SCIENZA E RICERCA

Il nitrato di ammonio di Beirut

Nel pomeriggio del 4 agosto 2020, due esplosioni hanno devastato il porto di Beirut. La seconda, molto più potente della prima, ha provocato almeno 203 morti e 6.500 feriti e ha lasciato senza casa 300.000 persone. I danni sono stati stimati in 10-15 miliardi di dollari. Le immagini dell’esplosione, colte da più smartphone, sono state diffuse da internet in tutto il mondo in brevissimo tempo.

Il governo libanese ha attribuito l’esplosione all’incendio di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, immagazzinate in un deposito del porto. Secondo indagini giornalistiche, il nitrato d’ammonio sarebbe arrivato a Beirut nel novembre 2013 a bordo del mercantile MV Rhosus, battente bandiera moldava, che proveniva dalla Georgia ed era diretto in Mozambico. Dopo l’arrivo a Beirut, nave e carico sarebbero stati confiscati dal governo libanese nel febbraio 2014, in seguito a fatture e penalità non pagate. Date le precarie condizioni del mercantile, il carico fu immagazzinato a terra senza particolari cautele, mentre il Rhosus da lì non si mosse più e affondò nel porto di Beirut nel 2018. Quel carico di nitrato di ammonio aveva il potere deflagrate di circa 1,2 chilotoni. Per confronto, Fat Boy, la bomba atomica sganciata su Hiroshima (della quale è ricorso l’08 agosto il 75 anniversario) era da 12 chilotoni. Ha causato costernazione il fatto che una tale quantità di materiale potenzialmente esplosivo sia stata conservata così a lungo all'interno di un magazzino, così vicino al centro della città, senza adeguate misure di sicurezza. Saranno le indagini, forse, a chiarire i retroscena del fatto, che potrebbero rivelarsi complessi, in un area così complicata dal punto di vista geopolitico.

Vorrei qui invece gettare un po’ di luce sugli aspetti scientifico-tecnici del fatto, in prospettiva storica, per chiarire, almeno in parte, come mai sostanze così pericolose vengono trasportate in grandi quantità e gestite in modo inadeguato. Va detto anzitutto che, da quando è iniziata la loro produzione industriale, i composti azotati trovano due impeghi fondamentali: nei fertilizzanti e negli esplosivi. L’importanza dei fertilizzanti artificiali realizzati con composti azotati in sostituzione di quelli naturali fu chiara dalla metà dell’Ottocento, dopo che da tempo la produzione tradizionale di stallatico era divenuta insufficiente e le riserve naturali di guano delle isole peruviane Chincha andavano esaurendosi. Ma fu solo all’inizio del Novecento che i metodi di produzione furono industrializzati su grande scala.

Nel 1903–1905 furono avviati i primi impianti per fissare l’azoto atmosferico mediante arco elettrico (processo Birkeland-Eyde) vicino ad Oslo, sfruttando la disponibilità di energia idroelettrica a basso costo della Norvegia. La produzione aumentò dalle 1.600 tonnellate del 1907 alle 109.000 del 1919, quando declinò in seguito all’affermazione di metodi più competitivi. Negli stessi anni, tra il 1905 e il 1910, i chimici tedeschi Adolph Frank (1834–1916) e Nikodem Caro (1871–1935) svilupparono il processo Frank-Caro. Sfruttando temperature di 700–800°C questo produceva calciocianamide, che poteva essere usata come fertilizzante. Alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX la produzione di calciocianammide forniva uno dei metodi industriali per fissare l'azoto atmosferico, da cui si poteva produrre ammoniaca e urea. Gli impianti avviati in Germania, Italia, Canada, Francia e Giappone col processo Frank-Caro raggiunsero una produzione di 20.000 tonnellate nel 1910, che tre anni dopo erano decuplicate. 

Furono ancora due tedeschi, Fritz Haber (1868–1934) e Carl Bosch (1874–1940), a sviluppare nel 1910 il metodo di sintesi industriale dell’ammoniaca chiamato processo Haber-Bosch, che fu più importante dei precedenti ed inaugurò una nuova era nella chimica industriale. Basato sulla catalisi ad alta pressione ed alta temperatura a partire da azoto atmosferico e idrogeno, fu industrializzato dalla BASF nell’impianto di Oppau, in Germania meridionale, che entrò in funzione del 1913 e permise di produrre ammoniaca su larga scala (20 tonnellate al giorno nel 1914), trovando diretto impego nella produzione di fertilizzanti. La sua realizzazione richiese un enorme impegno tecnico e finanziario. La britannica Mond impiegò otto anni, col sostegno governativo, a realizzare un impianto analogo a quello di Oppau. Durante la prima guerra mondiale, i Tedeschi utilizzarono l’ammoniaca del processo Haber-Bosch per produrre per ossidazione acido nitrico impiegato nei propellenti per munizioni, in sostituzione del nitrato di sodio che si sarebbe dovuto importare dal Cile con una linea di approvvigionamento lunga e insicura. Fu il processo Haber-Bosch che assicurò alla Germania le munizioni durante il conflitto: con tale metodo nel solo 1918 i Tedeschi produssero 185.000 tonnellate di azoto.

Haber fu uno scienziato straordinario ma la sua memoria è oscurata da pesanti ombre. Inventò il ciclo Born-Haber (per studiare le energie di reazione) e la reazione Haber-Weiss (per produrre radicali idrossilici). Ideò anche un metodo per diffondere il cloro gassoso, il terribile gas tossico impiegato nella Prima Guerra Mondiale, e lo Zyclon-B, il gas tossico concepito come antiparassita ma che fu usato, dopo la sua morte, nelle camere a gas dei campi di concentramento nazisti (per tragica ironia Haber era ebreo). Per la sintesi dell’ammoniaca ad Haber fu assegnato il premio Nobel per la chimica del 1918 (lo ritirò nel 1919), curiosamente dopo che altre sue invenzioni erano state usate per produrre esplosivi e gas tossici durante il conflitto. Anche Bosch ottenne il Premio Nobel, insieme a Friedrich Bergius nel 1931 per i processi chimici in alta pressione che aveva industrializzato.

