CULTURA

Spazio, ultima frontiera: qui Enterprise…

Ben prima del successo planetario di Star Wars, ben prima che Steven Spielberg facesse sognare generazioni con il suo ET, un piccolo e semisconosciuto sceneggiatore e produttore televisivo ideò una serie di fantascienza che ancora oggi – a 50 anni di distanza (l’anniversario cade il 6 settembre) – riesce a ottenere i successi che all’epoca, in parte, le vennero negati. Lui è Gene Rodenberry, la serie – nel caso non lo si fosse ancora compreso – è Star Trek.

La serie venne pensata nel 1964. In un periodo in cui la fantascienza era appannaggio dei bambini, Rodenberry volle invece tentare la strada del pubblico adulto, fondendo assieme una combinazione tra due serie, Buck Rogers e Flash Gordon, con il nome iniziale di Wagon Train to the Stars.

Per i più, tra battute di spirito per i “pigiamini”, le divise indossate dai protagonisti, Star Trek è sinonimo certamente di esplorazione spaziale, di viaggi oltre la velocità della luce e del mitico teletrasporto. Ma il telefilm deve parte della sua fama soprattutto alla visione del futuro dell’umanità impressa dal suo creatore: pacifica e unita, priva di barriere sociali ed economiche e priva di guerre. Un’utopia, la stessa che impedì alla serie di uscire sugli schermi nel 1964: nessuna major di Hollywood era convinta del successo di un mondo così pacifico e lontano dalla realtà. Ma la Cbs, il 6 settembre del 1966, si convinse a mandare in onda la puntata pilota. Le reazioni furono tiepide, tanto che dopo appena due stagioni Star Trek venne interrotto per mancanza di ascolti.

Resta da capire, a distanza di quasi 50 anni esatti, che cosa abbia impresso allora il successo che si traduce, ancora ai giorni nostri, con tre recenti film campioni di incassi (anche se lontani dalla “filosofia originale” degli anni Sessanta – Star Trek del 2009, diretto da Abrams, Into the Darkness, 2013 e, da poco uscito, Star Trek Beyond) e una nuova serie televisiva in uscita nei primi mesi del 2017.

Rodenberry fu sicuramente un visionario per quanto già anticipato: uomini senza costrizioni in un futuro in cui la chiave del progresso era rappresentata dalla scienza e dall’esplorazione del diverso. Ma fu un visionario anche nel modo di rappresentare i suoi personaggi sul set. In un periodo in cui negli Stati Uniti le questioni razziali erano tutt’altro che sopite (non lo sono nemmeno ora), Star Trek mandò nelle case dei telespettatori l’immagine del tenente Uhura (al secolo Nichelle Nichols), attrice, non solo di colore, ma che occupava – con il suo personaggio – un ruolo da ufficiale, contrariamente a quanto si fosse abituati all’epoca. E, in epoca di piena guerra fredda, a interpretare l’ufficiale tattico c’era il guardiamarina Pavel Chekov (Walter Koenig). Un russo e, guarda caso, come addetto agli armamenti.

Bastò poco e, da una ristretta cerchia (di nerd, soprattutto), i fan divennero centinaia di migliaia, tutti uniti nella visione pacifista del fondatore Rodenberry. Una mania tale da costringere la Cbs a far ripartire la produzione del programma e poi a ricrearla, alla fine degli anni Ottanta con una serie – Star Trek, the next generation – che decretò il successo su larga scala del telefilm fantascientifico. Personaggi come il capitano Jean Luc Picard (interpretato dall’attore teatrale inglese Sir Patrick Stewart) imprimono nuovi concetti alla filosofia originale, svecchiandoli e rendendoli attuali rispetto al nuovo periodo storico in cui si inseriscono.

Tributi per la serie piovvero anche dalla Nasa, che -  proprio in onore di Star Trek - chiamò uno dei suoi shuttle con il nome del simbolo della serie: l’astronave Enterprise. Di recente, tanto per rimanere in Italia, l’astronauta Samantha Cristoforetti si scattò un selfie dalla Stazione spaziale internazionale con addosso la divisa da capitano di Star Trek.

Se il 6 settembre prossimo vi capiterà di vedere persone vestite in pigiama, con strane creste sulla fronte o con le orecchie a punta – il vulcaniano Spock, un altro simbolo della prima serie, interpretato dall’attore Leonard Nimoy, intrappolato (forse nel senso buono del termine) dalla fama del suo personaggio fino al giorno della sua morte) – non spaventatevi. Dopo innumerevoli film e tantissime serie televisive, Star Trek rimane un mito.

Certo, soprattutto a beneficio di uno dei brand più venduti in assoluto, assieme al marchio della saga considerata la rivale di sempre: Star Wars. Ma a beneficio anche di una visione del mondo che non sarebbe brutto vedere, anche in parte, realizzata, rispetto a quanto offra ai giorni nostri il panorama politico e bellico. Dopotutto, il motto di Star Trek è sempre stato quello di andare “dove nessun altro uomo era giunto prima”. Buon compleanno, anzi: lunga vita e prosperità.

Mattia Sopelsa

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