SCIENZA E RICERCA

In vacanza (e non solo) il tempo vola

Se vi state affaccendando in ufficio sulle ultime scartoffie prima del meritato riposo estivo, probabilmente le ore di lavoro che rimangono sembrano interminabili. Al contrario di chi, tra i vostri colleghi, è già partito. Già, perché in vacanza invece il tempo sembra volare. Sensazioni simili sono ricorrenti nella vita di ogni giorno. Il tempo scandisce la giornata e trascorre, più o meno velocemente, a seconda delle circostanze: i minuti nella sala d’attesa di un medico sembrano molto più dilatati di una serata trascorsa tra amici, allo stesso modo il tempo necessario per preparare un esame all’università non pare mai abbastanza a differenza dei momenti trascorsi davanti al professore che sembrano non passare mai.  

Lo scorrere del tempo ha una durata oggettiva che spesso cozza con la sua percezione soggettiva. E come questo accada nel nostro cervello non è ancora stato chiarito del tutto. “Non esistono recettori sensoriali dedicati in modo specifico alla percezione del tempo – scrivono Jennifer Coull e i suoi collaboratori in un articolo pubblicato su Neuropsychopharmacology – Si tratta piuttosto di una sensazione unica e intangibile: noi non possiamo vedere il tempo allo stesso modo in cui vediamo un colore, una forma o un luogo”. Per quel che riguarda la natura neurobiologica del fenomeno esistono in proposito due ipotesi prevalenti. Angelo Gemignani, docente di psicofisiologia all’università di Pisa, spiega che da un lato c’è chi sostiene che esistano più aree del cervello deputate alla percezione temporale: il cervelletto, i nuclei della base, la corteccia prefrontale e le aree supplementari motorie che potrebbero essere differentemente implicati a seconda dell’attività che una persona svolge in un determinato arco temporale. D’altra parte invece alcuni studiosi ritengono che non esistano singole aree interessate a questo tipo di compito, ma piuttosto che la percezione dello scorrere del tempo coinvolga in modo esteso e coordinato tutti i neuroni del cervello. 

Se gli studi in questo senso non sono ancora definitivi, sembra invece essere ormai condiviso che a influire sulla percezione del tempo possono essere diversi fattori come l’età, l’umore e le forti emozioni, l’assunzione di sostanze psicoattive e la presenza di malattie neurologiche o psichiatriche. Questo perchè la percezione temporale è influenzata dalle condizioni biochimiche in cui il corpo e il cervello si trovano in determinate situazioni. La dopamina in particolare è uno dei principali neurotrasmettitori coinvolti e tende a produrre la sensazione che il tempo trascorra più velocemente. Lo stesso avviene quando si assumono sostanze come la cocaina che potenziano l’effetto della dopamina. Al contrario i neurolettici, farmaci usati per trattare malattie come la schizofrenia, ne inibiscono l’effetto e dunque la percezione temporale è opposta.

Anche le persone che soffrono di depressione, riportano Sven Thönes e Daniel Oberfeld in un recente studio, riferiscono spesso che il tempo passa molto lentamente. Già nel 2011 Sylvie Droit-Volet, Sophie L. Fayolle e Sandrine Gil in un articolo su Frontiers in Integrative Neuroscience si soffermavano sull’argomento: “Nella vita di ogni giorno lo stato d’animo influenza il nostro rapporto con il tempo. Quando siamo tristi e depressi abbiamo la sensazione che il tempo rallenti. Ogni ora sembra un’eternità, come se il tempo si fermasse”. Quando si ha paura per esempio, spiegano gli studiosi, si ha l’impressione che il fluire del tempo sia più lento. Allo stesso modo, aggiunge Gemignani, quando si attende una risposta importante, una persona cara, un colloquio di lavoro. Questo stato, tra l’altro, può determinare nell’individuo una condizione di stress che, innalzando i livelli ormonali di alcuni marcatori come il cortisolo e le catecolamine, possono aumentare la frequenza cardiaca e alterare la qualità del sonno. 

Esattamente l’inverso accade invece quando si vive una situazione piacevole o desiderata a lungo, come possono essere le vacanze estive, e i minuti e le ore sembrano durare pochissimo. “Tali sensazioni – spiega Gemignani – sono comuni anche nel caso di eventi autobiografici e di cui si conosce perfettamente la data. Ciò avviene perché la percezione del tempo è notevolmente influenzata dalle caratteristiche dell’evento ricordato o vissuto, soprattutto nella sua componente emotiva e relazionale con altri eventi collegati”. Per questo fatti recenti possono essere vissuti come distanti nel tempo e, al contrario, eventi passati come attuali. “Non è il tempo inteso come unità di misura a cambiare – continua – bensì le condizioni psicologiche della percezione del tempo che ognuno di noi ha dentro”. 

Che dire poi dell’età? Se avete passato i 40 vi sarete ritrovati a pensare che gli ultimi cinque anni sono trascorsi in un baleno, mentre a 15 sembrava non arrivare mai la maggiore età. Nei giovani e negli anziani, in effetti, la percezione del tempo sembra seguire binari opposti e ciò determina nei primi la sensazione che il tempo trascorra più lentamente e nei secondi più velocemente. Gemignani argomenta che questa differenza potrebbe essere dovuta a una diversa capacità di memorizzare gli eventi, più sviluppata nei giovani per la presenza di mediatori chimici coinvolti nei processi di plasticità cerebrale. Ciò che invece gli uni e gli altri sembrano avere in comune è la tendenza a giudicare eventi occorsi nel passato molto più vicini rispetto a quanto non lo siano in realtà, secondo un fenomeno detto “effetto telescopio”.  E tanto più lungo è il periodo trascorso, tanto maggiore è la tendenza ad “accorciare” i tempi. È stato osservato poi che la stessa cosa, ma in senso inverso, avviene in risposta a fatti recenti che si tende a collocare più indietro nel tempo di quanto in effetti non lo siano (“effetto telescopio all’indietro”).

M.PA.

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