SCIENZA E RICERCA

Il rapido declino degli storioni: l’analisi del nuovo Global Assessment della IUCN

Fino a otto metri di lunghezza per più di una tonnellata e mezzo di peso. Hanno una storia evolutiva di più di 200 milioni di anni. Le loro uova sono considerate uno dei cibi più esclusivi, per cui molti sono disposti a pagare migliaia di euro al chilo. Non è uno strano indovinello, ma l’identikit di alcuni dei pesci più antichi e più affascinanti del pianeta: gli storioni, pesci che, per la loro ‘longevità’ evolutiva e per le drammatiche condizioni in cui oggi versano, possono essere considerati a buon diritto un vessillo della conservazione.

L’ultima valutazione globale condotta dalla IUCN (International Union for the Conservation of Nature), risalente al 2010, classificava la gran parte delle 27 specie che compongono l’ordine degli Acipenseriformes come a rischio; questo è valso al Gruppo Specialistico sugli Storioni della IUCN il non ambito titolo di studiosi del gruppo animale più a rischio d’estinzione al mondo. «Di fronte alle condizioni di conservazione degli storioni, non c’è panda che tenga», scherza Leonardo Congiu, professore di ecologia all’università di Padova ed esperto mondiale di questi pesci.

Congiu è responsabile per l’Assessment per conto dello Sturgeon Specialist Group della IUCN, e a partire dal 2019 coordina i lavori per aggiornare il posizionamento degli storioni nella famosa Lista Rossa delle specie a rischio, lavoro che si conclude oggi con la pubblicazione del nuovo Global Assessment [LINK] sullo stato di conservazione degli storioni nel mondo. «A distanza di dodici anni, la situazione si conferma, purtroppo, tutt’altro che rosea: si è dovuto persino correggere al ribasso il numero di specie di storione esistenti, dal momento che il pesce spatola cinese (Psephurus gladius), endemico del Fiume Azzurro, il terzo fiume più lungo al mondo, è stato dichiarato estinto nel 2020», afferma il professore.

La situazione è simile in tutto il mondo: tutte le specie, infatti, sono minacciate, e alcune di esse persino classificate come ‘estinte in natura’. In tutti i fiumi e i laghi dell’emisfero boreale, nei quali queste specie sono nativamente presenti, i fattori che minacciano la sopravvivenza degli storioni sono gli stessi, sempre causati dalle attività umane.

Ebbene, tra i principali imputati della rapida marcia verso l’estinzione di questo pesce bisogna annoverare certamente la pesca intensiva e la frammentazione ecologica. La prima ha una motivazione chiaramente economica: il caviale, cibo di lusso per eccellenza, valutato fino a diverse migliaia di euro al chilo, è un prodotto estremamente ambito, soprattutto se di origine selvatica. Benché tutte le specie di storione siano state poste sotto protezione a partire dagli anni ’80 con un accordo internazionale e il loro commercio sia rigidamente regolamentato dalla CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora), e nonostante l’ampia produzione di caviale da allevamento, in alcune aree la pesca di frodo prosegue, aggravando la riduzione numerica delle popolazioni di storione e il loro impoverimento genetico in tutto il mondo.

La seconda grande minaccia agli storioni è rappresentata dagli interventi che riducono o eliminano la connettività tra gli ecosistemi. La maggior parte delle specie di storione è anadroma, cioè vive parte della sua vita (solitamente la fase dell’accrescimento) in mare e, al momento della riproduzione, risale i fiumi per andare a depositare le uova in specifici punti di ‘frega’. La costruzione di dighe e sbarramenti, prolificati a dismisura a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, rende difficile, se non impossibile, questa migrazione e cambia profondamente le caratteristiche ecologiche dei fiumi, impedendo in tal modo la riproduzione di questa specie. Non è un caso, ad esempio, che il pesce spatola cinese si sia estinto: il suo habitat, infatti, era il Fiume Azzurro, il cui corso è stato deturpato dalla mastodontica Diga delle Tre Gole, la seconda più grande al mondo, la cui costruzione è stata completata nel 2006. Un ulteriore elemento di disturbo legato alla ‘buona salute’ degli ecosistemi è, inoltre, la sempre più diffusa presenza di specie alloctone introdotte dall’uomo, che, in alcune aree del mondo, ha costituito e costituisce ancora oggi una minaccia alla sopravvivenza di queste specie.

