Nella precedente puntata abbiamo visto come viene compilato il report dell’anagrafica scolastica. Quello che noi abbiamo fatto per creare il nostro dataset però è stato unire l’anagrafica a 44 indicatori diversi. Questi sono stati presi tutti dall’anagrafica edilizia delle scuole italiane, prodotta dalla DGEFID, cioè la Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale. È qui inoltre che emergono i dubbi più importanti sia sulla pubblicazione che sul monitoraggio di tutti i diversi attributi, come abbiamo visto nella seconda puntata del nostro reportage.
Il Sistema Nazionale dell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica: l’evoluzione legislativa
Quella che chiamiamo Anagrafe edilizia in realtà in termine tecnico è il Sistema Nazionale dell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica che è stato definito con Accordi tra Stato, Regioni ed Enti locali, in sede di Conferenza Unificata, a partire dall’Accordo del 6 febbraio 2014.
Il Sistema Nazionale dell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica è costituito da due componenti. La prima, chiamata “SNAES” (Sistema Nazionale dell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica), è quella che fornisce al Ministero tutte quelle conoscenze necessarie all’adempimento della sua missione istituzionale di indirizzo, pianificazione e controllo. L’altra invece è distribuita in “nodi regionali”, è chiamata ARES (Anagrafe Regionale Edilizia Scolastica) ed è quella che assicura la programmazione, a livello regionale, del patrimonio edilizio e la gestione del medesimo su base provinciale, comunale e di singola unità scolastica, in un quadro di integrazione e condivisione delle informazioni con i sistemi informativi degli Enti locali stessi.
L'Anagrafe Regionale dell'Edilizia Scolastica
Ogni singola Anagrafe Regionale dell’Edilizia Scolastica (ARES) ha al suo interno due schede: una Scheda Edificio e una Scheda PES (cioè i Punti di Erogazione del servizio Scolastico). Entrambe le schede sono state implementate nel software “ARES 2.0” ma quella su cui ci concentreremo è la prima, dove al cui interno troviamo tutti gli indicatori che stiamo prendendo in considerazione per il nostro reportage.
La scheda edificio è formata da otto diverse sezioni che racchiudono tutte le informazioni necessarie e sono: Identificazione dell’edificio; Notizie generali sull’ubicazione dell’edificio scolastico; Notizie generali sull’edificio scolastico; Condizioni di sicurezza e requisiti particolari; Caratteristiche funzionali e dimensioni degli spazi; Attrezzature sportive; Altre informazioni e osservazioni; Finanziamenti (pregressi).
Le stesse sezioni poi sono divise in sottosezioni. Come vediamo, nella prima ci sono tutti i dati riferiti all’identificazione dell’edificio, compreso il gestore dell’immobile che deve compilare la scheda. Ricordiamo che i dati forniti dal Ministero sono caricati dagli Enti locali proprietari o gestori degli edifici adibiti ad uso scolastico ai sensi della legge 11 gennaio 1996, n. 23, quindi non è obbligatorio che l’ente sia il proprietario dell’immobile. Nella prima sezione troviamo poi il codice dell’edificio e l’indirizzo dell’edificio stesso, oltre all'indicazione se l’edificio è attualmente attivo o no. Ricordiamo questo perché tutta la nostra analisi sulle scuole è basata solamente sui 58.598 edifici attivi.
I vincoli
La seconda sezione, denominata “Ubicazione” è quella in cui vengono inseriti tutti i dati riguardanti eventuali vincoli idrogeologici o paesaggistici. Per vincolo idrogeologico ci si rifà al Regio decreto n. 3267/1923 quando Vittorio Emanuele III “per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia” aveva emanato il "Riordinamento e riforma in materia di boschi e terreni montani". Nel decreto, che è ancora in vigore, si sottopone a “vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 (dissodamenti, cambiamenti di coltura ed esercizio del pascolo), possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque".
C’è anche un’altra normativa, molto più recente, che individua delle aree precise potenzialmente in zone di pericolosità idraulica. È il decreto legislativo numero 152 del 3 aprile 2006, denominato “norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche”. Di fatto la normativa regola, negli articoli 67 e 68, la pianificazione di bacino per l’assetto idrogeologico, con l’obiettivo di ridurre il rischio idrogeologico di una determinata zona, salvaguardando così l’incolumità delle persone e riducendo al minimo i danni ai beni esposti.
