SOCIETÀ

Quale viabilità per andare rapidi e sicuri nelle aree urbane: ancora sui 30 km/h

Le opinioni dei tassisti sulla viabilità urbana sono abbastanza stabili nel tempo e nello spazio. Difficile rintracciare analisi scientifiche di psicologi, sociologi e urbanisti. Tuttavia, l’esperienza personale di tanti utenti nel corso dei decenni, durante i frequenti occasionali allegri incontri e ascolti, registra che le scelte fatte dalle amministrazioni comunali di quasi tutte le città, medie e grandi, passate e recenti, governate da maggioranze di centrodestra o di centrosinistra, guidate da sindaci antipatici o simpatici sarebbero state sbagliate, quasi tutte quasi sempre, alla prova rumorosa del punto di vista degli stessi autisti dei taxi anche nelle versioni raccolte nel corso di analoghi servizi offerti da Nacc o Uber. Le opinioni sono state espresse frequentemente con motivazioni urbanistiche ed esempi concreti, in modo perlopiù poco flessibile ma molto appassionato.

Chissà perché, è però passata sotto quasi unanime silenzio della stampa nazionale una sentenza di un tribunale amministrativo regionale di circa un mese fa, con notevole valore nazionale e internazionale: il Tar Emilia-Romagna, con sentenza depositata l’11 novembre, ha respinto, dichiarandolo inammissibile, il ricorso proposto la scorsa primavera 2024 da due tassisti per annullare i provvedimenti del progetto “Bologna Città 30”, contro i quali si era costituito in giudizio anche il ministero dei trasporti. Abbiamo già esaminato alcune esperienze relative al limite di velocità di trenta all’ora in varie aree urbane europee, a partire dalla scelta operata nella grande città francese di Tolosa a partire dall’inizio di gennaio 2024. Quasi in contemporanea, nel corso del 2023 anche la capitale emiliana aveva iniziato a fare altrettanto e, forse, molti ricorderanno le aspre polemiche istituzionali e politiche che riempirono le cronache giornalistiche delle maggiori televisioni e dei maggiori quotidiani italiani nei primi mesi dell’anno.

Lo studio mal interpretato

Nel gennaio 2024 si sviluppò una feroce campagna contro la giunta di Bologna, titoli in copertina e prima pagina, interviste e pareri con giudizi pesanti, quasi un linciaggio politico-istituzionale da parte di alcune testate. Risulta strano che da marzo la vicenda sia scomparsa dalle cronache, uno dei tanti fuochi fatui di un certo diffuso modo di intendere il lavoro editoriale e la professione giornalistica. Un piccolo ritorno di interesse scandalistico vi è stato solo a luglio 2024, connesso alla distorta interpretazione di un singolo dato all’interno di uno studio ricco di materiali in materia. In quei giorni molti media rilanciarono i presunti risultati di un forum sulla mobilità promosso dal Gruppo Unipol, tenutosi a Milano l’8 luglio. I temi erano tanti, alcuni media si focalizzarono soltanto sulla questione del limite di velocità, sintetizzando ulteriormente sulla base dell’estrapolazione distorta di un dato: il prestigioso Massachussets Institute of Thecnology (MIT) avrebbe segnalato che con il limite dei 30 ci sarebbe stato ancor più inquinamento a Milano.

Qualcuno a luglio aveva addirittura confuso l’istituzione scientifica statunitense MIT con il ministero italiano dei Trasporti. Non è così, falso. Lo studio internazionale diceva altro. L’analisi comparata di quaranta città europee adottanti il nuovo limite ha complessivamente evidenziato i benefici in termini di maggiore sicurezza, mobilità attiva, vivibilità, riduzione del rumore, inquinamento e congestione, come confermato dall’ascolto (o dalla lettura) delle relazioni e dalle interviste dei ricercatori, nell’immediato e con i successivi chiarimenti. In particolare, sono stati statisticamente registrati come dati medi, considerando tutte le 40 città europee questi rilevanti effetti: -23% incidenti, -37% morti, -38% feriti, -18% emissioni, -2,5 dB rumore, -7% consumi di carburante, -2% traffico. Pure rispetto al capoluogo lombardo il lancio di agenzia fu malevolo.