In base ai dati raccolti nel nuovo Assessment, per almeno sette specie di storione gli indicatori sono addirittura peggiorati. Un’altra specie cinese di storione, Acipenser dabryanus, anch’essa endemica del Fiume Azzurro è stata riclassificata da ‘gravemente minacciata’ a ‘estinta in natura’; di un’altra specie cinese (A. sinensis) sono stati individuati solamente 22 individui (11 maschi e 11 femmine) attualmente riproduttivi; una delle otto specie presenti in Europa (A. nudiventris), è stato dichiarato estinto nel Danubio, nonostante a tutte le specie europee di storione sia riconosciuto lo status di protezione all’interno della Direttiva Habitat del 1992.

Dal nuovo documento di valutazione IUCN emerge come proprio l’Europa presenti una delle situazioni più sconfortanti: tutte le otto specie presenti sono infatti classificate come ‘minacciate’ o ‘gravemente minacciate’. Ma persino qui vi è qualche segnale di speranza: in seguito al ritrovamento di giovani esemplari che suggeriscono l’esistenza di riproduzione in natura da parte degli animali rilasciati negli ultimi trent’anni nei fiumi Ticino, Livenza e Po, lo storione cobice (A. naccarii, anche detto storione adriatico) è stato riclassificato da ‘estinto in natura’ a soltanto ‘gravemente minacciato’.

Come accennavamo, lo storione può essere considerato un ‘vessillo’ della conservazione per diversi motivi. Prima di tutto per la sua importanza in termini di storia dell’evoluzione: vista la loro antichissima origine evolutiva, che ha visto questi animali condividere una lunga convivenza con i dinosauri e sopravvivere al grande evento estintivo del Cretaceo-Paleogene, gli appartenenti all’ordine Acipenseriformes possono essere definiti – usando un’espressione darwiniana – veri e propri fossili viventi, cioè linee evolutive antichissime che hanno mantenuto caratteristiche simili a quelle dei propri antenati. In secondo luogo, bisogna riconoscerne l’importanza ecologica: non tanto perché questi animali svolgano ruoli essenziali per le dinamiche ecologiche degli ecosistemi nei quali vivono (poche specie di storione sono predatori apicali – tra queste lo storione beluga, presente anche nelle acque italiane – e la maggior parte è bentofaga, cioè si nutre di piccoli animali che vivono sui fondali), quanto perché, per la loro sopravvivenza, è necessaria una serie di caratteristiche ecologiche che, se assicurate, rappresenterebbero un grande beneficio anche per molte altre specie. Non ultima, bisogna considerare la valenza economica di questi animali: cacciati o allevati per le uova e per la carne, entrambe pregiate, puntare sulla loro protezione può essere vantaggioso in termini economici, e generare di conseguenza meccanismi di ritorno positivi per interi ecosistemi.

Uno degli aspetti più trascurati in passato in tema di conservazione riguarda la tutela della diversità genetica delle specie a rischio d’estinzione. Un alto tasso di diversità genetica coincide infatti con un maggior potenziale adattativo, che è la migliore assicurazione della sopravvivenza di una specie. Tuttavia, ricorda Congiu, almeno in Italia questa dimensione è stata spesso ignorata: «Le riproduzioni controllate delle prime due delle tre specie una volta presenti nel nostro Paese (storione beluga, storione cobice e storione comune) sono state spesso effettuate ignorando il grado di consanguineità degli animali». Questo riduce drasticamente la diversità genetica, aumentando, di conseguenza, la fragilità delle popolazioni a minacce come gli agenti patogeni, e diminuendo la resilienza a cambiamenti ambientali repentini.

È importante, invece, che si segua, in base alla caratterizzazione degli stock esistenti, un’attenta pianificazione degli incroci, mirante a preservare quanto più possibile la diversità genetica rimanente. A tal proposito, puntualizza l’ecologo, è importante che si rafforzi la collaborazione tra ricercatori e acquacoltori: in Italia, ad esempio, va proprio a questi ultimi gran parte del merito per il mantenimento di un certo livello di diversità genetica. Una popolazione di storioni allevati in salute è inoltre certamente più redditizia, proprio perché la resilienza a potenziali fattori destabilizzanti rappresenta un’ottima garanzia di sopravvivenza».

Quello degli storioni è un caso esemplare, che mette pienamente in luce le profonde interconnessioni che uniscono la salute ambientale, l’economia umana e le decisioni politiche. Agire in modo coerente per provare a salvare questo gruppo di pesci sarebbe un passo in direzione di quell’umanesimo ecologico che, finalmente, inizia a farsi spazio nella coscienza collettiva.

 

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