Per vincolo paesaggistico invece ci si rifà al decreto legislativo numero 42 del 22 gennaio 2004, divenuto poi legge n. 431/85, che riguarda il "Codice dei beni culturali e del paesaggio”. Di fatto si parla di tutela del patrimonio culturale italiano, costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici (art.2).
Questi due indicatori inseriti nella scheda “Ubicazione” sono anche tra i più compilati di tutti quelli presi in esame per creare il nostro dataset. Per quanto riguarda i vincoli idrogeologici, solamente 108 edifici non hanno compilato la scheda (55.536 non presentano vincoli e 2.954 presentano vincoli idrogeologici).
Anche per quanto riguarda i vincoli paesaggistici, solamente 110 edifici scolastici non hanno riportato una binarietà nella risposta. 51.092 non presentano vincoli di questo tipo, 7.396 invece si.
Sempre nella sezione B2, cioè quella dell’ubicazione, sono presenti anche le unità strutturali, cioè tutti qui dati riferiti ad eventuali miglioramenti o adeguamenti antisismici e alla presenza o meno del certificato di collaudo statico. Come avevamo già visto nella seconda puntata del nostro reportage, il certificato di collaudo statico è obbligatorio per gli edifici costruiti in cemento armato dalla data di entrata in vigore della legge numero 1086 del 1971. Per 1.112 scuole infatti, l’anagrafe prevede che non sia necessario mentre sono 31.602 gli edifici che sono forniti di certificato di collaudo statico, 13.568 dei quali costruiti dopo il 1976. Di ben 3.052 edifici però manca proprio il dato.
Gli ultimi dati che ci interessano e sono presenti sempre in questa sezione sono: il numero di piani dell’edificio e l’ano di costruzione.
I dati catastali
La sezione B2 invece è quella in cui gli enti proprietari o gestori degli edifici scolastici inseriscono tutti i dati catastali riferiti all’immobile. Oltre al foglio di catasto viene anche inserito il comune di riferimento, la parcella ed il sub, cioè i normali riferimenti per il catasto italiano.
I collegamenti
La sezione B3 è denominata “collegamenti” ed è quella fondamentale per capire l’accessibilità della scuola. Leggendo i dati aggregati vediamo come il 64% degli edifici scolastici italiani sia raggiunto da uno scuolabus e il 53% dai trasporti pubblici urbani. C’è un 18% degli edifici però, che non è raggiungibile nemmeno con i mezzi privati, mentre i trasporti ferroviari non raggiungono il 91% degli edifici scolastici.
Quando parliamo di raggiungibilità da parte dei trasporti pubblici, si intende una fermata entro i 250 metri dalla scuola per quelli urbani e 500 metri per quelli interurbani. La stessa distanza è considerata per la stazione ferroviaria.
“ Il 18% degli edifici scolastici italiani non è raggiungibile con i mezzi privati
L’inserimento dei dati di questa categoria è utile ad affrontare il tema dell’accessibilità delle scuole italiane. Come abbiamo visto nel secondo articolo di questo lungo reportage a puntate, l’accessibilità è strettamente connessa anche all’abbandono scolastico. Certamente non è l’unica causa per arrivare al 17% di abbandono scolastico tra i 18 ed i 24 anni in alcune regioni italiane, ma sicuramente è un tassello importante per affrontare questo complesso argomento.
Nella sezione “Collegamenti” gli enti hanno una possibilità binaria, quindi SI/NO, per sette diverse domande in cui si richiede la presenza dello scuolabus, la presenza di trasporti urbani, interurbani, ferroviari, la raggiungibilità dell’edificio con i mezzi privati, il servizio di trasporto per persone con disabilità (la dicitura nel software di caricamento è “Servizio trasporto alunni disabili” ma sarebbe opportuna un’attenzione maggiore al linguaggio inclusivo da parte del Ministero) e la presenza o no della pista ciclabile. Proprio quest’ultimo punto poi, non è rilasciato in modo open, cioè il Ministero ad oggi non sembra rendere disponibili i dati sulle piste ciclabili fino a scuola nel suo portale.
