SCIENZA E RICERCA

Groenlandia: 400 mila anni fa era priva di ghiaccio. E perché questo ci deve preoccupare

Fino a non molto tempo fa si pensava che la Groenlandia si fosse ricoperta di ghiaccio circa 2,5 milioni di anni fa e che da allora fosse rimasta così, ad esclusione dei processi di fusione, dovuti al riscaldamento globale, che stanno accelerando e che entro qualche decennio potrebbero diventare irreversibili.

Uno studio, pubblicato di recente sulla rivista Science, ha svelato che in realtà nel recente passato geologico della Groenlandia, circa 416 mila anni fa, c’è stato un momento in cui la calotta glaciale si è sciolta, trasformando la quasi totalità del paesaggio in una tundra e provocando un innalzamento del livello del mare di almeno un metro e mezzo.

Lo studio, realizzato da un team internazionale di cui fanno parte l’università del Vermont, l’università dello Utah e altre quattordici istituzioni, si è basato sull’analisi dei sedimenti di un campione di ghiaccio raccolto negli anni ’60 dagli scienziati che, in piena guerra fredda, lavoravano in una base militare americana a Camp Century nella Groenlandia nord-occidentale. La missione segreta aveva l’obiettivo di nascondere centinaia di missili nucleari sotto il ghiaccio vicino all’ex Unione Sovietica e le perforazioni, che arrivarono fino a un miglior di profondità, furono realizzate sotto la copertura che si trattasse di attività di ricerca scientifica in territorio artico.

Il campione su cui sono state condotte le analisi era stato trasferito all'università di Buffalo negli anni '70 quando ormai la missione militare era stata accantonata. Negli anni '90 la carota di ghiaccio era poi giunta in Danimarca, custodita in un congelatore dell'università di Copenhagen dove però era rimasta per lungo tempo dimenticata. L'interesse nei confronti di quel campione si è riacceso solo nel 2017 quando è stato accidentalmente riscoperto: a partire da quel momento è stato possibile cominciare a comprendere che in un passato geologico recente la Groenlandia era davvero verde, coerentemente con quanto mostrato anche da altri studi che avevano analizzato il DNA antico di una carota di ghiaccio proveniente dal sito Dye 3, nella parte meridionale dell'isola, scoprendovi i resti di una vasta gamma di conifere e di insetti. 

Tornando al lavoro pubblicato adesso su Science e intitolato Deglaciation of northwestern Greenland during Marine Isotope Stage 11, i ricercatori hanno applicato tecniche avanzate di luminescenza e isotopi per fornire prove dirette dei tempi e della durata del periodo di assenza di ghiaccio. Su campioni così antichi non è infatti possibile fare affidamento sul metodo del carbonio-14 perché questa tecnica non è applicabile su materiali che hanno più di 50-60 mila anni.

I sedimenti di Camp Century sono così stati studiati con altri metodi: in una camera oscura dei laboratori dell'università dello Utah è stata utilizzata la luce a infrarossi per esaminare i "segnali di luminescenza" prodotti dagli elettroni accumulati nei minerali di quarzo e feldspato presenti nel sedimento. Il numero di elettroni rilasciati forma infatti una sorta di orologio, rivelando con precisione l'ultima volta che questi sedimenti hanno visto la luce (l'esposizione al sole azzera qualsiasi precedente segnale di luminescenza). Questi dati sono stati poi combinati con le informazioni ottenute nei laboratori dell'università del Vermont dove gli scienziati hanno analizzato ill quarzo presente nel campione, alla ricerca di rari isotopi di berillio e alluminio che si formano per effetto dei raggi cosmici provenienti dallo spazio. Il rapporto tra questi due isotopi può consentire di individuare una finestra temporale che svela quanto a lungo sono rimaste in superficie le rocce prima di essere depositate sotto il ghiaccio.

A provocare questo scioglimento significativo dei ghiacci della Groenlandia era stata una fase di moderato riscaldamento delle temperature, avvenuta durante un periodo interglaciale denominato Marine Isotope Stage 11 e collocato tra 424.000 a 374.000 anni fa. In quel momento i livelli di anidride carbonica in atmosfera erano di gran lunga inferiori a quelli odierni (280 parti per milione, rispetto alle attuali 422 parti per milione) e proprio per questo motivo quanto accaduto in passato deve preoccuparci. 

“È la prima prova inconfutabile che gran parte della calotta glaciale della Groenlandia è scomparsa quando il clima si è riscaldato”, ha affermato Paul Bierman, geomorfologo dell’università del Vermont, che ha condotto lo studio insieme all’autore principale Drew Christ, alla professoressa Tammy Rittenour, direttrice del laboratorio di luminescenza della Utah State University, e ad altri diciotto scienziati di tutto il mondo.

Video realizzato dall'Università del Vermont che spiega come si è arrivati a comprendere che circa 400 mila anni fa gran parte della Groenlandia era priva di ghiaccio

Gli scienziati che hanno realizzato lo studio evidenziano che lo scioglimento su larga scala della calotta glaciale della Groenlandia accaduto circa 400 mila anni fa è un avvertimento che deve mettere in guardia dai pericoli che stiamo correndo oggi. Lo scenario a cui rischiamo di andare incontro, se non riusciremo a ridurre in maniera consistente le emissioni di CO2 in atmosfera e a contenere il riscaldamento globale, comporta anche conseguenze molto gravi in termini di innalzamento del livello del mare. Durante lo stadio isotopico marino, periodo interglaciale in cui si stima che le temperature fossero leggermente più calde di quelle attuali, lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia fecero aumentare il livello del mare di almeno un metro e mezzo ma parliamo di un periodo in cui, ovviamente, non c'erano città lungo le coste. Dal 1880 ad oggi il livello medio del mare è aumentato di oltre 20 centimetri e il rischio di inondazioni è uno scenario concreto per molte aree del mondo, tra cui città come New York City, Boston, Miami, Amsterdam, e con impatti disastrosi soprattutto per i paesi più poveri. 

La comprensione del passato della Groenlandia è quindi fondamentale per prevedere come la sua calotta glaciale potrà rispondere in futuro al riscaldamento climatico e questo nuovo studio indica che l'isola, attualmente abitata da circa 56 mila persone che vivono in larga parte lungo la costa, nei fiordi liberi da ghiacciai, è più sensibile ai cambiamenti climatici di quanto si pensasse in precedenza e corre il grave rischio di sciogliersi irreversibilmente. 

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