SCIENZA E RICERCA

Tango e Tai Chi: terapie non convenzionali per il Parkinson

Tango e Tai Chi nel trattamento del morbo di Parkinson. Improbabile? Non proprio. Esistono studi che dimostrano come le due discipline abbiano effetti positivi sul decorso della malattia e sulla riabilitazione motoria dei pazienti. E in questi giorni a Padova, nell’ambito della Settimana del Cervello (11-17 marzo 2013), si passa dalla teoria alla pratica. L’esperto a tu per tu con il paziente per spiegare gli effetti benefici di approcci terapeutici che di primo acchito potrebbero essere visti con profano sospetto.

Il morbo di Parkinson si manifesta con un calo consistente della produzione di dopamina, a causa di una degenerazione dei neuroni in un’area del cervello chiamata sostanza nera. E la dopamina ha una funzione importante per il movimento, la memoria, l’apprendimento e l’umore. La malattia colpisce, in Italia, circa il 2% della popolazione sopra i 65 anni, per un totale di 220.000 persone, con un’incidenza lievemente maggiore negli uomini. Tra i sintomi, accanto a difficoltà di ordine motorio e disturbi dell’equilibrio, anche problemi di natura non motoria, come depressione, disturbi del sonno e dell’olfatto. Le cure oggi permettono di controllare i sintomi ma non di arrestare lo sviluppo della malattia.

“Il trattamento della patologia – spiega Marina Saladini, docente del dipartimento di Neuroscienze dell’università di Padova – prevede interventi farmacologici, che mirano soprattutto a ristabilire i livelli di dopamina, associati a cicli di fisioterapia. Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa, la più diffusa dopo l’Alzheimer, in cui vengono compromessi il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. Di fronte agli ostacoli, al rapido cambio di movimenti, il paziente incontra difficoltà ed è pertanto fondamentale rieducare il corpo dal punto di vista motorio”. Il tango e il Thai Chi, continua Marina Saladini, sono approcci terapeutici non convenzionali che tuttavia hanno effetti positivi sulla sfera fisica, psicologica e relazionale. Nel 30% dei casi infatti la malattia è associata a uno stato di depressione con mancanza di voglia di reagire e tendenza a isolarsi, dovuta anche ai sintomi tipici della malattia stessa: la frequenza di queste attività migliora l’umore del paziente, lo “costringe” a uscire di casa e contribuisce a reinserirlo in società.

“Gli studi scientifici – sottolinea Marina Saladini – dimostrano poi che il tango argentino ritarda la comparsa di alcuni disturbi tipici della malattia grazie alle movenze che lo caratterizzano: i veloci cambi di direzione, gli improvvisi arresti e accelerazioni, gli arretramenti sono esercizi molto utili per migliorare la coordinazione motoria e l’equilibrio”. Al punto che alcune strutture ospedaliere come il reparto di riabilitazione specialistica dell'Ospedale San Giuseppe di Milano ha scelto di introdurre la tangoterapia nei protocolli clinici per il recupero di malattie come il Parkinson, ma anche la sclerosi multipla e l’ictus.

Ma considerazioni simili si possono fare anche per il Tai Chi, antica arte marziale cinese caratterizzata stavolta da movimenti lenti e tecniche sottili. Un’équipe statunitense qualche mese fa ha pubblicato sul New England Journal of Medicine uno studio che dimostra come la costanza nella pratica di alcuni semplici esercizi possa essere di grande aiuto nei pazienti che soffrono di Parkinson e hanno difficoltà motorie e di equilibrio. I ricercatori hanno sottoposto due gruppi di pazienti rispettivamente ad esercizi di Tai Chi, di resistenza muscolare e stretching. I risultati migliori in termini di maggiore controllo del movimento, più flessibilità articolare e minor numero di cadute è stato riscontrato nel gruppo che praticava Tai Chi, che anche a tre mesi di distanza dalla conclusione dell’esperimento manteneva buoni risultati.

Ballo e controllo del movimento corporeo, dunque, ancora una volta protagonisti. Forse per la prima volta dietro prescrizione medica.

Monica Panetto

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