SOCIETÀ

Un esercito di cuochi

Un esercito di cuochi. Ma anche di esperti nel marketing e nella distribuzione, tecnici informatici, designer, artigiani di elevata specializzazione. Il quadro che emerge dal rapporto Excelsior, l’indagine annuale di Unioncamere e Ministero del Lavoro sulle assunzioni programmate nelle imprese, permette di far luce su un particolare settore del mercato del lavoro che nell’Italia di oggi è reputato cruciale ma povero di opportunità. La ricerca si concentra, infatti, sulla capacità delle aziende di inserire professioni creative e culturali: una definizione che va intesa in senso ampio, e che indica non solo attività direttamente legate al mondo dell’arte o della cultura, ma tutti i profili in cui la creatività si affianchi a un alto tasso di conoscenze tecniche o un notevole grado di maestria artigianale. Il novero delle professioni così definite, che Excelsior seleziona a partire dalla classificazione Istat Cp2011, si amplia ad abbracciare figure molto diverse: dai grafici ai vasai, dagli ingegneri gestionali agli interpreti e traduttori, dai progettisti di software ai liutai.

L’indagine si basa su un’intervista annuale a circa 100.000 imprese italiane di diverse dimensioni, che dichiarano i propri fabbisogni e piani occupazionali. I dati ottenuti consentono di ottenere informazioni preziose su quanto questo tipo di profili sia effettivamente richiesto dal sistema produttivo, e con quali distinzioni. Secondo Excelsior, il fabbisogno di professioni “culturali” per il 2014 corrisponde complessivamente a 89.750 posti di lavoro (nel totale vanno considerate anche le assunzioni stagionali, come quelle legate al turismo o all’agricoltura): si tratta del 14,6% delle assunzioni complessive nell’anno considerato. Fa impressione, seppure mitigata dalla frequente stagionalità dei rapporti di lavoro, l’incidenza dei profili di cuochi in ristoranti e strutture ricettive: le assunzioni programmate sono 23.630, pari a più di un quarto del totale dei posti di lavoro “culturali”. Al secondo posto (8.080 assunzioni) i tecnici della vendita e della distribuzione, seguiti da analisti e progettisti di software, addetti nell’agroindustriale (un comparto che richiede un crescente numero di profili specializzati), programmatori e addetti al marketing, disegnatori industriali. Tra le professioni più richieste, non mancano forti richieste di mestieri artigianali: carpentieri, sarti, decoratori, pastai e panificatori.

Che titolo di studio è richiesto per queste professioni? Una parte importante dei posti, poco più del 40%, è assorbita da diplomati; la seconda fascia è quella dei laureati, con il 23%. Le proporzioni però non devono ingannare: anzitutto per questo tipo di profili la laurea è richiesta molto più di frequente che nelle altre professioni (dove riguarda solo l’8,7% dei posti di lavoro ricercati); inoltre, il solo titolo spesso non è sufficiente a soddisfare la richiesta dei datori di lavoro. Per inserire profili “culturali”, infatti, le aziende tendono a esigere curriculum più ricchi. In particolare, viene richiesta un’esperienza professionale per il 67% dei posti per diplomati, percentuale che, nel caso dei posti per laureati, scende al 51%.

È interessante, incrociando i dati di Excelsior, rilevare quali siano le professioni “culturali” per le quali i datori di lavoro assumono più giovani freschi di studi e senza altre esperienze di lavoro. Ritenuti adatti all’assunzione immediata sono soprattutto programmatori, tecnici del marketing e analisti di software e (solo nel caso dei neolaureati) i tecnici della vendita e dalla distribuzione. Sono quindi il settore informatico e della vendita quelli in cui i datori di lavoro sono più disposti a inserire subito i giovani, contando sulla formazione interna. Quali sono i profili “culturali” più difficili da trovare per le aziende? Al primo posto, un po’ a sorpresa, i  musicisti: sul totale dei nuovi rapporti di lavoro, più di due terzi sono quelli dichiarati “di difficile reperimento” (ma va considerato anche l’esiguo numero delle figure di questo tipo richieste, appena lo 0,7% del totale). Seguono gli analisti e progettisti di software, i carpentieri, i tecnici del comparto tessile, i grafici e disegnatori, i tecnici programmatori. Quanto alle cause per cui gli imprenditori hanno difficoltà a trovare certi profili, la principale è l’insufficienza di competenze (riguarda l’11,9% dei posti per laureati e il 9% di quelli per diplomati). Segue, per i laureati, la mancanza di candidati (8,2%) e, per i diplomati, l’insufficiente motivazione (4,3%).

Uno sguardo, infine, alle “competenze trasversali” che le aziende apprezzano nei candidati a una professione “culturale”: in testa la capacità di lavorare in gruppo (46% delle assunzioni) e in autonomia (43%), la capacità di adattamento (39,4%) e l’attitudine a risolvere i problemi (39,2%). Quinta è l’abilità comunicativa, che sale al primo posto nel caso delle professioni legate a marketing, vendita e distribuzione.

Il rapporto non può non suscitare una riflessione: è forse il caso che il Paese acceleri finalmente sulla formazione professionale post-diploma, storico punto debole del nostro sistema di istruzione e nodo fondamentale per aprire a una pluralità di giovani i mercati delle professioni tecniche e dell’alto artigianato.

Martino Periti

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