CULTURA

Padova, la comunità ebraica e l’università

L’incendio avvolge lo spettatore, sviluppandosi su due pareti della sala. Si ha la sensazione di trovarsi dentro le fiamme, le stesse che nel maggio 1943 distrussero la sinagoga tedesca, nel ghetto del centro storico dove oggi si trova il Museo della Padova ebraica, inaugurato nel giugno 2015.

 La video-installazione realizzata dal regista e ricercatore Denis Brotto del Disll, dipartimento di Studi linguisti e letterari dell'università di Padova, si chiude con il fuoco, dopo aver raccontato la storia della comunità ebraica attraverso le esistenze di dieci illustri personaggi legati alla città, interpretati da altrettanti attori, in un viaggio nel tempo che dal Quattrocento arriva ai giorni nostri, utilizzando efficaci e originali soluzioni narrative, visive e sonore. Judah Minz, tra le più eminenti autorità rabbiniche del secolo XV, fondatore della prima accademia rabbinica Yeshivà, Meir Katzenellenbogen, Isaac Abravanel, Samuel David Luzzatto (Shadal), Moshè Chayyim Luzzatto (Ramhal), Moshè David Valle, fino a Leone Romanin Jacur, Giacomo Levi Civita, Leone Wollemborg e Vittorio Polacco. Vite strettamente legate ai luoghi di Padova: dalla sinagoga italiana ai sotterranei dell’ex sinagoga di rito tedesco, dalle corti del ghetto ai cimiteri ebraici, all’ex convitto rabbinico all’università, spazio di integrazione tra differenti culture.

Il museo in via delle Piazze è dedicato alla tradizione e alla cultura ebraiche ed espone contratti matrimoniali, candelabri, testi di preghiera e spartiti musicali provenienti dalla collezione della comunità padovana o da donatori privati, oggetti custoditi ora nelle vetrine di un'unica ampia sala. 

A partire dal secolo XVI l’università di Padova iniziò ad ammettere alla laurea studenti ebrei, e fu l’unica in Europa, permettendo a ebrei e cristiani di confrontarsi su un piano di semi-eguaglianza anche se, a volte, i giovani ebrei, che studiavano Medicina e al tempo stesso frequentavano i corsi di Talmud alla Yeshivà di Padova, venivano sottoposti a pressioni e costretti a pagare una tassa ai nuovi laureati. Provenienti dalla Germania, dalla Polonia ma anche dal Levante, tra il 1517 e il 1619 furono circa 80 gli ebrei che si laurearono in Medicina, tra il 1619 e il 1721 se ne aggiunsero altri 129.

“Abbiamo deciso di far rivivere rabbini e altre grandi personalità della comunità ebraica che volevamo far conoscere anche ai più giovani – spiega Brotto -. Tra questi, Giacomo Levi Civita, che fu sindaco della città all’inizio del Novecento, e suo figlio Tullio, grande matematico che insegnò a Padova (il dipartimento di Matematica porta il suo nome, ndr). E ancora, Wollemborg, che donò all’ateneo un palazzo in via del Santo, ora sede universitaria, e il rettore Polacco”. E Brotto aggiunge: “È una storia significativa sia per l’università che per la comunità ebraica. Ricordiamoci che l’ateneo padovano fu il primo ad accogliere studenti ebrei”.

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