CULTURA

Venezia 75: dov'è finito Zerocalcare?

Era quello che i fan della prima ora di Zerocalcare temevano di più: la delusione di fronte alla trasposizione cinematografica delle tavole del loro beniamino. La sfida era ambiziosa: portare al cinema un fumetto (supereroi a parte) non è di sicuro un'operazione banale, specie se vanta dei fan critici e vagamente nerd. La prova dell'esordiente Emanuele Scaringi che arriverà nelle sale il 13 settembre si guadagna un sei abbondante e non sfigura nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia.

La produzione del film è stata travagliata: Michele Rech, ovvero Zerocalcare, aveva cominciato a lavorare alla sceneggiatura con Valerio Mastandrea, che però ha abbandonato il progetto in corso d'opera. Ed è proprio la sceneggiatura il punto debole del film: a tratti sembra poco coesa, con episodi che, per quanto divertenti, spuntano senza una motivazione sufficientemente forte (è il caso del cameo di Adriano Panatta, che per quanto godibile e ben interpretato non dà nulla di più alla storia). Inoltre fondere il ritratto della condizione giovanile, tra lavoro precario e bollette da pagare, con il tentato superamento del lutto per la morte di un'amica è davvero troppo per una pellicola di due ore. Nel fumetto funzionava, ma questo è lo scotto da pagare quando si passa da un mezzo all'altro: qualcosa va sacrificato, e non farlo significa peccare di ambizione. Inoltre la costante ironia di Zerocalcare si sente solo fino a un certo punto: le scene sono divertenti, ma non emerge quella vis polemica che si nasconde in tutto il fumetto, e il film si trasforma in un'accozzaglia di episodi slegati tra loro e spiaccicati sul grande schermo, a beneficio di tutti coloro che Zerocalcare non lo hanno mai letto. Sarà per questo che l'autore del fumetto a Venezia non si è visto?

Veniamo invece alle cose positive: gli attori sono quasi tutti di livello, Pietro Castellitto (Secco) su tutti. Simone Liberati, anche se forse un po' troppo muscoloso per il ruolo di Zero, non fa rimpiangere la versione cartacea, e Valerio Aprea come armadillo è perfetto, cinico al punto giusto, ma capace anche di sporadiche prove d'affetto.

Di livello anche la presentazione della geografia di Rebibbia, la "casa" del protagonista, che si rifiuta di muoversi da questo suo mondo che, per quanto bistrattato, è il migliore dei mondi possibili. La fotografia si fonde perfettamente con il linguaggio (di cui lo spettatore non autoctono rischia di non afferrare tutto), così diverso dal romano di Sulla mia pelle. "Quello era proprio Roma sud - commenta un passeggero del vaporetto con accento romano (probabilmente di Roma nord) - ma per fortuna c'avevate i sottotitoli in inglese".

In conclusione, questa pellicola piacerà. È gradevole, divertente, e dipinge uno spaccato di Roma che, almeno per gli stranieri, è molto ben costruito. Se però volete trovare lo spirito autentico di Zerocalcare, consigliamo di leggere i suoi fumetti: ne vale la pena.

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