Ambiente ed area scolastica
Nella sezione B4 gli enti proprietari o gestori dell’edificio scolastico devono inserire tutti quei dati necessari a rilevare il contesto ecologico-ambientale nel quale è inserito. Alla prima domanda, nel caso non presenti particolari elementi di disturbo o specifiche criticità nelle vicinanze dell’area scolastica, l’Ente deve rispondere “NO”. In caso contrario, rispondendo “SI” al quesito, il software propone un elenco di possibili fonti di disturbo o di criticità specifiche dell’area che vanno dalla vicinanza di discariche o industri inquinanti alla presenza di acque stagnanti inquinate, dalla vicinanza a fonti di inquinamento acustico o atmosferico fino all’eventuale vicinanza a cimiteri.
Caratteristiche dell’Area Scolastica
La sezione B5 non trova riscontro poi nel dataset che abbiamo voluto costruire per la nostra analisi. Qui gli Enti indicano se, nell’area scolastica interessata dall’edificio scolastico in esame, vi siano o meno altri edifici ad uso scolastico. Un’analisi che a noi risulta anche con l’operazione di geolocalizzare tutti gli edifici, come da cartina sottostante.
Una cosa però interessante che potrebbe emergere da questa sezione, è la presenza o meno di parcheggi per auto, moto o bici. Dati che gli Enti devono inserire, anche eventualmente con il numero dei posti presenti.
Sezione C - Notizie generali sull’edificio scolastico
La sezione C è di grande importanza per capire di chi è l’edificio. Noi sappiamo infatti che i responsabili degli edifici scolastici sono i Comuni per le scuole dell’Infanzia, Primarie e Secondarie di Primo grado e le Province e Città Metropolitane per le scuole Secondarie di Secondo grado. Questo è quello che emerge dall'articolo 3 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, ma non sempre è detto che l’edificio scolastico sia di proprietà di uno degli Enti locali sopra specificati.
È in questa sezione quindi che si inserisce la proprietà dell’edificio, il suo utilizzo e se è utilizzato anche per altri scopi. In questo caso l’Ente ha una libertà di scrittura, nel senso che può segnalare lui stesso qual è l’ulteriore uso dell’edificio, dando però come standard anche delle risposte SI/NO sull’eventuale presenza di: asili nido, scuole di formazione professionale, altre tipologie scolastiche, uffici comunali, altri uffici pubblici (ASL, distretti), laboratori, officine o eventualmente abitazioni private.
In questa sezione quindi si richiede di inserire tutti quei dati volti a comprendere a fondo l’utilizzo dell’edificio in questione, compresa la segnalazione di quali sono i locali che eventualmente sono in uso comune tra la scuola e altri interessi non scolastici. Sempre se l’edificio analizzato prevede una “co-abitazione”, cioè sia di uso scolastico che no (esempio concreto può essere una scuola primaria in un piccolo borgo realizzata all’interno del Municipio), nella sezione C si richiede si richiede di indicare la prospettiva di utilizzazione dell’edificio, da parte dell’Ente gestore.
Questa è anche la sezione in cui si scopre se l’edificio è stato costruito appositamente per uso scolastico o no. Come vedremo in un prossimo articolo circa il 76% degli edifici ad uso scolastico sono stati costruiti appositamente per questa funzione. Una percentuale che cresce all’81,7% se si prendono in considerazione solo quello costruiti dal 1976 in poi, cioè dopo l’entrata in vigore del decreto ministeriale del 18 dicembre 1975 denominato “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica”
Anche l’anno di costruzione è recuperabile dai dati inseriti in questa sezione, oltre ad eventuali interventi effettuati sull’edificio successivamente alla sua costruzione o al suo adattamento all’uso scolastico. :e tipologie di intervento ammesse sono di cinque tipi diversi. La ristrutturazione edilizia che potremmo chiamare “semplice”, quindi quei lavori come il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, o un’eventuale eliminazione o modifica degli impianti, la ristrutturazione edilizia con sopraelevazione, cioè quei lavori di ingrandimento in verticale dell’edificio o la ristrutturazione edilizia con ampliamento che riguarda l’ingrandimento “orizzontale”, come ad esempio aggiunta di stanze o coperture esterne, il restauro e la manutenzione straordinaria, cioè tutte quelle opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, oppure per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici.
