SCIENZA E RICERCA

Non pensate all'Ebola, misuratevi la pressione

Dalla ricerca di base allo sviluppo di nuove app, la scienza apre oggi a nuove possibilità nel trattamento e nella gestione dell’ipertensione arteriosa. A livello mondiale le malattie cardiovascolari causano circa 17 milioni di decessi ogni anno, quasi un terzo del totale. Tra questi, stando al rapporto pubblicato nel 2013 dall’Organizzazione mondiale della sanità, A global brief on hypertension, 9,4 milioni sono dovuti a complicazioni dell’ipertensione. 

Nel 2008 circa il 40% degli adulti dai 25 anni in su soffriva di ipertensione. Dai 600 milioni nel 1980 si sale al miliardo nel 2008. Una tendenza alla progressione che lo studio attribuisce all’aumento della popolazione, all’invecchiamento e a fattori di rischio come una dieta poco salutare, la mancanza di attività fisica, il consumo di alcol, il sovrappeso e lo stress. 

Se Aids, colera, Ebola generano allarme, Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, non manca di sottolineare che oggi le malattie non trasmissibili come le patologie cardiovascolari, il cancro, il diabete e le malattie polmonari croniche hanno superato quelle infettive come causa principale di mortalità a livello mondiale. E uno dei maggiori fattori di rischio nel caso di malattie cardiovascolari è proprio l’ipertensione. A silent, invisible killer, un assassino silenzioso e invisibile lo definisce Chan che sottolinea come la diagnosi precoce sia fondamentale. 

E, se nei Paesi industrializzati questa linea sta dando risultati, al contrario in quelli in via di sviluppo sono in aumento le persone colpite da ictus o infarti, poiché fattori di rischio come l’ipertensione non sono adeguatamente diagnosticati e monitorati anche a causa di sistemi sanitari deboli. La prevenzione e il controllo, si legge nel rapporto, richiedono una volontà politica e uno sforzo congiunto da parte dei governi, della società, del settore privato e dell’accademia. La ricerca scientifica sta facendo passi avanti da un lato nel fornire nuovi strumenti per la gestione del disturbo, dall’altro nel chiarire i meccanismi che provocano l’ipertensione.

Come nel caso, recente, di uno studio padovano, pubblicato su Endocrinology e coordinato da Gian Paolo Rossi docente del dipartimento di medicina, che chiarisce perché in genere le donne in età fertile hanno meno problemi di ipertensione rispetto agli uomini. “Siamo partiti dall’osservazione ampiamente dimostrata in letteratura che le donne durante il periodo fertile hanno la pressione più bassa degli uomini di pari età – spiega Gian Paolo Rossi – e che in menopausa tali valori raggiungono e addirittura superano quelli degli uomini. Ci siamo chiesti poi se gli ormoni femminili, gli estrogeni, e in particolare il 17 ß-estradiolo, potessero avere un ruolo nella regolazione della funzione mineralcorticoide del surrene, cioè se potessero in qualche modo bloccare la produzione di aldosterone”. Un ormone, questo, che permette ad esempio di sopravvivere in condizioni di ridotta quantità di acqua e sale  o nei casi di perdita di sangue (anemizzazione acuta), ma che è implicato anche nella genesi dell’ipertensione. “Circa l’11% dei pazienti ipertesi di nuova diagnosi che giungono ai centri dell’ipertensione italiani – continua Rossi – è affetto da aldosteronismo primario, produce cioè aldosterone in eccesso. E la stessa cosa accade quando chi soffre di ipertensione è sovrappeso o obeso”. 

I ricercatori hanno esposto all’azione dell’estradiolo, in laboratorio, cellule di surrene umano che producono aldosterone. Risultato: quando l’estradiolo si lega al recettore ß per gli estrogeni la produzione di aldosterone viene inibita in modo significativo. Al contrario, se il recettore viene bloccato attraverso inibitori farmacologici o procedure di silenziamento genico non solo l’estradiolo cessa di svolgere la sua funzione, ma va ad agire su un altro recettore, il GPER-1, che stimola potentemente la produzione di aldosterone. L’ipotesi iniziale è dunque confermata. 

