UNIVERSITÀ E SCUOLA

La beffa dei Ragionieri penalizza la ricerca

Costituirebbe davvero un'autentica beffa per l'intero sistema universitario, e in particolare per le università come Padova che hanno conseguito un risultato di assoluta eccellenza nella valutazione della qualità della ricerca (Vqr) conclusasi alcuni mesi or sono, il fatto che la tanto decantata premialità per gli atenei che meglio hanno operato possa restare lettera morta.

È noto che è la stessa legge a prevedere che i risultati di queste valutazioni incidano sulla distribuzione dei finanziamenti pubblici alle università. Eppure se non interverranno modifiche, il taglio del fondo di finanziamento ordinario delle università per il 2013 sarà del 4,7%, pari a circa 300 milioni di euro, mentre negli ultimi quattro anni abbiamo già perso qualcosa come 10.000 ricercatori: e questo con un rapporto che già ci vede lontani dal resto dell'Unione europea, se è vero che in Italia abbiamo 4 ricercatori ogni 1.000 abitanti occupati, a fronte dei 9 su 1.000 della Francia e degli 8 su 1.000 di Germania e Regno Unito. Complessivamente – lo ha ribadito da ultimo il rapporto Ocse 2013 sull'istruzione – l'Italia è ultima su 32 paesi per spesa pubblica complessiva per istruzione sul Pil e seconda, dopo l'Ungheria, per risorse tagliate nel periodo 2008-2010.

È dunque del tutto evidente che sono necessarie risorse e interventi organici e pluriennali affinché l'università italiana possa recuperare i fondi persi in questi anni, premiare la qualità della ricerca, ritornando a investire in questo campo e colmando almeno in parte il divario che la allontana dai paesi più avanzati e di fatto la divide dagli altri paesi europei, collocandola fuori dall'Europa.

In questa direzione va opportunamente, sia pure con la timida gradualità che è in qualche modo imposta dalla difficile situazione in cui versa il nostro Paese, l'emendamento presentato dal governo al D.L. 104, contenente Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, che prevede un incremento di 42 milioni di euro sulla quota premiale del fondo di finanziamento dell'università. Non è una grande cifra, rispetto al taglio dei 300 milioni già subito, ma è il minimo indispensabile perché si possa effettuare un investimento sui giovani ricercatori e per non vanificare, per carenza di risorse disponibili, il riconoscimento premiale previsto dalla Vqr, la più ampia e sistematica valutazione della ricerca fatta negli ultimi anni a livello internazionale.

Eppure – cosa quasi incredibile – anche un emendamento così ragionevole e sensato trova un'accanita resistenza in Parlamento: benché formulato dal ministro Carrozza su fondi del Miur, e quindi assistito da copertura finanziaria, ha ricevuto parere negativo dalla Ragioneria generale dello Stato. Sarebbe davvero intollerabile e fortemente demotivante per il sistema universitario, l'unica amministrazione dello Stato che in questi anni si è sottoposta a capillari valutazioni per migliorare il rendimento dell'istituzione accademica, dover concludere che i risultati raggiunti non vengono premiati per assenza di fondi, e che ancora una volta si tratta il comparto dell'università come un settore di spesa e non di investimento.

È solo un’incredibile miopia culturale e politica quella che induce a ritenere che l’impegno di risorse su università, ricerca e innovazione costituisca un peso e non un investimento per il futuro. La crisi del Paese è culturale, ancor prima che politica: ma senza ricerca un Paese subisce una perdita non solamente in termini sociali, ma anche e soprattutto in termini economici.

Sappiamo benissimo che il momento è molto difficile per il nostro Paese e che la disponibilità finanziaria, anche per lo stato delle finanze pubbliche, è limitata, ma non si può continuare a tagliare dove non si deve.

Giuseppe Zaccaria

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