MONDO SALUTE

In Salute. Malattie infettive (e non solo): per una diagnosi rapida, precisa e accessibile a tutti

Negli ultimi anni si è acquisita sempre maggiore consapevolezza della stretta relazione tra salute dell’essere umano e salute del pianeta. A questo proposito è stato coniato il termine One Health, proprio per indicare l’interconnessione tra persone, animali ed ecosistemi. L'inquinamento dell'aria, la condizione delle acque (insalubre in molte parti del mondo), gli eventi estremi possono influire in vario modo sulle condizioni fisiche della popolazione. Il passaggio di patogeni dagli animali all’uomo, il cosiddetto “salto di specie”, favorito da deforestazione, cambiamenti climaticiallevamenti intensivi, è tra le cause principali di molte malattie infettive emergenti. Ed eventi come la pandemia scoppiata nel 2020 sono destinati a non rimanere episodi isolati

Proprio Covid-19 ha posto una lente d’ingrandimento sulle enormi disuguaglianze sanitarie esistenti tra Paesi ad alto e basso reddito: basti pensare alla (iniqua) distribuzione dei vaccini, ma anche di test diagnostici e terapie, che hanno fatto a lungo discutere in quel periodo. 

La salute, dunque, non è solo una questione clinica, biologica, genetica, ma anche sociale, politica ed economica. L'ultimo rapporto Oms sui determinanti sociali della salute (World report on social determinants of health equity) lo mette bene in evidenza: non tutti i Paesi hanno uguale accesso ai servizi sanitari e anche all'interno dei singoli Stati esistono disuguaglianze. Le strutture sanitarie non possiedono ovunque le stesse dotazioni e spesso, in alcune aree, faticano ad offrire assistenza continuativa.

Per la prevenzione di emergenze sanitarie globali, dunque, ma anche per la  gestione quotidiana di infezioni più o meno gravi, è fondamentale disporre di strumentazioni e tecnologie affidabili, facilmente utilizzabili e a basso costo, così da permettere anche ai Paesi meno sviluppati di avervi accesso. Un gruppo di ricercatori europei, coordinato dall’università di Bologna, sta lavorando in questa direzione nell’ambito del progetto Eclipse. Ne abbiamo parlato con Luca Prodi,  professore di chimica generale nell’ateneo bolognese e referente scientifico dello studio.

Eclipse: per una diagnosi precisa, veloce e a basso costo

Eclipse (ECL-based Infectious Pathogen bioSensor) – spiega il docente – è un progetto finanziato dall'European Innovation Council e ha l’obiettivo di costruire dei dispositivi portatili a basso costo per la rilevazione di agenti patogeni, dunque virus, batteri e parassiti, che uniscano l’alta sensibilità dei tamponi molecolari ai vantaggi dei tamponi rapidi”. Questi ultimi di fatto non necessitano di personale e laboratori attrezzati e costosi, e danno l’esito in tempi veloci: in una percentuale significativa di casi, però, danno falsi negativi  e ciò costituisce un grave problema, per esempio, nel contenimento di un’epidemia.  

“Mentre i tamponi molecolari si basano sull'amplificazione dell'analita (la molecola oggetto di misurazione, ndr), il nostro scopo è ottenere un'amplificazione del segnale, basandoci su misure di luminescenza, cioè sull'emissione di luce. La tecnologia che usiamo inoltre ha il vantaggio di avere un basso rumore di fondo e ciò consente una sensibilità molto elevata”. 

In sostanza i ricercatori sfruttano le potenzialità dell’elettrochemiluminescenza, una tecnica che induce le molecole a emettere segnali luminosi grazie a una differenza di potenziale elettrico. Per usare una metafora, i patogeni da rilevare vengono “accesi” come fossero lampadine. Questo metodo è integrato con strategie di amplificazione del livello di sensibilità, basate sull'utilizzo di nanotecnologie, e con metodiche di riconoscimento del bersaglio che garantiscono un'elevata affidabilità (la tecnologia Phage-Sandwich per l'intero patogeno e la tecnologia Surface Cooperative Hybridization per gli acidi nucleici microbici e virali). 

“Siamo ancora in una fase di sviluppo iniziale – precisa Prodi –. Il progetto si concluderà con un test su campioni reali, cioè un virus (Sars-CoV-2), un batterio (Pseudomonas aeruginosa) e un parassita protozoo (Leishmania infantum), per dimostrarne la versatilità. In seguito ci dedicheremo alla realizzazione di prototipi e in quel momento ci occuperemo anche di studiare più nello specifico i vari campi di applicazione nei diversi contesti, sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Come operare nelle due diverse realtà sarà oggetto di programmi successivi”. 

