente, che arrivano poco dopo). Questi due tipi di onde (dette onde di volume, o body waves), danno poi origine alle onde superficiali, ancora più lente ma responsabili della maggior dei danni di un terremoto.

Identificando tempestivamente le onde P e S è quindi possibile avvertire le persone e regalare loro qualche decina di secondi che, nei casi più estremi, possono fare la differenza tra la vita e la morte.

Se ai server di Google giungono dati da diversi smartphone che sono compatibili, entro un certo grado di accuratezza, con l’origine di un terremoto, il sistema stima anche la sua magnitudo, l’ipocentro e l’orario di inizio, basandosi proprio sulle caratteristiche delle onde P e S rilevate dagli accelerometri.

Queste stime vengono aggiornate quasi ogni secondo, mano a mano che le scosse evolvono e aumentano i dati osservazionali che giungono dagli smartphone ai server. Le prime stime sono cruciali perché stabiliscono quali debbano essere le tempistiche dell’allerta e quanto estesa debba essere l’area in cui diffondere l’allerta.

Sebbene al terremoto venga associata una sola magnitudo (espressa in gradi della scala Mercalli), l’intensità delle scosse varia a seconda della distanza dal punto di rottura della faglia: a distanze più grandi si parla infatti di Modified Mercalli Intensity (MMI).

Per questo il sistema di allerta di Google prevede due tipologie di messaggi: il Take Action e il Be Aware, ovvero un messaggio che esorta ad agire immediatamente che viene diffuso in aree dove l’MMI è superiore a 5, e un altro che informa di un possibile pericolo in zone dove l’MMI è 3 o 4.

Per esempio, se la magnitudo del terremoto è 5,5 e la sua profondità di 20 km, il messaggio Take Action coprirà un raggio di 8 km, scrivono gli autori, mentre il messaggio Be Alert si estenderà fino a quasi 200 km. Con una magnitudo di 6,5 il Take Action si estenderà per quasi 80 km, il Be Aware per oltre 440 km.

La sensibilità del monitoraggio dipende anche dalla distanza degli smartphone dal punto di origine del terremoto. L’AEA per esempio non individua i terremoti che originano nelle falde oceaniche, perché lì non sono presenti abbastanza smartphone, mentre è in grado di rilevare terremoti di magnitudo 4,5 o maggiore che nascono entro i 100 km dalla costa.

Il singolo parametro più importante, ma al contempo più difficile da stimare velocemente, scrivono i ricercatori, è la magnitudo esatta.

Filippine e Turchia

Il 17 novembre 2023 nelle Filippine si è verificato un terremoto di magnitudo 6,7 secondo lo US Geological Survey, con ipocentro a 40 km dalla costa e a 52 km di profondità. Ci sono voluti 12 secondi alle onde P per raggiungere i primi smartphone e la prima allerta è arrivata a 18 secondi dall’orario di origine, stimando però una magnitudo di solo 5,5. A 28 secondi dall’orario di origine del terremoto, con maggiori dati in arrivo ai server, la magnitudo è stata aggiornata a 6,5.

I messaggi di allerta hanno raggiunto circa 2,5 milioni di persone. Solo quelli di Take Action sono arrivati a 100.000 persone pochi secondi prima delle onde S e tra 2 e 8 secondi prima che iniziassero le scosse più violente, riportano gli autori dello studio.

Tuttavia, più elevata è la magnitudo più è difficile stimarla in tempi rapidi. Il 6 febbraio 2023 Siria e Turchia sono stati colpiti da due terremoti a nove ore di distanza l’uno dall’altro: uno di magnitudo 7,8, l’altro 7,5. Il sistema di allerta di Google a 7 secondi dall’orario di origine aveva stimato per il primo terremoto una magnitudo di solo 4,5, a 18 secondi di 4,9. Di conseguenza sono stati inviati circa 500.000 messaggi di Be Aware in un raggio di 64 km.

Per il secondo evento è stata stimata una magnitudo di 6,3 a 30 secondi dall’orario di origine. In questo caso sono stati inviati quasi 4 milioni di messaggi Be Aware. Altri sistemi di allerta sismica hanno rilevato il primo terremoto con una precisione maggiore per quanto riguarda la magnitudo ma non hanno rilevato il secondo evento.

I ricercatori hanno provato a comprendere perché l’AEA abbia stimato una magnitudo così bassa per un evento molto più imponente. Tra le problematiche individuate c’era anche l’attivazione della vibrazione degli smartphone alla ricezione dei primi messaggi di allerta. Ora i messaggi attivano solo un forte suono ma non più la vibrazione, che impedisce rilievi accurati dell’accelerometro.

Con l’apporto di questi e altri aggiustamenti, i ricercatori hanno nuovamente simulato il decorso dei due eventi sismici in Turchia e hanno ottenuto una stima della magnitudo molto più accurata: 7,4 dopo 24 secondi, con messaggi Take Action diffusi a 10 milioni di smartphone in oltre 150 km e messaggi Be Aware a 67 milioni di utenti in oltre 600 km.

Un esperimento di citizen science

I ricercatori hanno anche diffuso un sondaggio tra coloro che hanno ricevuto i messaggi di allerta tra febbraio 2023 e aprile 2024. Circa 1,5 milioni di persone ha risposto: 3.900 avevano ricevuto il messaggio Take Action, il resto quello Be Aware.

In un punteggio da 1 a 5 sull’utilità del servizio, il risultato medio è stato 4,7. Più di un terzo dei partecipanti (36%) ha ricevuto il messaggio di allerta prima di avvertire le scosse, più di un quarto (28%) durante le scosse, mentre più di un quinto (23%) lo ha ricevuto dopo le scosse.

“La diffusione di sensori a basso costo nei dispositivi per i consumatori fornisce l’opportunità di nuove osservazioni del nostro ambiente fisico su scala globale e ad alta densità” scrivono i ricercatori del team di Google. L’AEA dimostra la sua utilità soprattutto nella rilevazione di terremoti in regioni sismiche che non sono dotate di sistemi di allerta locali, anche se, sottolineano gli autori dello studio, la rete di smartphone non intende sostituirsi ma piuttosto essere complementare a questi.

Con il segnale di allerta inoltre vengono diffusi anche dei link che forniscono indicazioni utili a come comportarsi durante e dopo un terremoto. Secondo il sondaggio, anche questo servizio ha contribuito a quell’84% di rispondenti che hanno detto che all’utilizzo successivo si fideranno ancora di più del sistema di allerta di Google.

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