SEZIONE D - Condizioni di sicurezza e requisiti particolari
La quarta sezione, quella denominata con la lettera D, è quella dedicata all’inserimento delle certificazioni. In particolare vediamo come gli Enti debbano dire se l’edificio ha il certificato di agibilità. In passato tale certificato era rilasciato dal Comune mentre dopo il decreto legislativo. n. 222/2016, è stato sostituito dalla Segnalazione Certificata di Agibilità (“SCIA” o “SCIA unica”), che viene prodotta da un tecnico abilitato, un po’ come viene effettuato nelle abitazioni private quando si fanno lavori di ristrutturazione o si costruisce casa. Un edificio ha l’agibilità quando, come riportato dall’articolo 24 del DPR n. 380/01, possiede delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.
È importante ricordare però che in alcune regioni, in base alle rispettive normative, sostituiscono il certificato di agibilità con un “Certificato di Regolare Esecuzione”. Tale certificato deve contenere al suo interno una cospicua documentazione comprendente: certificato di collaudo statico; asseverazione della sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti; dichiarazione di conformità delle opere realizzate alle vigenti normative riguardanti accessibilità e superamento delle barriere architettoniche; aggiornamento catastale; documentazione relativa alla sicurezza degli impianti quali certificazioni di conformità e collaudo; documentazione relativa al risparmio energetico, APE e AQE; documentazione relativa al rispetto delle norme prevenzione incendi (DPR 1° agosto 2011 n. 151); documentazione relativa all’anagrafe delle unità immobiliari; documentazione relativa agli allacciamenti impiantistici; documentazione relativa al rispetto delle norme in materia di inquinamento acustico.
Come avviene per gli edifici privati, anche per quelli scolastici l’agibilità dev’essere richiesta ogni qual volta venissero effettuati degli interventi di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione “che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti”.
Tra gli altri certificati presenti in questa sezione, troviamo anche quello della conformità, secondo la legge n. 46/1990, degli impianti elettrico, idrotermosanitario e antincendio, la messa a norma di ascensori o montacarichi, il libretto di omologazione della centrale termica e l’autorizzazione sanitaria alla preparazione dei pasti ove previsto.
Il certificato antincendio
Sempre nella sezione D, quindi quella di fatto dedicata a tutte le certificazioni, troviamo anche i certificati antincendio. Su questo punto successivamente faremo un approfondimento dedicato ma quello che possiamo già dire è che 35.981 edifici scolastici su 58.859 sono privi del certificato di prevenzione incendi.
Ricordiamo che la divisione degli edifici scolastici è basata su tre diverse categorie (vedi Allegato 1 del D.P.R. 151/2011): la prima, denominata A, riguarda quelle scuole che hanno al loro interno al massimo fino a 150 persone. La seconda (B) ha al suo interno tutte le scuole tra le 150 e le 300 persone e gli asili nido, mentre l’ultima categoria (C) riguarda quegli edifici scolastici con oltre 300 persone al loro interno.
Per tutte e tre le categorie è obbligatoria la presentazione al Comando Nazionale dei Vigili del Fuoco della SCIA all’avvio dell’attività o, come abbiamo visto precedentemente, in seguito ad interventi rilevanti. Successivamente alla presentazione della SCIA, per gli edifici inseriti in categoria A e B sarà previsto un sopralluogo a campione con poi il rilascio a richiesta del verbale di visita tecnica, mentre per quegli edifici che sono più grandi ed ospitano più persone, e sono quindi inseriti nella categoria C, il sopralluogo è obbligatorio con rilascio all’esito positivo del CPI, cioè il certificato di prevenzione incendi. La non obbligatorietà quindi, giustifica l’alto numero di edifici senza CPI.
Un altro tema che ritroviamo anche nella sezione D è quello dell’accessibilità degli edifici scolastici per le persone con disabilità. In questo caso gli Enti devono scrivere se e come hanno superato le barriere architettoniche. La norma che regola eventuali accorgimenti per il superamento della barriere architettoniche è il Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, chiamato appunto "Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici". Questo tema necessita un approfondimento a parte sia per analizzare la parte strutturale, sia, come abbiamo già visto, per analizzare la totale mancanza di linguaggio inclusivo nei dati ministeriali. Quello che possiamo già dire però, è che su 58.598 edifici scolastici il 75% ha superato le barriere architettoniche, cioè ha appiattito tutti quegli “ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilita di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacita motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea e quegli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti”.