Dall’analisi applicata a Milano (sulla base dei dati forniti da Unipol Tech registrati dalle scatole di bordo degli assicurati) risulta che la velocità media dei viaggi urbani all’interno del Comune è già oggi di 28 km/h, ovviamente con delle punte in più e in meno. La velocità media sale a 44 km/h per gli spostamenti suburbani. Il 66% di tutti i viaggi 2023-2024 hanno una velocità media inferiore a 30 km/h. Per valutare gli effetti del limite a 30 solo sulla città di Milano sono stati simulati diversi scenari, suddividendo il territorio in quattro zone, distinguendo strade primarie, secondarie, terziarie e residenziali.Riassumendo, è risultato che il tempo medio di viaggio, con l’introduzione dei 30 km/h, sarebbe aumentato solo fino a un massimo di 89 secondi, pari al 7% in più (un minuto e mezzo!). Quanto alle emissioni inquinanti, in particolare monossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO2), ossidi di azoto (NOx) e particolato (PM), le simulazioni hanno evidenziato un incremento delle emissioni di +1,5% per la CO2 e +2,7% per il particolato, un dato tuttavia riferito a elementi specifici.

L’intervallo di tempo preso in esame era ancora breve rispetto ad altre contingenze climatiche e ambientali (oltretutto non si è ovviamente considerata la “qualità”  dei veicoli, a tutt’oggi “progettati” per avere maggiore efficienza in termini di consumi a velocità più alte): i ricercatori del MIT hanno inoltre espressamente sottolineato che il campione era riferito solo alle strade non primarie, mentre il dato dell’inquinamento riguardava l’intero territorio comunale, e che quei valori non tenevano poi ancora conto della riduzione dei viaggi con veicoli privati a motore termico, indotti dai limiti di velocità, né della maggior fluidità del traffico (meno accelerazioni, che causano la maggiore quota di emissioni inquinanti). Di conseguenza, questa è la loro conclusione, in linea con le altre evidenze europee, anche l’inquinamento urbano complessivo milanese sarebbe diminuito. Attendiamo con serenità ulteriori verifiche.

In media e in sintesi, l’applicazione di limiti di velocità di 30 km/h ha statisticamente e scientificamente comportato una certa forte riduzione degli incidenti stradali, degli infortuni e dei decessi. Inoltre, lo studio comparato ha trovato indizi che, in linea di massima, 30 km/h sono buoni per l’ambiente e la salute (anche se questi risultati sono meno robusti a causa di poche città che hanno raccolto dati su questi temi), con una riduzione media delle emissioni, dei livelli di inquinamento acustico, del consumo di carburante. Il limite di velocità a trenta risulta una scelta sempre più diffusa in tutt’Europa, una tendenza avviata episodicamente decenni fa, ormai estesa e generale. Due interi paesi hanno ora limiti di velocità predefiniti di 30 km/h: dopo la Spagna che lo ha fatto nel 2021, il Galles ha introdotto un limite di velocità generale di 20 miglia all’ora (mp/h) per le strade residenziali nel 2023. Una nuova legislazione recentemente approvata in Austria e Germania facilita l’introduzione di zone a 30 km/h nelle città. Aldilà delle norme generali e astratte, sempre più amministrazioni pubbliche locali si sono messe sulla stessa “strada”: i primi battistrada furono Graz, Stoccolma, Gand e Grenoble, poi decine di grandi città come Parigi, Madrid e Bruxelles, e più recentemente Amsterdam, Milano e Bologna, hanno introdotto un limite di velocità predefinito di 30 km/h per molte all’interno dei propri confini cittadini.

