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A scuola tutto bene? I certificati antincendio tra mille proroghe e finanziamenti

35.981 edifici scolastici su 58.598 sono privi del certificato di prevenzione incendi. Questo è il dato di fatto che emerge dai dati del Miur, ma per capire a fondo cosa significa bisogna fare qualche passo indietro.

La prevenzione degli incendi è un compito del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco da quando è stato costituito, cioè nel 1941. Successivamente ha ricevuto un primo impulso grosso con la prima legge Nazionale sugli infortuni del lavoro, cioè con il decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 27/04/1955 denominato “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”. 

Come ci ha spiegato il comandante dei Vigili del Fuoco di Padova Cristiano Cusin “fare prevenzione significa ridurre il rischio di incendio all’interno di una determinata attività e il rischio è una grandezza che può essere misurata. Uno dei vari modi di farlo è quello di dire che il rischio è dato da un prodotto fra la probabilità che l’evento avvenga e l’entità dei danni”. La prevenzione degli incendi quindi consiste in tutta quella serie di misure, di dispositivi, di impianti che vanno a diminuire la probabilità che avvenga un incendio e diminuire i relativi danni.

Il CPI

Il Certificato di Prevenzione Incendi invece è stato istituito per la prima volta con la legge n. 966 del 26/07/1965 denominata “Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei compensi al personale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per i servizi a pagamento”. All’interno di questa legge sono state anche elencate 100 diverse attività che dovevano soddisfare i requisiti antincendio ed essere in possesso appunto del CPI. Successivamente sono state affinate anche le istanze che questi soggetti devono fare per poi essere sottoposti ai controlli dei Vigili del Fuoco. Tra tutte le attività soggette a visite e controlli di prevenzione incendi ci sono anche le scuole, di ogni ordine, grado e tipo. L’Allegato 1 del D.P.R. 151/2011 stabilisce poi tre categorie, secondo diversi ordini di grandezza, che suddividono le attività, quindi anche le scuole, in base ad obblighi e procedure diverse.

Le tre categorie

La prima categoria (A) riguarda quelle scuole con all’interno fino a 150 persone, in cui non è obbligatorio chiedere ai Vigili del fuoco la valutazione del progetto ed in cui sopralluoghi sono effettuati a campione essendo limitato il livello di complessità.

La seconda (B) ha al suo interno tutte le scuole tra le 150 e le 300 persone e gli asili nido e dove non vige l’obbligatorietà di richiedere ai Vigili del fuoco la valutazione del progetto, con controlli effettuati sempre a campione. Di fatto quindi la categoria B è del tutto similare alla A con solo alcune diversità sul livello di complessità dell’edificio.

L’ultima categoria (C) riguarda quegli edifici scolastici con oltre 300 persone al loro interno, in cui è obbligatorio chiedere la valutazione del progetto ed in cui i sopralluoghi da parte dei Vigili del fuoco sono effettuati obbligatoriamente, al termine dei quali viene rilasciato il Certificato di Prevenzione Incendi.

Per quanto riguarda le attività del gruppo A il Comandante Cusin ha confermato che “basta presentare una segnalazione certificata di inizio attività, che è obbligatoria per tutti gli edifici con più di 100 persone. È proprio la ricevuta di presentazione della SCIA che costituisce il titolo autorizzativo. I Vigili del Fuoco sulle SCIA di tipo A fanno solo un controllo a campione, che riguarda circa il 20%.

Sulle SCIA di tipo B invece, prima di presentarla dev’essere presentato anche il progetto ed i VV.FF. fanno una valutazione su quello. Anche su queste però sono previsti dei controlli a campione. Per le SCIA di tipo C invece, quindi quelle con la presenza di più persone, c’è prima l’esame del progetto, poi la presentazione dell’inizio di attività con la SCIA e poi i Vigili del Fuoco le controllano tutte, al 100%”.

L’aspetto interessante però, che riguarda qualsiasi tipo di attività e quindi anche quella scolastica, è il fatto che “ogni 5 anni dev’essere presentata un’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio”. Questo significa che ogni 5 anni il titolare dell’attività deve esplicitare se ci sono state modifiche e dichiarare che tutto sia a norma. In caso di impianti di spegnimento poi, dev’essere attestato da un professionista che questi siano funzionanti e a norma. Questo fatto però non riguarda il collaudo stesso degli impianti di spegnimento che dev’essere allegato alla SCIA.

 

ogni 5 anni dev’essere presentata un’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio

Per quanto riguarda gli edifici scolastici, lo stesso Comandante dei Vigili del Fuoco di Padova ci illustra la particolarità della situazione. “Per le scuole, e quindi per gli edifici scolastici, - ha dichiarato Cusin - bisogna innanzitutto capire chi è il titolare dell’attività ed il datore di lavoro. Per le aziende infatti è responsabilità del datore di lavoro richiedere le attestazioni e non del proprietario dell’immobile”.

