UNIVERSITÀ E SCUOLA

Il libretto vola fuori dalla finestra

Il libretto universitario: un piccolo oggetto a cui sono legate emozioni, abitudini, riti, persino leggende. Libretti firmati o restituiti, perduti e ritrovati, falsificati oppure ostentati. Guardati distrattamente, o studiati attentamente dai docenti nel tentativo di capire in pochi secondi chi hanno davanti. Il libretto che è parte a pieno titolo dei simboli del mondo accademico: “Firmò, nella sua veste di rector magnificus, il mio primo libretto universitario” scrive Sándor Márai nelle Confessioni di un borghese. “Poi mi accompagnò alla porta, e sorridendo mi disse che adesso lui per la legge era ‘Sua Signoria’, titolo che in passato spettava soltanto ai principi di Transilvania e al rettore dell’Università”. Il libretto come simbolo di ingresso nella comunità accademica, sia pure come discenti. All’occorrenza però anche delle sue regole e le sue durezze: “Quando uno studente non era preparato si assisteva anche al ‘lancio del libretto’ – ricorda Mario Capanna (Anno Domini 1968. L’immaginazione che voleva il potere, 2004) – Il libretto universitario dello studente era buttato infatti fuori dalla finestra e il poveraccio, oggetto di tale cortese attenzione, rosso di vergogna, doveva accorrere velocemente in strada a ripigliarsi il suo libretto prima che fosse travolto o calpestato. Di fronte a questi atteggiamenti allora, ne Sessantotto, ci ponemmo una serie di domande del seguente tenore: ma sarà proprio vero che questi Professori impersonano la Scienza, la Sapienza, la Conoscenza?”.

Tutto o parte di questo da oggi non sarà più, almeno per quanto riguarda Padova: da quest’anno infatti il libretto universitario non è più parte del corredo consegnato ad ogni nuovo immatricolato. Uno di quei piccoli cambiamenti che però hanno la forza di colpire l’immaginazione, perché coinvolgono un oggetto familiare nella vita di molti. “Mi pare un fenomeno che si inserisce nella linea dell’informatizzazione di ogni passaggio della vita universitaria, ma a cui si potrebbe attribuire un significato più generale” ragiona Adone Brandalise, docente di teoria della letteratura. “Non vorrei farne una delle tante consuetudine da cui separarsi con un omaggio di maniera; certo però può risvegliare un’inquietudine da racconto di fantascienza il doversi affidare sempre più alle memorie virtuali, che potrebbero prima o poi avere i loro vuoti”. Uno strumento utile anche per i docenti, anche se questa funzione ha offerto spazio anche a critiche: “Personalmente lo trovavo utile per tentare di ricostruire i percorsi degli studenti piuttosto che per determinare i voti, come invece spesso si teme. Una funzione che può dar luogo a equivoci e a pregiudizi, ma anche a suggestioni positive,  se innesca una dialogo con gli studenti. A meno che anche questo un giorno non venga ritenuto ozioso e poco asettico”. In generale la convince il passaggio all’online? “Potrebbe anche rientrare nel processo di progressiva sostituzione della presenza fisica con quella virtuale. Un percorso non per forza da ostacolare per puro spirito passatista, ma che come tutti i passaggi associa a nuove opportunità il rischio di alcune perdite, alle quale non bisogna per forza rassegnarsi. Io personalmente amo il confronto con le persone, ma ad esempio non riesco a rassegnarmi a fenomeni come i social network”.

La scomparsa del libretto cartaceo come un nuovo passaggio verso la progressiva spersonalizzazione dei rapporti tra docenti e studenti? “Non sapevo di questo cambiamento, mi sembra una cosa piuttosto sciocca – ci dice la scrittrice Antonia Arslan, già docente di letteratura italiana nell’ateneo padovano – Conservare o trasferire dati su internet va bene, tutto però è sbagliato. Troverei saggio conservare un documento in più, e in qualche caso si sta tornando al cartaceo. In una civiltà virtuale verso cui siamo diretti ci sono comunque rischi e pericoli che occorre bene valutare: ho l’impressione che non sia sano l’entusiasmo un po’ infantile verso tutto ciò che è virtuale, e che sia più facile alternare o cancellare i dati”. E del suo libretto che ricordi ha? “Piacevoli, tanto che dopo la laurea me lo sono fatto restituire. È una cosa dello studente, personale, da tenere per sé o mostrare agli altri.  Ci sono le annotazioni, i voti di questo o di quel professore, e allora ti ricordi di lui, se era simpatico o no, dell’esame. Lo sfoglio e ad esempio vedo subito la firma di Alfonso Traina, uno dei più grandi latinisti. Mi ricordo ancora dell’esame con lui, il primo: invece che di latino parlammo di cinema. Avevo frequentato e in fondo aveva avuto tutto l’anno per conoscere la mia preparazione. Il mio libretto per me è un ricordo del mio periodo da studentessa, stimolante e denso di relazioni”.

Altra storia ovviamente quella di Damiano, poco più che ventenne, iscritto alla triennale di lettere moderne: “Ho sempre il mio libretto con me nel mio zaino: forse così è pericoloso ma io lo trovo comodo, altrimenti rischio di scordarmelo il giorno dell’esame”. Un rapporto quotidiano, verrebbe da dire: “Fa sempre piacere ogni tanto vedere la firma di una professore accanto a un bel voto; certo sono più contento della seconda pagina che della prima. Se l’ho mai mostrato ai miei dopo un esame? No, e non me l’hanno nemmeno chiesto”. Per Damiano però più che i sentimenti conta la sicurezza: “Il passaggio a un sistema di registrazione interamente online è sensato, in questo modo però ci si affida al 100% ai professori. Un mio esame del 2011 ad esempio non figura ancora su Uniweb: almeno però ce l’ho sul libretto e sono più tranquillo sul fatto che alla laurea mi verrà riconosciuto”. Anche Francesca, iscritta a scienze della formazione per l’infanzia, non è entusiasta del passaggio al virtuale: “È comunque carino avere il cartaceo, che poi può  anche rimanere. Io tengo al mio libretto bordeaux, con parecchi esami registrati. C’è anche registrato anche un trenta, l’unico, che non mi è stato riconosciuto nel passaggio da un altro corso di laurea. È solo sul libretto, ma io ne sono fiera lo stesso”.

Daniele Mont D’Arpizio

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012