SCIENZA E RICERCA

Il ruolo dei terremoti nella distruzione dell'antica Pompei

Una nube nera, cenere e lapilli e poi fiamme sempre più incombenti: è così che Plinio Il Giovane descrive l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. in una lettera a Tacito. Questo fenomeno così violento, ha portato alla totale rovina delle città dell’area circostante il vulcano: Ercolano, Pompei e Stabia.

Un recente studio, pubblicato su Frontiers, ha portato nuova luce sulle condizioni che hanno condotto alla distruzione delle tre città dell’antica Roma, soffermandosi non solo sull’eruzione vera e propria, ma anche sull’impatto distruttivo generato dai molti terremoti che hanno caratterizzato le varie fasi dell’eruzione.

Per comprendere nel dettaglio la portata di questo evento, abbiamo chiesto a Domenico Sparice, vulcanologo dell’Osservatorio vesuviano, di partire dal principio, e descriverci nel dettaglio le fasi che lo hanno caratterizzato.

“L’eruzione – spiega Sparice – Cominciò probabilmente nella mattinata del 24 ottobre - ma la data esatta è ancora in discussione -, con una nube di cenere che non raggiunse grandi distanze. Intorno alle 13, iniziò la fase parossistica, caratterizzata dalla formazione di una colonna eruttiva che raggiunse un’altezza massima di più di 30 chilometri, e dalla quale caddero pomici per circa 18 ore. In questa fase Pompei fu progressivamente sepolta sotto una coltre spessa fino a circa 3 metri; la pioggia di pomice fu intervallata, a più riprese, dalla formazione di correnti piroclastiche dovute a collassi parziali della colonna eruttiva. Queste ultime colpirono e distrussero Ercolano, ma non arrivarono a Pompei. Successivamente, un settore del vulcano iniziò a collassare portando alla formazione di una caldera, accompagnata da notevole sismicità. Da questo momento in poi, si generarono diverse correnti piroclastiche – alcune molto energetiche –, che raggiunsero e seppellirono definitivamente Pompei”.

Il patrimonio storico che le zone colpite offrono è enorme: infatti, gli scavi hanno portato alla luce ciò che il vulcano aveva seppellito, rivelando intere città della Roma antica. Gli studiosi hanno posto grande attenzione anche alle cause di questa totale distruzione, e ne hanno individuate diverse: l’accumulo progressivo di pomice sui tetti che ne ha causato il cedimento, le correnti piroclastiche che hanno provocato il crollo di pareti, e gli altri effetti devastanti che l’eruzione ha generato.

Eppure, c’è stata un’altra causa che, rispetto alle altre, ha avuto fin ora poca considerazione, ma che ha provocato ingenti danni a persone e edifici: si tratta, appunto, della forte sismicità, che ha colpito la zona durante l’eruzione, e di cui questo studio cerca di valutare l’impatto.

In realtà, alcune violente scosse sismiche si erano già verificate prima del 79 d.C., e i loro effetti sono stati molto dibattuti per diversi decenni. Le principali informazioni su questi eventi sono di natura storica ed archeologica: un primo terremoto, avvenuto nel 37 d.C., è descritto da Svetonio nel suo libro dedicato all’imperatore Tiberio. Tuttavia, il principale evento sismico prima dell’eruzione si è verificato tra il 62 ed il 63 d.C.: come testimoniano diversi autori latini – quali Tacito e Seneca -, questa scossa è stata molto violenta, ed ha avuto importanti effetti distruttivi.

La recente ricerca, invece, si concentra esclusivamente sulla portata negativa degli eventi sismici concomitanti all’eruzione: essa si è svolta attraverso uno scavo nell’Insula dei casti amanti, nella parte centrale dell’antica città, dove sono state rinvenute testimonianze di crolli di edifici, dovuti a terremoti di strutture in muratura, e gli scheletri di due individui che presentavano traumi di schiacciamento.

Ma perché, nonostante il suo potenziale distruttivo, la sismicità sineruttiva è stata così poco considerata tra le cause dei danni a Pompei?

“Il motivo – dichiara Sparice – è che, durante un’eruzione, i fenomeni vulcanici e sismici possono avvenire in rapida sequenza e contemporaneamente. Questo può rendere molto complessa la corretta interpretazione della causa determinante dei crolli, in quanto gli effetti dei fenomeni vulcanici possono mascherare o cancellare quelli dei terremoti. Per esempio, una corrente piroclastica può causare il crollo di una parete precedentemente indebolita da un terremoto; in casi del genere, è molto difficile, o addirittura impossibile, risalire agli effetti della sismicità”.

Lo studio si caratterizza per la sua natura multidisciplinare. Sono state svolte, in modo simultaneo, diverse indagini. Il vulcanologo fa notare che, per la prima volta, è stato coinvolto in una ricerca sull’antica Pompei un esperto di archeosismologia, che si occupa di individuare gli effetti di terremoti antichi sulle strutture archeologiche e sui monumenti; inoltre, è stato effettuato un esame vulcanologico, volto a definire dettagliatamente la stratigrafia dei fenomeni vulcanici che hanno sepolto gli ambienti durante le fasi dell’eruzione. Gli studiosi hanno realizzato anche un’indagine di natura antropologica, per valutare il numero e la gravità delle fratture degli scheletri delle vittime, e di tipo archeologico, in modo da delineare le tecniche costruttive degli edifici.

“A quel tempo – continua Sparice – Le modalità di costruzione erano diverse. In particolare, le pareti degli ambienti studiati sono state costruite con due differenti tecniche: quelle perimetrali sono in opus africanum, che consiste in blocchi di esigue dimensioni, tenuti insieme con piccoli leganti, inseriti tra pilastri composti da grossi blocchi; le pareti divisorie interne, invece, sono costruite in opus incertum, che consiste in pietre irregolari di diverse dimensioni tenute insieme con la malta”.

Nonostante i terremoti abbiano provocato danni non trascurabili a questi edifici, il vulcanologo sottolinea che la maggior parte delle costruzioni è stata colpita principalmente dai fenomeni vulcanici che hanno causato gli effetti più gravi, o hanno contribuito all’indebolimento delle strutture rendendole più vulnerabili alle scosse sismiche.

“Da questa ricerca – conclude Sparice – Possiamo dedurre che Pompei ha sicuramente subito gli effetti distruttivi e mortali della sismicità nel corso dell’eruzione. Questo significa che è necessario porre molta attenzione durante scavi in corso e futuri per valutare i meccanismi di innesco dei crolli associati, inevitabilmente, a vittime. Inoltre, lo studio fornisce lo spunto per una più dettagliata valutazione degli effetti della sismicità in una più ampia area di Pompei e con tempistiche diverse nel corso del 79 d.C.”.

Questa ricerca consente di comprendere come, nonostante le numerose testimonianze, le svariate notizie e la grande quantità di indagini su un evento così epocale del passato, possa esserci sempre qualcosa di nuovo, un diverso punto di vista per avere un quadro obiettivo e preciso su avvenimenti così lontani nel tempo.

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