Torniamo rapidamente alla citata sentenza del Tar, relativa a Bologna. Dopo la già avvenuta rinuncia dei ricorrenti alla sospensiva urgente nell’udienza cautelare del 16 aprile e a seguito della discussione nell’udienza di merito del 23 ottobre, pronunciandosi in via definitiva, il tribunale amministrativo ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire: non sono stati dimostrati né una lesione effettiva e attuale a interessi economici, né un danno concreto all’attività imprenditoriale dei tassisti derivante dall’abbassamento della velocità a 30 km/h in determinate strade cittadine. Anzi, la misura viene esplicitamente riconosciuta come funzionale alla tutela della pubblica incolumità. Secondo la sentenza risulta evidente la “mancanza di dati oggettivi e concreti sugli effetti economici della lamentata riduzione delle corse”. I giudici hanno espressamente riconosciuto che il provvedimento non viola il diritto costituzionale alla mobilità né ostacola il lavoro.

Secondo la sentenza, l’applicazione dei 30 km/h non limita la libertà per i cittadini di muoversi, vivere e lavorare in città, ma semplicemente (considerando anche i progetti internazionali, europei e nazionali, le evidenze scientifiche e i dati statistici) stabilisce una regola di natura tecnica, non politica, per garantire la sicurezza stradale e la vita umana, oltre a un traffico urbano più ordinato.Il Tar ha inoltre dichiarato inammissibile l’intervento di un consigliere comunale di Bologna a sostegno delle ragioni dei tassisti ricorrenti (“non ha dimostrato di essere titolare di un interesse concreto e attuale a censurare gli atti impugnati”) e, viceversa, ha ammesso l’intervento dell’AIFVS (Associazione Italiana Familiari e Vittime sulla Strada), a sostegno di Bologna Città 30 per prevenire nuove tragedie evitabili anche grazie a velocità più sicure, intervenuta nel processo insieme alla Fondazione Michele Scarponi.

Le stime sugli incidenti stradali

A metà novembre 2024 l’Istat ha pubblicato le stime preliminari sugli incidenti stradali in Italia nei primi sei mesi del 2024, un aumento di quelli con lesione a persone (+0,9 per cento), dei feriti (+0,5) e delle vittime (+4, purtroppo), queste ultime sia sulle strade urbane (+7,9, terribile) sia su quelle extra urbane (+1), mentre sarebbero diminuite in autostrada (-13,9). A fine novembre è stato anche approvato dal Parlamento italiano il nuovo Codice della strada proposta dal governo Meloni e, in particolare, dal ministero dei Trasporti (già una direttiva ministeriale emanata il primo febbraio 2024 aveva fortemente limitato la possibilità di imporre il limite dei 30 km orari in intere città o grandi aree). Rispetto al limite di velocità e ai controlli nelle aree urbane, il nuovo codice reintroduce un iter burocratico più complesso per diminuire il limite da 50 a 30 (la semplificazione era stata prevista nel 2009 dal governo Berlusconi IV su sollecitazione di molti sindaci dell’allora centrodestra) e introduce un obbligo di richiesta al prefetto per la possibilità di utilizzare gli autovelox. Difficile prevedere ora gli effetti pratici, il messaggio è certamente contrario a chi ha assunto o vuole assumere il limite di 30 in alcune aree urbane della propria città.

