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In Salute. Cancro al seno: nuove possibilità dall'intelligenza artificiale

“Grazie allo screening e alla maggior consapevolezza delle donne, la maggior parte dei tumori maligni mammari è diagnosticata in fase iniziale quando il trattamento chirurgico può essere più spesso conservativo e la terapia adottata più efficace, permettendo di ottenere sopravvivenze a cinque anni molto elevate”. A sottolinearlo sono le oncologhe Stefania Gori, Federica Miglietta e Alessandra Modena nel rapporto I numeri del cancro in Italia relativo all’anno 2024, l’ultimo ad oggi disponibile. Se la prevenzione dunque rappresenta un aspetto cruciale, altrettanto determinante è la disponibilità di terapie innovative che oggi, grazie ai progressi della ricerca scientifica, possono significativamente cambiare il decorso clinico della patologia, attraverso trattamenti sempre più mirati ed efficaci. Ne è prova il fatto che, pur trattandosi della neoplasia più frequente nella popolazione femminile, il cancro al seno registra tassi di mortalità in diminuzione.

Negli ultimi anni inoltre si stanno esplorando nuove possibilità con l’impiego dell’intelligenza artificiale in tutte le fasi del percorso oncologico. Proprio per garantire che l'innovazione si traduca in benefici misurabili per i pazienti e soluzioni praticabili per i medici, l’European Society for Medical Oncology ha pubblicato le prime linee guida sull’uso dell’AI nella pratica clinica, presentate al congresso europeo di oncologia di Berlino conclusosi lo scorso 21 ottobre.  

Nel mese dedicato alla consapevolezza e alla sensibilizzazione delle donne sulla prevenzione del tumore al seno abbiamo voluto approfondire ognuno di questi aspetti con Federica Miglietta, ricercatrice al dipartimento di Scienze chirurgiche oncologiche e gastroenterologiche dell’università di Padova e oncologa medica all’Istituto oncologico veneto della stessa città.

Perché è tanto importante fare prevenzione?

Quando si parla di prevenzione, bisogna distinguere due livelli principali: la prevenzione primaria e secondaria. Dal punto di vista della prevenzione primaria, esistono diversi fattori di rischio modificabili – lo stile di vita innanzitutto – che, se controllati, permettono di ridurre il rischio di ammalarsi di tumore alla mammella. 

La prevenzione secondaria si basa soprattutto sullo screening mammografico, offerto dal sistema sanitario nazionale alle donne che rientrano nei programmi di screening a livello di popolazione. Questo consente di effettuare diagnosi precoce e, di conseguenza, di ridurre la mortalità per questo tipo di neoplasia. In sintesi, riducendo l’esposizione ai fattori di rischio e garantendo un’ampia copertura dello screening mammografico, si riesce a ottenere un grande beneficio e guadagno in termini di sopravvivenza e di riduzione della mortalità.

 

Negli ultimi anni, grazie ai progressi della ricerca scientifica, sono state sviluppate nuove terapie per il cancro al seno. Quali sono le più importanti e innovative disponibili oggi?

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una grande proliferazione di nuove strategie terapeutiche per il trattamento del carcinoma mammario, soprattutto nel campo delle terapie sistemiche. La ricerca continua a produrre, con grande velocità, nuovi studi che evidenziano progressi importanti nel controllo della malattia, nella riduzione del rischio di recidiva, contribuendo, in alcuni casi, al prolungamento della sopravvivenza. 

Per esempio un capitolo importante riguarda il progressivo miglioramento delle strategie farmacologiche a base endocrina, che agiscono bloccando l’azione di estrogeni nel sottotipo di carcinoma mammario che esprime i recettori ormonali. Talvolta queste strategie vengono combinate con farmaci a bersaglio molecolare, per potenziarne l’efficacia. 

Un’altra innovazione terapeutica molto rilevante degli ultimi anni è l’immunoterapia, che rappresenta un’opzione concreta (in associazione alla chemioterapia) soprattutto per il sottotipo di carcinoma mammario biologicamente più aggressivo, il triplo negativo, caratterizzato dall’assenza dei recettori ormonali e della proteina HER2, un altro importante bersaglio terapeutico. Vanno citati infine i farmaci anticorpo-farmaco coniugati che combinano un anticorpo monoclonale, capace di legarsi in modo specifico a una proteina espressa sulla superficie delle cellule tumorali, con un agente chemioterapico: in questo modo la chemioterapia viene veicolata in modo mirato all’interno delle cellule tumorali. Questi tipi di farmaci si sono dimostrati efficaci trasversalmente in tutti i sottotipi di carcinoma mammario.

 

L’intelligenza artificiale ha dimostrato grandi potenzialità in molti ambiti, incluso quello medico. Quali opportunità offre in oncologia senologica e con quali benefici per le pazienti?  

L’intelligenza artificiale ha potenziali applicazioni in tutte le fasi del percorso oncologico: dalla prevenzione alla diagnostica, fino al trattamento. Gli ambiti in cui al momento forse è più vicina all’implementazione nella pratica clinica sono soprattutto due. Il primo è la diagnostica precoce, perché i modelli di intelligenza artificiale sono in grado di migliorare l’interpretazione delle immagini radiologiche (in particolare delle mammografie), facilitando il lavoro del radiologo e contribuendo al riconoscimento più accurato e tempestivo delle lesioni sospette. 

