CULTURA

Leopardi e Gramsci, un azzardo di binomio

La coppia Leopardi-Gramsci trattata come un insieme (con o senza trattino) può sembrare un binomio azzardato e disordinato, qualunque sia la disciplina di riferimento e l’ordine scelto, cronologico o alfabetico. Il primo nacque molto più di due secoli fa, nel 1798, in una famiglia nobile di un isolato paesino italiano delle Marche pontificie; il secondo quasi un secolo dopo, nel 1891, in una famiglia abbastanza povera di un isolato paesino dell’isola sarda. Ovviamente il primo non parlò mai del secondo; Gramsci amava Leopardi e rifletté sul suo lascito, ma probabilmente non scrisse a riguardo parole o concetti rivoluzionari.

Inserire Leopardi e Gramsci in un medesimo esclusivo contesto culturale o letterario si può fare solo con qualche forzatura storica e libertà intellettuale. Però possiamo provare, con l’obiettivo di sollecitare pensieri freschi e affettuose critiche, risultando ancora oggi, entrambi, due delle personalità italiane più conosciute in patria e nel mondo e suscitando medesimi sentimenti di stima e affetto: è raro che, fra i nostri contemporanei, qualcuno apprezzi l’uno e non l’altro, quasi che fossero dentro un appassionato unitario filo di pensieri, laico acuto moderno, antiromantico antidogmatico antimoderato, anche se il primo visse prima degli ismi dell’Ottocento (darwinismo e marxismo fra gli altri), mentre il secondo divenne e rimase comunista.

Un primo forzato binario parallelo riguarda l’infanzia e l’adolescenza lontani dalle metropoli dei loro tempi, più sul polo campagna che sul polo città, un aspetto fondante il rapporto con la vita comunitaria e sociale della storia moderna e contemporanea. Erano di differente estrazione sociale, comunque vissero poi entrambi esistenze brevi e vagabonde, a lungo in contesti metropolitani, il primo nelle principali grandi città italiane, fuggendo là dal piccolo borgo natio che lo seduceva e imprigionava e morendo a Napoli; il secondo in grandi città italiane ed europee e, soprattutto, conoscendo oltre dieci anni di terribile prigionia materiale in vari carceri, morendo infine a Roma, ricoverato semi libero da pochi giorni. Ovviamente, molto va relativizzato: la campagna appenninica adriatica e la campagna insulare sarda non erano certo identiche, le grandi città operose e culturalmente vitali di due secoli fa sono decisamente diverse dalle grandi città operaie, colte e politicamente conflittuali di un secolo fa.

Un secondo forzato binario parallelo è l’aspetto fisico, una certa modesta altezza da una parte, la gracilità e la precoce inferma salute dall’altra. Leopardi e Gramsci soffrirono fin da giovani entrambi, fra l’altro, del morbo di Pott, una tubercolosi ossea extrapolmonare, che rese la loro immagine pubblica inconfondibilmente peculiare, quei grandi occhi e i capelli bizzosi, fari sopra un corpo deforme. Si tratta di una forte infiammazione del midollo osseo, un’infezione abbastanza rara (ancor più oggi) che spesso inizia in un singolo elemento e poi si estende ai dischi e alle vertebre adiacenti; dolorosa, gibbosa e tendenzialmente paraplegica, tanto più quando i moderni antidolorifici, antibiotici e la stessa fisioterapia non erano ancora usati.

Pur scherniti da alcune e alcuni coevi, l’ironico Leopardi e il sarcastico Gramsci non furono, comunque, né tetri né pessimisti, piuttosto capaci di accettare intelligentemente l’inevitabile ciclo delle illusioni storicamente determinate. Morirono relativamente giovani, a 100 anni di distanza l’uno dall’altro, nel XIX secolo a giugno 1837 Leopardi, nel XX secolo ad aprile 1937 Gramsci. Altrettanto ovviamente, anche riferendosi alle biografie, molto va relativizzato: le due effettive esistenze hanno geografia e storia, relazioni ed eventi, radicalmente incomparabili, sia il delicato rapporto con l’altro sesso che le scansionate ristrettezze economiche hanno avuto rilevanti pesi specifici.

Un terzo forzato binario parallelo attiene alle modalità di trasmissione del loro pensiero, pure esse da prendere in considerazione con le dovute differenze: anche poliedricamente multiforme per Leopardi, anche oralmente imponente per Gramsci. Poesie, operette, saggi, ma anche lettere e Zibaldone di pensieri per Leopardi. Relazioni, comizi, interventi in riunioni, ma anche lettere e Quaderni del carcere per Gramsci. Le lettere e gli appunti scientifici sono un loro proprio comune fondamentale strumento letterario che si è tramandato nel tempo con straordinarie forza ed efficacia, pur costituendo due generi contingenti e sui generis, goduti postumi da milioni di lettori.

Il parallelo meno forzato fra i due rispettivi scartafacci riguarda molteplici piani: la grafia chiara e leggibile (con poche correzioni e cassature); la non sistematicità delle opere e, pure, la loro interna coerenza; il procedimento “creativo” che inconsapevolmente si svela nelle stesure successive e ripetute di molti paragrafi con un piano (e indici e schedari) che via via si precisa e si aggiorna, in una continua rielaborazione, anche metaforica, di concetti, notizie, dati; il ritmo e il respiro straordinari della scrittura, che inevitabilmente non può condurre a risultati compiuti e definitivi, prigioniera di costrizioni materiali limitanti; la pubblicazione curata da altri, postuma, a lungo incompleta, con permanenti questioni filologiche e interpretative.

