SOCIETÀ

Vacanze estive a scuola: anacronistiche o al passo con i tempi?

In Italia, i tradizionali tre mesi di interruzione delle attività scolastiche nella stagione estiva sono una costante da diversi decenni: i tempi cambiano, la vita delle famiglie è sempre più frenetica e impegnativa, eppure il lungo periodo di pausa – da giugno a settembre -, è rimasto inalterato per milioni di ragazze e ragazzi da generazioni. Ciò potrebbe apparire anacronistico: la scuola non pare essersi adattata al presente, e non sembra riuscire ad accogliere le esigenze di sempre più genitori che lavorano a tempo pieno e non possono prendersi cura dei propri figli nei lunghi e torridi mesi estivi. Le vacanze, dunque, per molti diventano un problema economico e sociale che, a seconda della città in cui si vive e dei servizi che le istituzioni mettono a disposizione, risulta più o meno gravoso.

Alla luce di queste difficoltà, ha ancora senso oggi interrompere le attività scolastiche per un periodo così lungo? Lo abbiamo chiesto a Carmine Conte, docente di filosofia dell’educazione all’università di Padova, che ha chiarito che, in realtà, esistono ancora adesso motivazioni strutturali e pedagogiche che rendono funzionale e sensata la lunga interruzione delle attività didattiche.

“La storia del provvedimento che istituisce le vacanze estive a scuola – afferma – è molto lunga. Potremmo, forse, rinvenirne le radici nell’idea di Giovanni Gentile di un sistema educativo che impegnasse i giovani per un periodo ben delimitato, e non occupando totalmente il loro tempo”.

Dal punto di vista più strettamente pratico, invece, la necessità di interrompere le attività didattiche per tre mesi deriverebbe dal primo dopoguerra, quando era indispensabile che, durante la stagione estiva, i ragazzi lavorassero nei campi, aiutando le famiglie nelle attività agricole: ciò consentiva anche ai figli dei contadini di frequentare la scuola con regolarità.

Le molteplici riforme scolastiche che si sono susseguite non hanno mai mutato questo stato di cose, e le tradizionali vacanze estive sono rimaste inalterate fino ad oggi, nonostante il dibattito sulla necessità o meno di modificare il calendario scolastico sia tutt’ora molto acceso.


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Potrebbe sembrare superato – afferma Conte – ma questo tempo di vuoto può ancora avere un senso, se guardato da una certa prospettiva. È necessario che i giovani vivano anche periodi meno saturi, non carichi in ogni momento di impegni formali. Ciò può consentire loro di ritornare e soffermarsi su ciò che è stato fatto nell’anno scolastico appena trascorso e su quello che si farà nel prossimo. Dunque il tempo della pausa, dell’interruzione, il periodo in cui ci si ferma, non è semplicemente un vuoto da banalizzare, ma ha un ruolo significativo nella crescita di bambini e adolescenti”.

Altre ragioni che motivano ancora oggi l’interruzione prolungata del periodo scolastico sono di natura strutturale e organizzativa: le estati sempre più calde degli ultimi anni rendono particolarmente complesso lo svolgimento delle lezioni in istituti per la maggior parte privi di impianti di climatizzazione. La situazione – come spiega Conte -, è particolarmente difficile al sud, in regioni come la Sicilia, dove il caldo è particolarmente intenso, e non è possibile svolgere regolarmente le attività didattiche senza gli opportuni accorgimenti.

“C’è anche – continua il docente – la difficoltà di reperire personale aggiuntivo: non è scontato, infatti, che il personale docente accorra a tenere ulteriori lezioni durante l’estate”.

Ma allora quale può essere la soluzione? Come si possono supportare le famiglie che lavorano e che sono costrette ad iscrivere i propri figli a centri estivi anche molto – spesso troppo – costosi?

“Oggi – dichiara Conte – i tempi di lavoro delle giovani coppie non sono comparabili a quelli di una generazione fa: a volte c’era anche tempo per tornare a casa e pranzare tutti insieme, mentre oggi la frenetica routine quotidiana difficilmente lo consente. Tuttavia, è anche vero che la scuola non deve essere intesa come l’istituzione addetta a risolvere ogni problema sociale. Il suo ruolo è quello di istruire, educare, formare, e già questa è una funzione essenziale. L’esigenza di accoglienza e custodia di bambini e ragazzi non deve essere un compito esclusivo della scuola, ma è necessario l’intervento di altre associazioni e istituzioni”.

