UNIVERSITÀ E SCUOLA

Fondi agli atenei: arriveranno prima ma con sforbiciate

Quest’anno, in anticipo di parecchi mesi rispetto al passato, gli atenei hanno potuto conoscere a maggio le risorse disponibili per il 2015: pochi giorni fa la bozza di decreto che ripartisce il Fondo di finanziamento ordinario delle università è stata inviata dal ministero agli enti cui spettano i pareri di prassi: Crui (che ha già espresso un giudizio favorevole), Cun, Anvur, Cnsu. Un iter lungo e macchinoso, che stavolta, se non altro, beneficia di un avvio fortemente anticipato. Diciamo subito che il “magic moment” del 2014, unico anno dal 2009 in cui la quota non è stata ridotta, non si ripeterà: per il 2015 l’importo complessivo stanziato torna sotto la “quota simbolo” dei 7 miliardi, scendendo a circa 6 miliardi 923 milioni: il decremento rispetto all’anno scorso è quindi dell’1,25%, ossia oltre 87 milioni di euro in meno. La Crui non ha mancato di sottolineare come è dunque ripartita la tendenza ai continui tagli al sistema universitario, che oggi incide sulle finanze pubbliche per lo 0,42% del Pil, contro lo 0,99% della Francia e lo 0,93% della Germania.

Il tutto mentre si stanno consolidando i criteri che da alcuni anni hanno portato alla progressiva frantumazione della “quota storica” per ciascun ateneo, basata sulle erogazioni precedenti: apprezzati o contestati, è innegabile che i parametri di valutazione degli atenei hanno ormai assunto un peso fondamentale nell’attribuzione dei denari a ogni istituzione. E non è uno slogan ciò che la Crui continua a ripetere: l’università è il primo e unico settore del pubblico impiego nel quale vige un rigoroso e capillare sistema di valutazione per l’assegnazione delle risorse, ma ad esso non corrisponde un’autonomia gestionale e finanziaria adeguata.

Sono due le principali novità di quest’anno. Da un lato la quota premiale continua a crescere: per il 2015 è pari a 1 miliardo 385 milioni, e rappresenta ormai il 20% delle risorse stanziate (l’anno scorso era inferiore al 18%). Dall’altro aumenta ancora (salendo al 25%) la parte della quota base assegnata in base al costo standard per studente in corso, un complesso indice che tenta di fissare il “giusto costo” che il singolo ateneo deve sostenere per ogni studente, in relazione all’offerta didattica e ai servizi che offre. Queste due voci, la quota premiale e il costo standard, sono ormai parametri che determinano, su base competitiva, l’assegnazione di oltre due miliardi e mezzo di euro.

Entrando nel dettaglio della quota premiale, rispetto allo scorso anno i criteri distributivi vedono ridotta l’incidenza dei risultati nella ricerca (la valutazione Anvur pesa per il 65% contro il 70% del 2014); è confermata la quota del 20% in base alle politiche di reclutamento (viene valutato il livello scientifico dei docenti assunti); la parte restante (la valutazione della didattica) si sdoppia, ridimensionando drasticamente la componente internazionale (dal 10 al 3%) e introducendo (12%) la valutazione della regolarità negli studi degli iscritti (“regolare” è, per il ministero, lo studente che in un anno acquisisce almeno 20 crediti).

È confermata per il 2015 la quota destinata alle chiamate di professori di seconda fascia: 171 milioni 748mila euro. Nota fortemente negativa, invece, per le borse post lauream: i finanziamenti passano da 148 a 126 milioni. Viene stabilito che gli assegni di ricerca non possano assorbire più del 10% dell’importo. I criteri di assegnazione ai singoli atenei sono gli stessi dello scorso anno (ricerca, internazionalizzazione, impatto socioeconomico, attrattività, risorse per i dottorandi), ma aumenta, rispetto allo scorso anno, il margine di incertezza sui risultati che ogni ateneo può conseguire: la singola sede accademica potrà vedersi decurtati i fondi per le borse fino al 20% rispetto al 2014; nel caso invece aumenti la quota, il vantaggio non potrà eccedere il 5%.

Rimanendo in tema di interventi perequativi (i correttivi che ogni anno attenuano i risultati premiali, proteggendo le università “in fondo alla classifica” da perdite eccessive), quest’anno è previsto che nessun ateneo perda più del 2% della sua quota complessiva di Ffo rispetto all’anno scorso (nel 2014 la “rete di protezione” era posta a -3,5%). Il Miur sembra così adeguarsi alla richiesta della Crui, che mesi fa aveva auspicato questo tetto ma, nel contempo, aveva chiesto di fissare anche un limite massimo all’incremento annuale di risorse assegnate al singolo ateneo: richiesta che quest’anno non viene accolta, e che viene ribadita dalla Crui nel parere sul decreto. Il documento Crui sottolinea poi l’urgenza di avviare una nuova procedura Anvur di valutazione della ricerca (quella in vigore, relativa al periodo 2004-2010, è ritenuta troppo datata); censura la riduzione del parametro di internazionalizzazione e la diminuzione dei fondi per le borse post lauream; chiede più risorse per fronteggiare la futura messa a regime dei costi standard. Il documento Crui si chiude con la richiesta, per il 2016, del recupero di 100 milioni per finanziare un piano per giovani ricercatori e per il “ripristino delle dinamiche salariali, in particolare per chi è all’inizio della carriera”.

Martino Periti

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