SOCIETÀ

TTIP: se lo conosci, lo eviti

Sigmar Gabriel, vice cancelliere e ministro dell’Economia tedesco, ha dichiarato alla rete televisiva ZDF che i negoziati sul Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti tra Stati Uniti e Unione Europea (in inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) sono "di fatto falliti perché noi europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane". Una dichiarazione importante, sorprendente. Di cosa si tratta?

Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) è un accordo di libero scambio proposto nel 2013. Coinvolgerebbe gli Stati Uniti  e l’Unione Europea. Secondo il Consiglio dell’Unione, il TTIP sarebbe "un accordo commerciale e per gli investimenti". L’obiettivo dichiarato è "aumentare gli scambi e gli investimenti tra l’UE e gli Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico, generando nuove opportunità economiche di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali". 

Si prevede l’eliminazione di tutti i dazi sugli scambi bilaterali di merci "con lo scopo comune di raggiungere una sostanziale eliminazione delle tariffe al momento dell’entrata in vigore dell’accordo". Sono richieste misure antidumping e misure di salvaguardia "che consentano ad una qualsiasi delle parti di rimuovere, in parte o integralmente, le preferenze se l’aumento delle importazioni di un prodotto proveniente dall’altra Parte arreca o minaccia di arrecare un grave pregiudizio alla sua industria nazionale".

La liberalizzazione riguarda anche i servizi, ad esclusione di quelli audiovisivi: si prevede di "assicurare un trattamento non meno favorevole di quello accordato alle proprie società, consociate o filiali per l’installazione sul territorio di società, consociate o filiali dell’altra parte". 

Per quanto riguarda gli appalti pubblici, si punta a "rafforzare l’accesso reciproco ai mercati degli appalti pubblici a ogni livello amministrativo (nazionale, regionale e locale) e quello dei servizi pubblici, in modo da applicarsi alle attività pertinenti delle imprese operanti in tale campo e garantire un trattamento non meno favorevole di quello riconosciuto ai fornitori stabiliti in loco". Insomma, aziende statunitensi potranno partecipare a gare d’appalto europee e viceversa.

Invece, con riferimento agli investimenti e alla la loro tutela, il negoziato prevede l’inserimento di una forma di arbitrato internazionale Stato-imprese (il cosiddetto ISDS, Investor-to-State Dispute Settlement): si tratta di un meccanismo che consente alle imprese di citare in giudizio i Governi presso Corti arbitrali internazionali. E questo è forse il più importante dei punti critici, che avrebbe ripercussioni potenzialmente molto negative, di cui parla un utile volumetto di Ferrero, Mazzoni e Di Sisto, TTIP (DeriveApprodi, 2016).

Di fatto, il meccanismo dell’Investor-to-State Dispute Settlement darebbe alle multinazionali la possibilità di ostacolare, bloccare o cancellare qualsiasi legge che vada contro i loro interessi: l’esempio più citato e già alla ribalta delle cronache è quello della Philip Morris contro i governi di Uruguay e Australia. Il produttore di tabacco sostiene che i divieti contro il fumo lo privano dei legittimi profitti legati alle vendite di sigarette.

Non è quindi un caso che in Europa il trattato abbia trovato critiche accese: molte sono state le manifestazioni e volte ad evidenziare le possibili linee d’ombra dell’accordo che, va ricordato, è stato fin qui negoziato segretamente. I Governi europei non sono affatto uniti nell’accettare le misure previste: il timore è che il trattato abbassi e danneggi gli standard di welfare, controllo e sicurezza igienico-sanitaria previsti in Unione Europea.

L’eliminazione delle barriere che regolano i flussi di merci renderebbe più facile per le imprese scegliere dove localizzare la produzione in funzione dei costi, in particolare di quelli sociali. Il trattato avrebbe potenziali ripercussioni negative sulle piccole e medie imprese europee, a tutto vantaggio delle grandi multinazionali, le quali otterrebbero maggiori opportunità di adottare politiche che sacrifichino la tutela del lavoro e dei lavoratori sull’altare della competitività.

Potrebbero esserci risvolti immediatamente tangibili da ogni consumatore: negli Stati Uniti, ad oggi, contrariamente a quanto avvenga in Unione Europea, non è sempre necessario testare a priori i rischi per la salute correlati ad un nuovo prodotto immenso sul mercato. Oltre alla questione legata agli OGM, si pensi all’uso di pesticidi, all’obbligo di etichettatura degli alimenti, alla protezione dei brevetti farmaceutici, ambiti nei quali la normativa europea offre tutele maggiori e più efficaci.

Oltre ogni considerazione particolare, se si considera che la somma del PIL dei due attori coinvolti nel TTIP - Stati Uniti e Unione Europea - corrisponde a quasi il 50% del PIL mondiale, si può ben capire che si tratterebbe di un trattato di grande impatto per il commercio globale, che solo ora sembra riprendere la crescita, dopo due anni di calo.

Gabriele Nicoli

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