Secondo il docente, a supportare le famiglie dovrebbero essere i comuni e le reti associative che però, ovviamente, andrebbero messe nelle condizioni di investire su queste attività di carattere sociale; in un periodo di crescenti ristrettezze economiche, dovute anche ai sempre maggiori investimenti che il governo intende destinare agli armamenti, ciò diventa molto complesso. Dunque, Conte afferma la necessità di un ridimensionamento delle priorità della spesa pubblica: soltanto in questo modo sarebbe forse più semplice finanziare e incrementare le iniziative a favore di bambini e ragazzi, offrendo gli stessi servizi e le medesime possibilità in ogni regione d’Italia e agevolando le famiglie. Esaminare il senso e le ragioni della lunga interruzione delle attività scolastiche durante l’estate consente anche di soffermarsi sull’idea e la concezione che abbiamo della scuola.

“Quest’ultima – si chiede Conte – deve mantenere lo stesso andamento della produzione e di un mercato che non si ferma mai, o staccarsi da questi ritmi così frenetici rallentando e dando ai ragazzi la possibilità di crescere e riflettere anche da soli? È necessario che l’istituzione scolastica non si pieghi totalmente alle logiche di mercato, e che sia capace di interruzioni, di pause, di soste, perché anche fermarsi e rallentare hanno un’importante valenza educativa”.

Per il docente la scuola dovrebbe porsi il problema di non esaurire il tempo di vita dei giovani, e ciò non vale solo per il periodo estivo, ma per tutto l’anno scolastico. Esiste un tempo per l’istruzione ed un tempo dedicato alla vita privata di ciascuno, e l’uno non dovrebbe sovrapporsi all’altro. “Il tempo della vita – afferma Conte – è molto importante, perché consente di imparare a stare da soli. È vero che socializzare è essenziale, ma anche la solitudine ha una propria valenza positiva. Riuscire a stare da soli significa apprendere come rimanere con se stessi, e sottrarsi alla pressione che l’incalzante ritmo della routine quotidiana impone di continuo agli studenti”.

Il ruolo pedagogico della scuola è, secondo Conte, anche quello di fare un passo indietro e dare una consegna, senza un intervento diretto. Alcuni pedagogisti del passato ritenevano che stare troppo assiduamente alle calcagna degli adolescenti, porsi come una presenza eccessivamente invadente e costante, fosse controproducente.

“C’è bisogno – continua il docente – di scegliere la miglior distanza, cioè di trovare un equilibrio tra essere continuamente presenti ed essere totalmente assenti. Occorre far sentire la propria presenza e al contempo porre una separazione che lasci modo ai ragazzi di esprimersi liberamente, e l’estate è, probabilmente, il periodo della distanza”.

Il docente richiama anche una considerazione storica che, a suo dire, deve farci risuonare un campanello d’allarme: nella storia italiana, infatti, è stato il regime fascista a dare vita ad un sistema educativo che abbracciava ogni aspetto della vita dell’individuo ed ogni momento del suo tempo. Concepire l’educazione come un processo totale è tipico dei governi dittatoriali: in questi casi, la scuola è al servizio del regime, e invade ogni aspetto dell’esistenza, occupa ogni possibile spazio di libertà.

“Questo – afferma Conte – può aiutare a differenziare un modello scolastico di un sistema democratico da quello tipico di un regime. Nel primo caso, a un certo punto, la scuola deve prendere congedo, mettendo il giusto distacco  ed evitando di pedagogizzare ogni momento della vita di un adolescente. Ovviamente, un regime totalitario non dà necessariamente vita ad un sistema educativo pervasivo, ma avere presente il dato storico è sempre importante per ricordare e non ripetere gli errori del passato”.

La pausa estiva, dunque, può essere vista come un tempo per ritornare a se stessi ed elaborare – in solitudine – quanto è stato fatto nell’anno scolastico appena trascorso e ciò che ci sarà da aspettarsi dal prossimo. È importante imparare a conoscersi: ciò è possibile, per esempio, attraverso i libri, che, per Conte, possono essere ottimi compagni di viaggio durante le vacanze, perché spesso la lettura è un potente canale per conoscere nuove ed inesplorate parti di sé.

Spingere a crescere vuol dire anche lasciare andare, e le lente e a volte solitarie vacanze estive possono rivelarsi una tappa fondamentale del diventare grandi.

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