In questo caso, per capire chiaramente come si comportano le scuole, è intervenuto un parere dell’Avvocatura Generale dello Stato che, con nota del 15/02/2012, ha esplicitato il fatto che “l’istanza per il rilascio del CPI dev’essere fatta dal titolare dell’attività”, cioè nel caso delle scuole dall’ente locale. Quindi, per riassumere, spetta ai comuni per quanto riguarda le scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e alle Città metropolitane (ex province), per le scuole di istruzione secondaria di secondo grado, richiedere l’attestazione di rinnovo periodico della conformità antincendio. 

Ai dirigenti scolastici però, che di fatto è come se fossero i datori di lavoro, l’Avvocatura dello Stato assegna anche un “generico dovere di sorveglianza sulla sicurezza nell’ambiente scolastico”, con l’obiettivo quindi di segnalare all’ente locale competente l’eventuale mancanza della certificazione antincendio.

E nella particolarità in cui la scuola sia in affitto da un privato, come ci si comporta? In questo caso il Comandante Cusin conferma che di norma “l’affitto lo fanno sempre gli enti locali, quindi la responsabilità è sempre del Comune o della Provincia. È accaduto però di aver incontrato anche dei dirigenti scolastici che avevano la titolarità dell’affitto, ed in questo caso la responsabilità era loro”. 

Le “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”

Ci sono poi delle norme tecniche che si rifanno alla legge del 18 dicembre 1975. Il decreto l’abbiamo analizzato a fondo in un’altra puntata del reportage “A scuola tutto bene?”, ma per quanto riguarda la normativa antincendio la legge più importante è del 1992. Stiamo parlando del D.M. del 26 agosto del 1992, denominato proprio “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”. Di recente infine è stato emanato il Codice di prevenzione incendi. “Nel testo del 3 agosto 2015 - ha dichiarato il Comandante dei Vigili del Fuoco di Padova Cristiano Cusin -, c’è proprio un’appendice riferita agli edifici scolastici, anche se c’è ancora la facoltà di scelta se seguire il DM del 1992 oppure il nuovo, questo a scelta del progettista”. 

Questo quindi è il quadro generale delle normative che regolarizzano la prevenzione degli incendi anche per l’edilizia scolastica. Ma quindi com’è possibile che 35.981 edifici scolastici su 58.598 siano privi del certificato di prevenzione incendi

È possibile per diversi motivi. Ricapitolando ciò che abbiamo detto fino ad ora, sappiamo che la presentazione della SCIA, o poi la relativa attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio (da richiedere ogni cinque anni) è obbligatoria per tutte le “scuole di ogni ordine, grado e tipo, collegi, accademie con oltre 100 persone presenti. Asili nido con oltre 30 persone presenti”. A questo dato dobbiamo aggiungere che dal dataset Miur emerge come 5.635 edifici scolastici abbiano dichiarato di non avere l’obbligatorietà della presentazione del CPI, quindi a ragion di logica dovrebbero essere quelli con meno di 100 persone al loro interno. Ci sono poi 2.523 edifici che non hanno riportato nulla nella richiesta del CPI, e di questi non è dato a sapersi se hanno l’obbligo o no. 

Quindi o l’edificio scolastico ha al suo interno meno di 100 persone, oppure si potrebbe dire che non è a norma. Il condizionale però è d’obbligo, perché la realtà è più complessa ed a spiegarcelo è sempre il Comandante dei Vigili del Fuoco di Padova Cristiano Cusin.

“Da quando è uscita la norma che dava agli edifici scolastici la possibilità di adeguarsi e, quindi stiamo parlando del 1992, ci sono state proroghe su proroghe che hanno di fatto permesso alle scuole di avere ancora tempo fino al 31 dicembre 2022 per adeguarsi”. 

Le Milleproroghe

Le proroghe più recenti non possono che essere avvenute proprio con gli ultimi decreti Milleproroghe. In particolare vediamo come il decreto-legge numero 244 del 30 dicembre 2016, cioè il più comunemente noto Milleproroghe 2016, all’articolo 4, comma 2, dice: “Il termine di adeguamento alla  normativa  antincendio  per  gli edifici scolastici ed i locali adibiti a scuola, per  i  quali,  alla data di entrata in vigore del presente decreto,  non si sia ancora provveduto al predetto adeguamento è stabilito al 31 dicembre 2017”.

31 dicembre 2017 che poi è diventato 2021 ed infine 2022. Questo con l’ultimo decreto Milleproroghe 2021, che di fatto sarebbe la legge numero 221 del 26 febbraio 2021 in conversione del decreto-legge 31 dicembre 2020. All’articolo 2, comma 4-septies si sostituiscono le parole dalla legge 27 febbraio 2017,  n.19, “al 31 dicembre 2021”  con “al 31 dicembre 2022”. Insomma di fatto, dal 1992, le scuole hanno avuto 30 anni di proroghe per richiedere o rinnovare il CPI

Questo non significa certo che tutti i quasi 36mila edifici scolastici privi di CPI non siano di fatto adeguati. Come conferma il Comandante Cusin “molte scuole sono adeguate ma poi intervengono altre difficoltà, che sono burocratiche o di gestione”. Senza il certificato però, non possiamo avere alcuna attestazione di una reale messa a norma dell’edificio. Le difficoltà burocratiche sono comprensibili, dal fatto che la ditta che ha effettuato i lavori dopo cinque anni non sia più disponibile alla difficoltà di reperire eventuali risorse per rieffettuare i controlli o solamente richiedere la documentazione a chi li aveva fatti. 