Il binomio è forzato ma fascinoso e non inedito, sottolineiamo ancora la necessità di cautela e pudore. Dopo Corrado Alvaro, fu forse il grande Pier Paolo Pasolini ad avere tra i primi la chiara percezione delle sottili affinità. Nella ragionata raccolta poetica Le Ceneri di Gramsci (1957) immaginò di rivolgersi alle spoglie del dirigente comunista perseguitato dal fascismo e propose versi di chiara ispirazione leopardiana alternando momenti autobiografici, passaggi lirici, brani argomentativi. Anni dopo Pasolini espliciterà una possibile analogia tra Gramsci e Leopardi nella narrazione Divina Mimesis (1975), rievocando, nei panni di un dantesco Virgilio, “Gramsci stesso… con la sua schiena di piccolo eretto Leopardi”, e sottolineando così la comunanza sia dell’aspetto fisico esteriore che dello sguardo lucido sulla realtà.

Innumerevoli cenni a Leopardi si ritracciano negli studi dedicati a Gramsci. E viceversa, in qualche minor modo. Il grande filologo Sebastiano Timpanaro compì a suo tempo (quasi cinquant’anni fa) un’analisi accurata dei luoghi testimoniali dell’interesse di Gramsci per Leopardi, ovvero delle citazioni di Leopardi redatte da Gramsci; complessivamente non tantissime, già negli articoli giovanili (1916 e 1920), poi nelle lettere (1927, 1932) e nei Quaderni (1930-35); quasi sempre indirette e perlopiù brevissime, interne ad altri pensieri e argomenti; con rari riferimenti a singole opere leopardiane (uno, significativo, al Pastore Errante nel Quaderno 6). Comunque, un possibile nesso fu evidenziato da molti fin dalla prima pubblicazione delle opere di Gramsci (1947), come Vigorelli e Gallo. Alcuni studiosi tentarono collegamenti organici rispetto ai temi letterari (Stipcevic, Bernardi, Guglielmi), non mancarono spunti in saggi e volumi collettanei.

Negli ultimi quaranta anni, di rado ma con rilievo, si è scientificamente trattato proprio il binomio: ne parlarono in modo argomentato e discutibile Carpi, Sanguineti, Gensini, Muscetta, Garin, Luperini; me ne occupai organizzando un convegno di italianisti e linguisti alla metà degli anni Ottanta; studiosi di varie discipline (come Giuseppe Prestipino, Gaspare Polizzi. Antonino Barbagallo, e altri) sono via via di continuo ritornati sul tema con acute riflessioni, talvolta trattando eventuali possibili prospettive di comune interesse (un futuro campo di ricerca potrebbe essere il rapporto con la scienza e le scienze), talaltra affrontando separatamente i due pensieri e valutando poi i punti di contatto, soprattutto connessi al rapporto fra intellettuali e società. Sembra acquisito ormai che entrambi abbiano affrontato con lungimiranza due crisi di transizione morale e politica verso l’uomo moderno, con scienza senza scientismo.

Vi sono poi binari paralleli indiretti: i testi disordinati tanto di Leopardi quanto di Gramsci sono stati “saccheggiati” alla ricerca di risposte su tutto, come fossero enciclopedie o vocabolari, autori della cui citazione fregiarsi su ogni aspetto del vivere civile, pubblico e privato; la strumentalità contingente dei riferimenti a uno qualsiasi dei due ha spesso condotto a scontri epici fra studiosi di varie discipline e di differenti tendenze sia su aspetti biografici che sulle ricostruzioni critiche, oppure a vere e proprie invenzioni (per Leopardi); nessuno ha potuto mai contestare l’incredibile fertilità di molte loro separate riflessioni scritte, pur accanto a elementi datati o contraddittori; nessuno si è mai pentito di continuare a rileggerli per far godere il proprio intelletto e i propri sensi, anche quando parlavano con freddo disincanto dei loro rispettivi dolori fisici, politici e morali; la fortuna e lo studio a livello internazionale dei due famosi italiani è da sempre in costante crescita, sia negli ambienti politico-culturali che nelle sedi universitarie-accademiche.

Si può forse sottolineare, infine, un ultimo identico binario sul quale Leopardi e Gramsci sono intangibilmente ben collocati, separati e distanti ma in buona compagnia: vanno frequentati ancora. La simpatica frequentazione dei due italiani è molto utile per cittadine e cittadini del XXI secolo e, credo, anche dei secoli a venire, congiunta o separata che sia. Capita di conoscere ottimi ragazzi o di avere buoni figli che nel loro percorso scolastico non sono stati indotti a leggere e studiare Leopardi o Gramsci, vi sono innumerevoli materie che giustificherebbero uno spunto: significa probabilmente che non hanno avuto sempre buoni insegnanti, ma nulla è perduto, amici e genitori possono parlargliene, presto o tardi. Capita di conoscere grandi scrittori che non li hanno mai letti: consigliare di arricchirsi con quei testi non potrà che migliorare la loro vita e, ulteriormente, le loro scritture. Capita di conoscere e incontrare uomini e donne che per mille ragioni non leggono, sono egualmente interessanti e vitali: chi vuol loro bene può raccontare qualcosa dei due, citare un verso o un episodio, suggerire un film o una trasmissione che li riguarda, aiutarli un poco in vario modo a colmare quella che era e resta una lacuna, Leopardi o Gramsci o altro illustre italiano perbene che sia la vostra occasione. Per quanto mi riguarda, continuerò a leggerli e leggerne, parlarne e scriverne, vinculi o disgiunti, anche in pubblico (come presto in una conferenza a Senigallia).

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