SCIENZA E RICERCA

Sigaretta, addio

In calo gli italiani che dichiarano di fumare, secondo una tendenza in atto già da qualche anno. Una notizia positiva, specie se si considerano i danni alla salute che il fumo può arrecare. È ciò che emerge dall’Annuario statistico italiano 2014 pubblicato recentemente dall’Istat, che vede nel 2014 un numero di fumatori pari al 19,5% della popolazione dai 14 anni in su, contro quasi il 21% nel 2013 e circa il 22% nel 2012. Una diminuzione rispetto al 2013 che tocca quasi il 4% negli uomini, nella fascia di età compresa tra i 45 e 54 anni.

A fumare di più mediamente sono proprio loro: un maschio su quattro non rinuncia alla sigaretta, contro una donna su sette. Si fuma di più da giovani, con un picco del 33% dei maschi tra i 25 e i 34 anni e di oltre il 20% nelle femmine tra i 20 e i 24 anni. Leggermente più basso il numero dei fumatori nel nord-est del Paese, abbastanza uniforme invece nel resto d’Italia. Nonostante il trend in calo tuttavia, stando ai dati del ministero della Salute, l'Italia e la Germania sono i mercati di maggior consumo di sigarette in Europa nel 2012, rispettivamente con 86 e 103 miliardi.   

Il problema dunque rimane, al punto che l’Organizzazione mondiale della sanità ritiene il fumo di tabacco “la più grande minaccia per la salute nella Regione Europea”. Marina Saetta, direttore dell’unità operativa complessa di pneumologia dell’azienda ospedaliera di Padova sottolinea che “chi fuma ha 20 volte più probabilità di sviluppare un tumore al polmone rispetto a chi non fuma”. Senza contare le patologie polmonari croniche, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, e molte malattie cardiovascolari che possono essere determinate proprio da questa cattiva abitudine.  

“Esistono certo anche predisposizioni genetiche alla base del tumore al polmone – spiega Marina Saetta – fattori che stiamo studiando e che permetteranno di arrivare anche a nuove terapie. Tuttavia la componente genetica influisce solo in parte”. Certo la predisposizione individuale gioca un suo ruolo. Il gruppo di ricerca della docente sta studiando, ad esempio, la risposta immunologica al fumo di sigaretta e i risultati finora ottenuti dimostrano che il sistema immunitario risponde in maniera alterata e differente da individuo a individuo. Nonostante questo, tuttavia, il fumo rimane il principale fattore di rischio per il cancro al polmone ed è responsabile del 90% dei casi.

Proprio la diversa abitudine al fumo provoca negli uomini un tasso di mortalità mediamente più elevato rispetto alle donne per tumori che colpiscono la trachea, i bronchi e i polmoni. Stando infatti ai dati di una seconda indagine Istat, Le principali cause di morte in Italia, nel 2012 questo tipo di patologie costituivano nei maschi la seconda causa di morte, dopo le malattie ischemiche al cuore, con una frequenza di oltre l’8% sul totale dei decessi. Quasi il triplo rispetto alle donne nelle quali la morte dovuta a tumori a trachea, bronchi e polmoni avveniva in circa il 3% dei casi. Si tratta di una differenza che, in alcune fasce di età, tende tuttavia a ridursi e riflette in misura ancora più evidente la relazione con la consuetudine a fumare. La popolazione tra i 65 e gli 84 anni, spiega la docente, comprende donne che da giovani (soprattutto considerando l’epoca se si pensa a un’ottantenne) non fumavano molto a differenza degli uomini: ciò spiega perché i decessi dovuti al cancro alle vie respiratorie si collochino al secondo posto nei maschi, mentre non compaiono tra le prime cinque cause di morte nelle donne. Tra i 45 e i 64 anni la forbice comincia a ridursi, fino ad annullarsi tra i 25 e i 44 anni, età in cui sia negli uomini che nelle donne i tumori alla trachea, ai bronchi e ai polmoni sono al quinto posto come causa di morte.

Non va trascurato poi che anche il fumo passivo determina conseguenze importanti, tanto che chi vive con persone che fumano in casa ha il 20% di possibilità in più di ammalarsi di tumore al polmone.

“Smettere di fumare – sottolinea Marina Saetta – è utile in qualsiasi momento”. Chi ha già un tumore al polmone ha una prognosi migliore, risponde meglio alle terapie e vive più a lungo. Ma anche nelle persone che non soffrono di particolari patologie gli effetti positivi si manifestano sia a breve che a lungo termine. In soli venti minuti ad esempio, secondo i dati del ministero della Salute, si normalizzano pressione arteriosa e battito cardiaco, entro 24 ore diminuisce il rischio di attacco cardiaco e dopo 10 anni il rischio di decesso per tumore al polmone è uguale a quello di chi non ha mai fumato. Ragioni che da sole dovrebbero indurre ad abbandonare questa cattiva abitudine.

M. Pa.

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