Possibili campi di applicazione

L’obiettivo di Eclipse, dunque, è quello di consentire non solo una risposta più rapida a future emergenze sanitarie ma anche un accesso più equo ai test, soprattutto in aree con risorse limitate. “Noi riteniamo che nei Paesi sviluppati sia molto importante l’utilizzo di questi sistemi per confinare epidemie e pandemie molto infettive. Nei Paesi in via di sviluppo invece è difficile qualsiasi tipo di diagnostica, quindi lo strumento a cui stiamo lavorando, per le sue caratteristiche, potrebbe rappresentare una possibilità importante”.

Prodi descrive alcuni ambiti di utilizzo del dispositivo: “In un ambulatorio medico lo strumento potrebbe essere usato per le patologie più comuni, come i disturbi del sistema respiratorio, tra cui bronchiti e polmoniti: identificare velocemente l’agente eziologico è importante per prescrivere una cura tempestiva”. Lo strumento in fase di sviluppo è un lettore nel quale viene inserita una cartuccia monouso, progettata per rilevare uno specifico analita. Il risultato del test si  otterrà in tempi rapidi (si ipotizzano 15-20 minuti), e questo consentirebbe una diagnosi veloce e una terapia mirata: per esempio, sapere con certezza se l’infezione è causata da virus o batterio permetterebbe di valutare o escludere un eventuale trattamento antibiotico, con le ricadute positive che questo potrebbe avere anche sul contrasto alla resistenza antimicrobica. 

Le applicazioni del dispositivo, però, possono essere anche altre. In ambito odontoiatrico, potrebbe essere impiegato per diagnosticare parodontiti o infezioni di altro tipo. E anche il settore veterinario potrebbe beneficiarne. 

Un’opportunità anche per i Paesi in via di sviluppo

“Riteniamo importante poter utilizzare questo sistema anche in contesti in cui non ci sono facilities dal punto di vista sanitario, come i Paesi in via di sviluppo – sottolinea Prodi –. Lo strumento non richiede un dispendio energetico importante, per cui può funzionare per esempio con celle fotovoltaiche, è poco costoso e può essere usato anche da personale non specializzato, dunque non necessariamente in laboratori clinici. È evidente che tutti questi aspetti, specie la facilità di utilizzo, costituiscono vantaggi importanti”. 

Attualmente negli Stati più poveri patologie infettive di vario tipo causano milioni di morti e la carenza di soluzioni diagnostiche accessibili, veloci, efficaci e sostenibili ha un peso significativo.  Secondo Prodi, dotare queste aree del mondo degli strumenti necessari per la diagnosi oltre ad avere ricadute positive dirette sulla salute della popolazione locale, può avere ripercussioni anche sul resto del mondo. Come è stato ampiamente dimostrato durante la pandemia da Covid-19, infatti, la globalizzazione può amplificare la diffusione di infezioni o varianti virali. 

“Nei Paesi in via di sviluppo il numero di patologie infettive presenti è elevato e molto diversificato”. Basti pensare a tubercolosi, malaria, infezioni polmonari o malattie mortali come Ebola. “Nel valutare le possibili applicazioni del nuovo dispositivo in queste aree, l’idea è di procedere con ordine e di predisporre delle priorità, in base alla frequenza e alla pericolosità delle malattie presenti di volta in volta sul territorio”.  

Dal laboratorio all’industria

“Di fatto, il metodo che stiamo sviluppando nell’ambito del progetto Eclipse può essere utilizzato anche in altri campi della diagnostica medica che sfruttano il principio dell’emissione di luce, diversi dunque da quello dell’analisi di agenti patogeni. Per esempio potrebbe essere impiegato per la rilevazione di biomarcatori, cioè indicatori di malattie come i tumori o le malattie neurodegenerative”. 

Continua Prodi: “Noi ipotizziamo che l’industrializzazione di questi strumenti diagnostici possa avvenire nel giro di tre anni. Si deve tener conto che i dispositivi medici devono essere sottoposti a un processo di certificazione regolatoria. Ma si deve considerare anche che servono finanziamenti per proseguire le ricerche. Prevediamo un investimento di circa 10 milioni di euro, che potranno provenire non solo dal settore pubblico ma anche privato. E abbiamo in programma il coinvolgimento di aziende che si occupano di diagnostica in vitro”. Parlando di costi, Prodi afferma che il dispositivo potrebbe verosimilmente avere un costo inferiore ai 500 euro. I ricercatori inoltre stanno cercando di realizzare cartucce che abbiano un prezzo simile a quello dei test rapidi.   

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