Questo chiarisce anche la ragione per cui nelle donne in menopausa i valori della pressione arteriosa tendono ad alzarsi. Nella donna infatti i livelli di estrogeni variano periodicamente durante il ciclo mestruale, ma in media sono più alti rispetto al periodo che segue la menopausa, quando la funzione ovarica diminuisce fino a cessare e dunque diminuiscono i livelli di ß-estradiolo. “Esiste la possibilità – spiega Rossi – che il recettore GPER-1 venga attivato da altri steroidi con un conseguente aumento della produzione di aldosterone dopo la menopausa”. 

Significative le conseguenze in ambito terapeutico. In futuro, infatti, potrebbero essere disponibili farmaci in grado di ripristinare l’azione degli estrogeni sul recettore ß. Ma non solo. Lo studio assume particolare significato anche nel caso di patologie come il cancro al seno quando le donne operate hanno un tumore positivo per gli estrogeni, un tumore cioè in cui gli ormoni sessuali femminili stimolano la crescita delle cellule cancerogene. “In questi casi le pazienti vengono messe in terapia con farmaci chiamati ‘modulatori degli estrogeni’, ma attualmente non è del tutto noto come si comportino tali farmaci sulla produzione di aldosterone. Se da un lato, dunque, riducono enormemente il rischio di recidiva del tumore, dall’altro non si sa ancora quali conseguenze possano avere sull’aldosterone e sulla pressione”. Ed è proprio in questa direzione che stanno proseguendo ora gli studi del gruppo di ricerca coordinato da Rossi. 

Anche sul versante clinico le novità non mancano. Recentemente infatti la società italiana per l’ipertensione arteriosa (Siia) ha elaborato un sistema per la gestione dell’ipertensione da parte del paziente, utile anche al medico come strumento di lavoro. Si tratta di un’app (Ipertensione – conosci e controlla la tua pressione arteriosa) già disponibile gratuitamente online che consente a chi soffre del disturbo di indicare i valori della propria pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e del peso e di monitorarne l’andamento nel tempo in forma di grafico. Permette, altresì, di inserire i farmaci che si stanno assumendo, di ricevere informazioni utili sull’ipertensione (dai sintomi alla prevenzione fino al modo corretto di misurare la pressione), ma anche di individuare i centri nazionali per l’ipertensione più vicini e di prenotare velocemente una visita. Tutto ciò attraverso un’interfaccia grafica molto semplice e intuitiva in cui i contenuti sono articolati in cinque sezioni: I miei valori, L’ipertensione arteriosa, Dove siamo, Prenota una visita, Conosci i numeri giusti? Un video, quest’ultimo, realizzato dal gruppo giovani ricercatori italiani della Siia che esamina il grado di consapevolezza del problema tra i giovani. Si tratta di un tema delicato che ha spinto il gruppo ad avviare anche uno studio multicentrico epidemiologico nazionale, Igame, allo scopo di valutare la prevalenza dell’ipertensione nei soggetti tra i 18 e i 35 anni. 

“Quando si parla di ipertensione, le applicazioni esistenti sono più di una – spiega Gianfranco Parati, vicepresidente della Siia e coordinatore del team di medici e informatici che ha realizzato la nuova app –La nostra, tuttavia, è l’unica a essere stata sviluppata da una società scientifica e dunque a poter dare garanzie sui contenuti, implementati sulla base delle linee guida europee pubblicate lo scorso anno per la gestione dell’ipertensione”. Oltre agli esami e alla terapia, Parati “prescrive” ora ai suoi pazienti anche la nuova applicazione e sottolinea che tutti i medici dovrebbero farlo.  

Visto l’entusiasmo con cui è stata accolta a livello nazionale, il team sta ora studiando una versione “internazionale” che si intende presentare al congresso dell’European society of hypertension nel 2015. Nella nuova versione i ricercatori stanno implementando una connessione in “cloud” che permetterà ai pazienti di entrare in contatto con il medico che li ha in cura e con i centri regionali dell’ipertensione attraverso un sito web. Il gruppo sta inoltre provvedendo a collegare l’app a dei sensori facilitando in questo modo la raccolta dati nel paziente: i valori della pressione sanguigna o il grado di attività fisica, ad esempio, potrebbero essere direttamente registrati dall’applicazione via bluetooth o wi-fi offrendo informazioni ulteriori al medico.  

Monica Panetto

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