Esistono molti studi scientifici e ricerche internazionali che confermano le utilità della riduzione del limite (come sopra ricordato), sempre più città lo stanno adottando in Europa e altrove (va ribadito), i sondaggi generali di opinione (e le votazioni amministrative) sembrano oltretutto veder crescere il consenso favorevole alla misura. Una recente indagine giornalistica europea sottolinea che nessuna delle città europee che ha ridotto il limite di velocità a 30 km/h se ne pente. La nuova normativa verrebbe apprezzata perché riduce gli incidenti, rende i trasporti più sicuri ed incoraggia le persone a utilizzare mezzi pubblici e bicicletta, facilita il turismo e molte attività commerciali, al contempo migliorando la qualità dell’aria e limitando l’inquinamento acustico. Il team di giornalisti di Eurologus ha raccolto l’opinione di rappresentanti delle istituzioni e delle comunità locali in città come Graz, Helsinki, Bruxelles, Zurigo, Glasgow, Budapest, ma anche in Germania e in Italia: l’introduzione del limite dei 30 orari apparirebbe funzionare egregiamente in tutte le città interessate. Sebbene una parte degli abitanti inizialmente avesse forti dubbi, oggi, nei luoghi in cui si è optato per la riduzione del limite di velocità, non ci sono resoconti di nuove campagne negative. 

La singola regola di ridurre la velocità per “legge” non risolve i vari innumerevoli problemi della viabilità cittadina, diamolo cortesemente per scontato, sicuramente nell’immediato e forse nemmeno in prospettiva. Quasi il sessanta per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane, spostarsi da i luoghi ove si mangia o dorme, soli o con altri, ai luoghi ove di svolgono altre attività, più o meno libere da scadenze, è ovunque un gran problema quotidiano per miliardi di donne e uomini, anziani e disabili, bambine e bambini. C’è chi cammina quasi sempre (se ne è nelle condizioni fisiche e sociali), c’è chi non fa un metro senza la propria auto o il proprio motorino, chi va con i mezzi pubblici se possibile, chi prova ad adottare modalità diverse di trasporto, compresa soprattutto la bicicletta. Le variabili sono molteplici, nel giudizio sulla viabilità un po’ tutti siamo condizionati quasi soltanto dal mezzo personalmente adottato, per opportunità o lavoro, compresi i tassisti. Quando ci si muove, gli altri tendono a essere considerati ostacoli fra il punto di partenza e la meta.

Forse è opportuno assumere un approccio condivisibile per tutti i mobili esseri umani urbani: in città potrebbe essere sempre meglio andare a passo d’uomo. Uomo e donna sapiens. Certo, forse non nelle strade di scorrimento, talvolta non nei viali alberati, meglio non quando ci sono due o più corsie nel proprio senso di marcia motorizzata. Valuti chi di dovere. Comunque, ci sia o meno il cartello con il bordo rosso che dice di non superare i trenta nel proprio tachimetro, se si è al volante riconvertiamo la testa ad andare piano. Per ognuno di noi non sarà facile e scontato, ci mancherebbe. C’è un atteggiamento psicologico che assumiamo ogni volta che ci mettiamo alla guida, risulta studiato da tanti ricercatori di varie discipline, spesso è introiettato nel profondo. Possiamo tentare di distinguere: laddove circolano anche persone a piedi e in bici (non in autostrada e superstrada, per esempio), laddove vi sono parcheggi e marciapiedi ai lati, laddove si affrontano spesso passaggi di attraversamento della via di fronte a noi, si sceglie di limitare al minimo la pressione sull’acceleratore. Soprattutto come libera scelta di rispetto, non prioritariamente come rispetto di un obbligo.

Muoversi in modo rapido e sicuro è sempre un fatto relativo. Nessuno ci eviterà probabilmente traffico e file in determinate frequenti situazioni, subire attraversamenti pedonali con il telefonino incollato, parcheggi in seconda o terza fila, manovre discutibili, arrabbiature e improperi, ansia. In auto o moto, accettare il limite di 30 in alcune aree urbane, impone una considerevole riconversione mentale e comportamentale. I casi della vita ci faranno trovare comunque di fronte a inciampi e incidenti, avranno un impatto relativamente minore se capiamo che andare lì a passo d’uomo è utile alla (nostra) convivenza civile. Inutile citare qui ancora solo studi e statistiche, adottiamolo come principio di rapidità e sicurezza, relativamente maggiori.

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