Ma se invece la SCIA viene presentata ma ci sono dei problemi? “Se ci sono delle grosse problematiche dobbiamo subito adottare provvedimenti urgenti - ha dichiarato il Comandante dei VV.FF. Cusin -. Facciamo un esempio: se dentro la scuola hanno tenuto un piccolo museo della prima guerra mondiale con delle munizioni ancora cariche, noi prendiamo le munizioni e le portiamo fuori.  Se invece ci sono carenze minori si da compito di conformare l'attività in 45 giorni, adottando delle misure gestionali per diminuire il rischio. Se però queste carenze hanno anche un risvolto penale, attiviamo un procedimento sanzionatorio che però permette sempre di adeguare l'attività. Se poi non viene adeguata l'attività noi chiediamo all'autorità competente di pubblica sicurezza, quindi il sindaco, la sospensione dell'attività stessa. Per le scuole però sappiamo che hanno tempo fino al 31 dicembre del 2022 per adeguarsi. Quindi vuol dire che se uno mi presenta la SCIA, io vado a fare il controllo e magari mi accorgo che le luci di emergenza non funzionano, io posso anche dire che hanno 45 giorni di tempo per adeguarsi, ma lui può avvalersi della norma transitoria fino al 31/12/2022”.

I finanziamenti per il Piano Antincendio

C’è poi il tema dei finanziamenti. Negli anni sono stati numerosi quelli dedicati alla messa a norma per quanto riguarda l’antincendio. Come abbiamo visto dai dati però, evidentemente questi fondi sono stati dirottati in altre attività. Come ci conferma un dirigente scolastico, che preferisce restare anonimo, “spesso i soldi che arrivavano per mettere a norma la questione del certificato antincendio sono stati utilizzati per altre cose minori, come ad esempio riparare infiltrazioni o altre cose del genere”. Non si può certo generalizzare ed una singola testimonianza, diretta o indiretta che sia, non ha valore statistico, ma sappiamo che la situazione vede che quasi 36mila edifici su 58.598 di fatto non hanno il certificato antincendio.

Dal ministero sembra essere noto ciò, tanto che il decreto legge 59 del 2019 ha previsto la definizione di un piano straordinario per l'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici pubblici adibiti ad uso scolastico. I decreti attuativi poi sono stati due, uno del 13 febbraio 2019 che stanziava 114.160.000 euro, ed un secondo, del 29 novembre 2019 che metteva a disposizione altri 98 milioni di euro.

Questi sono fondi per il triennio 2019-2021, quindi sarà di estremo interesse vedere se alla fine di questo periodo, se il ministero rilascerà con tempestività i dati, la percentuale di scuole prive di CPI si sarà abbassata vertiginosamente o no.

Le risorse, di cui € 25 mln per il 2019, € 25 mln per il 2020 e € 48 mln per il 2021, dovranno essere ripartite, secondo l'avviso del 16 gennaio 2020, n. 532, per il 30% alle province e alle città metropolitane, mentre la restante percentuale è destinata ai comuni. I beneficiari di questo secondo decreto sono quindi comuni e province (o Città Metropolitane). Per una questione di chiarezza abbiamo ritenuto utile andare a vedere nel dettaglio quali sono gli importi ricevuti, dettaglio che potete vedere anche voi a questo link per quanto riguarda i comuni ed a questo per quanto riguarda le province.

C’è poi il finanziamento di oltre 114 milioni di euro del 13 febbraio 2019. Questo in particolare è finalizzato proprio all'adeguamento alla normativa antincendio degli edifici scolastici. Anche in questo caso i beneficiari sono pubblici ed un monitoraggio sull’utilizzo di questi fondi sarà importante farlo al termine del triennio. Per rendere più immediato questo monitoraggio, a questo link è possibile recuperare l’elenco dei beneficiari diviso per Regioni.

Insomma dai dati e dai finanziamenti abbiamo capito che l'adeguamento delle scuole alla normativa antincendio non è materia di controlli serrati. Che sia perché effettivamente il rischio non sia così alto o perché non c'è una grande sensibilità sul tema è dubbio che solo i vari ministeri che si sono succeduti negli anni potrebbero dissipare. Quello che possiamo fare noi però è mettere tutte le carte scoperte sul tavolo, rendendo disponibile il dataset contenente i 35.981 edifici che hanno dichiarato di non avere il CPI e recuperando anche, come abbiamo fatto qualche riga più su, tutti i beneficiari dei vari finanziamenti ministeriali.


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