L’impiego dell’ammoniaca nella produzione economica dei fertilizzanti solfato di ammonio e nitrato di ammonio continuò a crescere nel periodo di pace tra le due guerre mondiali grazie a nuovi processi. Contributi importanti alla produzione di ammoniaca, sottraendola ai brevetti tedeschi, vennero dall’ingegnere chimico francese Georges Claude (1870–1960) nel 1917, che sviluppò impianti funzionanti in condizioni estreme, e dagli italiani Luigi Casale (1882–1927) nel 1919 e Giacomo Fauser (1892–1971) nel 1920, che introdussero modifiche sostanziali rispetto al processo Haber-Bosch. Dagli anni venti i loro metodi, protetti da brevetti italiani controllati dalla società Montecatini, si diffusero in tutto il mondo. Peraltro in varie nazioni l’acido nitrico che se ne otteneva fu usato prevalentemente per produrre munizioni: nel 1937 il 65% della produzione statunitense fu destinata a questo impiego.

Dopo il 1945 l’uso dei fertilizzanti azotati aumentò ancor più drasticamente. Attualmente metà della produzione alimentare mondiale  si basa su fertilizzanti azotati sintetici: letteralmente essi sfamano il mondo.

Non hanno però mai perso la loro pericolosità. Per indicare solo i maggiori, nel grande impianto della BASF a Oppau il 21 settembre 1921 si verificò una micidiale esplosione di 450 tonnellate di nitrato di ammonio che era immagazzinato in un silos. L’esplosione di Oppau causò oltre 500 vittime, 2.000 feriti e la devastazione dell’area circostante. Distrusse tetti e vetri di case a 25–30 km di distanza e la deflagrazione fu sentita chiaramente a Monaco, a più di 300 km. Durante la seconda guerra mondiale, il 29 aprile 1942 a Tessenderlo (Belgio) 150 tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinate nell'impianto della Produits Chimiques de Tessenderlo, esplosero uccidendo 189 persone tra addetti e cittadini. Dopo la guerra, il 16 aprile 1947 si sviluppò un incendio a bordo della nave francese Grandcamp ancorata nel porto di Texas City (USA) che innescò l’esplosione di 2.300 tonnellate di nitrato di ammonio stivato a bordo causando oltre 581 morti, compresi quasi tutti i vigili del fuoco della città. L’esplosione fu udita a 240 km di distanza. 

I composti azotati hanno continuato a causare disastri anche in anni più recenti, nonostante gli standard di sicurezza siano molto migliorati. Il 21 settembre 2001 un’esplosione alla AZF di Tolosa (Francia) causò 31 morti e 2.442 feriti. Il 22 aprile 2004, si verificò il disastro ferroviario a Ryongchŏn, una città nordcoreana vicina al confine cinese: fu prodotto dall’esplosione di un carico di nitrato di ammonio ed uccise 54 persone, ufficialmente, ma subito dopo l'incidente il governo nordcoreano bloccò ogni comunicazione e secondo i media sudcoreani le vittime sarebbero state circa 3.000.  Il 12 agosto 2015, in una stazione di container nel porto cinese di Tianjin una serie di esplosioni di nitrato di ammonio uccise 173 persone, tra cui 104 vigili del fuoco, e causò 8 dispersi e 798 feriti, secondo i rapporti ufficiali. Le prime due esplosioni si verificarono a 30 secondi l'una dall'altra. La seconda, alimentata da 800 tonnellate di nitrato di ammonio, fu di gran lunga la più devastante. Gli incendi continuarono a bruciare in modo incontrollato per tutto il fine settimana, provocando otto ulteriori esplosioni.

Dunque, a ben guardare, l’esplosione di Beirut dello scorso agosto non è un fatto così eccezionale, né e difficilmente ripetibile, specie quando permangono condizioni di sicurezza troppo precarie, come spesso avviene per varie tecnologie pericolose che sono gestite in modo inadeguato in tanta parte del mondo. Questa è la breve storia del nitrato di ammonio, indispensabile ma micidiale. Non è difficile considerare altri esempi di conquiste scientifico-tecnologiche che elargiscono doni straordinari dalle loro cornucopie, capaci di sfamare e gestire un mondo sempre più popoloso e complesso, ma che di tanto in tanto fatalmente si trasformano in novelli Minotauri ed esigono i loro terribili tributi. E se le esplosioni di 75 anni fa di Hiroshma e Nagasaki troppo facilmente esemplificano utilizzi perversi, che tutti  facilmente rifiutiamo, in altri casi le lusinghe scientifico-tecnologiche sono molto più insidiose perché subdole come il canto delle sirene e non sempre, o forse mai, abbiamo chi ci lega all’albero della nostra nave. Quanto aveva visto in là Norbert Wiener nel 1964 quando scriveva “I nostri nuovi schiavi … chiedono moltissimo alla nostra onestà ed intelligenza. Il mondo del futuro sarà una battaglia sempre più impegnativa contro le limitazioni alla nostra intelligenza, non un’amaca confortevole su cui stenderci serviti dai nostri schiavi meccanici”. Pochi anni dopo, nel 1968, Georges Elgozy aggiungeva “(…) l’errore consiste nel credere che il comfort, (…) le grandi possibilità materiali siano i soli vantaggi della civiltà (…) Ma il benessere e la sicurezza (…) possono danneggiare la vita quanto i disagi e la mancanza di sicurezza.”

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