SOCIETÀ

La nuova “normalità”: italiani più poveri

Il volto dei poveri cambia aspetto: non solo stranieri, ma anche italiani sempre di più sulla soglia dell’indigenza, anche se in modo diverso. A dirlo è il rapporto 2012 della Caritas sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia. I dati sono stati raccolti attraverso i questionari e le indagini effettuati dai diversi centri di ascolto della Caritas a livello nazionale. 

La distribuzione. Sono 31.335 le persone che si sono rivolte ai centri nel corso del 2011. Di queste, il 57% vive al Nord, il 29% al Centro e il restante 14% al Sud. La maggior parte delle persone che si rivolge alla Caritas è straniera (70,7%), contro il 28,9% di nazionalità italiana. I valori assoluti non devono però trarre in inganno: le testimonianze raccolte indicano infatti un forte incremento degli italiani che si rivolgono agli uffici della Caritas, soprattutto negli ultimi due anni, in coincidenza con l’esplosione della crisi economica. Un aumento di un quarto rispetto alle rilevazioni del 2009.

L’incremento più consistente è dato dalle famiglie con figli minori conviventi (+52%), delle persone in età avanzata (+51%), di casalinghe (+175%) e di pensionati (+65%). Tutti questi casi testimoniano un fenomeno preoccupante: la “normalizzazione sociale” dell’utenza Caritas, sempre meno coincidente con la sola marginalità sociale. A fronte di questo “appiattimento”, il bisogno di rivolgersi alla Caritas deriva sia da situazioni occasionali sia da quelle di tipo permanente: i problemi principali sono quello della mancanza di soldi (26% del totale) e di lavoro (22,9%). Da notare come al Sud l’incidenza della povertà lavorativa sia meno sentita. Ciò non significa che il problema non esista, tutt’altro, ma spesso chi abita nel Mezzogiorno parla di “disoccupazione” anche di fronte alla perdita di un lavoro in nero, visto comunque come una “fortuna” da queste famiglie, come unico orizzonte raggiungibile per riuscire ad ottenere un introito economico. Si assiste comunque al progressivo declino dei cosiddetti working-poor, coloro che pur in presenza di un impiego e di un’entrata economica stabile, sono vittime di un disagio economico. La maggioranza degli utenti del campione Caritas si trova ora in una condizione di lavoro fragile, irregolare o quantitativamente insoddisfacente. Una perdita di status, spesso in seguito alla perdita di un lavoro importante con esperienza decennale, da cui derivano poi problemi economici, piscologici e di relazione. Una conseguenza è anche l’aumento delle persone senza figli con richieste d’aiuto (26,9%). La Caritas sottolinea come, in Italia, una vasta fascia giovanile senza una condizione stabile di vita non possa che influenzare scelte esistenziali come decisione di costruirsi una famiglia, di desiderare un figlio, di abbandonare il nucleo familiare.

Ma i problemi non sono solo per gli italiani. Anche gli immigrati sentono il peso della crisi, soprattutto quelli che erano riusciti a ottenere il ricongiungimento familiare. La crisi ha colpito in modo inaspettato le famiglie immigrate che erano appena riuscite a ottenere una relativa stabilità economica, innescando rapide dinamiche di impoverimento, maggiori nel caso di familiari e bambini a carico. 

Il rapporto si chiude comunque con un timido segnale di speranza: la maggior parte degli intervistati italiani, pure in condizioni di relativa povertà, si dice pronta a rimettersi in gioco, anche se contro di loro gioca l’età, grande ostacolo per poter ottenere di nuovo un impiego stabile. 

Mattia Sopelsa

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