Il secondo è l’anatomia patologica: l’intelligenza artificiale può rappresentare un valido supporto, grazie alla capacità di analizzare in modo sistematico e riproducibile un numero elevatissimo di immagini istologiche. Questo consente di individuare pattern microscopici non immediatamente percepibili all’occhio umano, fornendo così un aiuto concreto al patologo nella diagnosi. 

Le possibili applicazioni dell’AI sono tuttavia in continua evoluzione. La ricerca, per esempio,  sta puntando molto al miglioramento della stratificazione prognostica dei pazienti: l’analisi integrata di dati clinici, patologici e molecolari mediante algoritmi di AI consente di individuare legami complessi non riconoscibili con gli approcci statistici tradizionali. Ciò può tradursi in una maggiore capacità di prevedere l’evoluzione della malattia e di personalizzare le strategie terapeutiche in base alle caratteristiche specifiche di ciascun tumore e di ciascun paziente. Questi probabilmente sono gli ambiti in cui ci si aspetta che l’intelligenza artificiale entri più rapidamente nella pratica clinica.

 

Quanto siamo lontani dall’utilizzo nella pratica clinica?

In questo momento l’impiego dell’intelligenza artificiale è ancora in gran parte in fase di sviluppo e validazione. Non mancano tuttavia progetti pilota, soprattutto in ambito anatomo-patologico, che affiancano l’intelligenza artificiale al lavoro del patologo, con grande attenzione alla corretta formazione e validazione dei modelli. Non si prescinde ovviamente dall’occhio del patologo che, in un certo senso, è il “maestro” dell’AI. Il modello diventa un supporto, aiutando lo specialista nell’interpretazione dei campioni. In Veneto, ad esempio, ci sono già progetti di questo tipo. 

 

Lei si occupa ormai da tempo di intelligenza artificiale nel campo dell’oncologia senologica. Quali sono i risultati più significativi raggiunti finora?

Da circa un paio d’anni ho sviluppato un interesse per l’intelligenza artificiale e ho iniziato a collaborare con colleghi non strettamente di area clinica, come bioingegneri e bioinformatici. Da questa sinergia è nata la volontà di rispondere a domande clinicamente molto rilevanti utilizzando modelli di intelligenza artificiale. 

Finora abbiamo condotto due tipologie di ricerche in questa direzione. Inizialmente, ci si è focalizzati sulla possibilità di predire se una paziente con carcinoma mammario avanzato può “guadagnare”, nel corso dell’evoluzione della malattia, un target terapeutico rilevante, chiamato HER2-low (ciò accade quando le cellule tumorali, inizialmente negative per HER2, iniziano a mostrare bassi livelli di questa proteina sulla loro superficie). L’identificazione di questo biomarcatore consentirebbe l’accesso a una terapia mirata con anticorpo-farmaco coniugato anti-HER2. Abbiamo creato diversi modelli predittivi, che si sono dimostrati piuttosto accurati nello stimare la probabilità che una persona con carcinoma mammario metastatico sviluppi questa caratteristica nel corso della malattia. Predire l’evoluzione della patologia aprirebbe, dunque, a nuove opzioni terapeutiche.

Più recentemente abbiamo disegnato uno studio chiamato LIVEMAP-BC, che è stato finanziato da Asco Conquer Cancer con il supporto della Breast Cancer Research Foundation, e che ha visto la partecipazione dell’associazione pazienti Ryla Onlus. Nella storia clinica di pazienti con carcinoma mammario metastatico, le possibilità di identificare un bersaglio terapeutico sono limitate, perché il numero di biopsie che si possono eseguire è contenuto. Risulta difficile cioè prelevare il tessuto tumorale – per definire un trattamento – ogni volta che il tumore progredisce. 

Il nostro obiettivo dunque è di confrontare le informazioni che si possono ottenere nella pratica clinica con quelle che si ricavano da un prelievo di tessuto post-mortem, sviluppando un modello di intelligenza artificiale capace di predire, in vivo quando l’informazione ci può servire e può offrire delle chance terapeutiche, l’esistenza di un possibile bersaglio terapeutico. L’obiettivo finale, dunque, è sempre quello di ottimizzare le opportunità di cura. 

Federica Miglietta illustra uno studio presentato al congresso della European Society for Medical Oncology (Berlino 17-21 ottobre 2025)

 

A livello nazionale, l’uso dell’intelligenza artificiale in oncologia, e in particolare nel carcinoma mammario, può considerarsi un ambito di ricerca emergente?

I due progetti che finora abbiamo presentato a congressi internazionali e che hanno visto l’utilizzo di modelli di intelligenza artificiale sono il risultato di uno sforzo congiunto a livello nazionale, che coinvolge numerosi centri oncologici italiani. L’obiettivo comune è ottenere informazioni che, se validate, possano essere applicate in pratica clinica.

Ancora non sono molti i centri che si occupano in modo specifico di questo tema, ma l’interesse è crescente. Mi aspetto che nei prossimi anni la ricerca in questo campo si diffonda a macchia d’olio, perché si tratta di una tecnologia da cui, prima o poi, non potremo prescindere. 
L’intelligenza artificiale è uno strumento molto potente, ma, se utilizzato in modo scorretto, può diventare fuorviante. È quindi fondamentale lavorare in rete, per cercare di comprendere davvero lo strumento che abbiamo tra le mani e valutarne l’effettiva rilevanza clinica. Ed è questa la direzione verso cui ci stiamo muovendo.

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