La sezione D del software tramite il quale vengono inseriti tutti i dati degli edifici scolastici italiani è anche quella in cui si inseriscono gli accorgimenti per il contenimento dei consumi energetici. Tralasciando quelle che in modo eufemistico potremmo chiamare imprecisioni, e che abbiamo già messo in luce in un precedente articolo, qui ricordiamo che, come riportato nel decreto legislativo n. 192/2005 e s.m., a partire dal 9 luglio 2015 è obbligatoria la redazione dell’Attestato di Prestazione Energetica (APE), per tutti quegli edifici utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico che superino i 250 mq. L’APE ha una durata massima di dieci anni a partire dal rilascio.
All’interno della Scheda di rilevazione del patrimonio di edilizia scolastica poi sono presenti anche altre sezioni. Noi non le abbiamo prese in considerazione per la nostra analisi ma, per completezza d’informazione, vediamo come queste racchiudano, nella sezione E, i dati strutturali come la dimensione degli spazi, l’altezza media, il numero di uscite di sicurezza, la superficie vetrata, mentre nella sezione F l’eventuale presenza di attrezzature sportive. C’è poi un’ultima sezione, la H, che riguarda un aspetto di fondamentale importanza per il futuro dei nostri edifici scolastici: gli investimenti.
Le linee di finanziamento dell’edilizia scolastica, a gennaio 2021, erano di 16 tipi diversi per un totale di circa 7 miliardi e 700 milioni di euro. Uno studio pubblicato dalla Camera dei Deputati italiana il 10 marzo scorso ha messo in luce proprio le principali linee di finanziamento per l'edilizia scolastica.
Uno dei più corposi, e sui cui vogliamo focalizzare l’attenzione, è il Fondo unico per l'edilizia scolastica, che è il luogo in cui confluiscono tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato e destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica, risorse che seguono linee di finanziamento non provenienti esclusivamente dal Miur (o attuale MI). Le risorse stanziate sono state di 5 mln di euro per il 2019 e 10 mln annui dal 2020 al 2025, destinate a finanziare la messa in sicurezza e la riqualificazione energetica degli edifici scolastici pubblici. Inoltre le risorse relative agli anni 2019-2021 come si evince dal documento rilasciato dalla Camera, “sono state destinate dal D.L. 104/2020 (L. 126/2020: art. 32-bis, co. 3) agli enti locali per la realizzazione, a seguito dell'emergenza da COVID-19, di interventi strutturali o di manutenzione straordinaria finalizzati all'adeguamento e all'adattamento a fini didattici degli ambienti e degli spazi, anche assunti in locazione, al fine di garantire il corretto e regolare avvio e svolgimento dell'a.s. 2020/2021”.
Altri 30 mln di euro poi sono stati stanziati nel 2020 per il "fondo per le emergenze di cui al Fondo unico per l'edilizia scolastica” con il Decreto Legge 34/2020 in base ad una ripartizione tra provincie, città metropolitane e comuni divisa anche per numero di studenti. La ripartizione nel dettaglio si può trovare qui.
Le risorse totali del Fondo unico per l’edilizia scolastica, sono 527,8 milini di euro per il 2021, soldi che, come abbiamo visto dalla nostra analisi, non possono che essere decisamente importanti per rendere più sicure, aperte ed accessibili le nostre scuole.
Come avrete notato da questo articolo piuttosto tecnico, sono molte le domande che rimangono ancora aperte: dal motivo per cui il ministero non pubblica i dati sulle piste ciclabili al conoscere se all'interno di ogni ente locale c'è una figura di riferimento che ha il compito di comunicare questi dati o no fino al sapere se l'ufficio statistico del Ministero poi ha il compito di fare una verifica anche di merito rispetto i dati. Tutte domande che abbiamo rivolto alla direttrice generale del DGEFID (Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale) Simona Montesarchio e all'ufficio stampa del Ministero che, dopo un'iniziale apertura, non hanno più fornito risposte. Rimaniamo comunque a disposizione se eventualmente dal Ministero volessero dissipare i vari dubbi emersi da quest'analisi.
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