UNIVERSITÀ E SCUOLA

Alunni stranieri: età e provenienza fattori chiave per l’integrazione

Come vivono gli alunni stranieri l’inserimento nelle scuole italiane? E che risvolti ha la loro esperienza scolastica sul piano dell’apprendimento, della socializzazione e della progressiva integrazione con ambienti e valori del nostro Paese? A tentare un quadro sintetico è l’Istat, che ha intervistato oltre 68.000 ragazzi di cittadinanza non italiana di più di 1.400 scuole secondarie di primo e secondo grado con almeno 5 allievi stranieri. Ne emerge una situazione composita: in generale, le maggiori difficoltà di apprendimento e integrazione si ritrovano nei ragazzi arrivati in Italia già grandi; ma importanti, per l’inclusione nel sistema scolastico e le relazioni sociali, sono anche lo Stato e l’area culturale di provenienza.

Il Paese di origine è alla base di forti differenze nell’età media alla quale l’alunno arriva in Italia. I ragazzi figli di immigrati dell’Est Europa (Moldavia e Ucraina) sono in genere quelli che entrano da noi più tardi: oltre un terzo giunge qui dagli 11 anni in poi. Cinesi e filippini, per contro, sono gli alunni stranieri più spesso nati in Italia (quasi il 60%). Tuttavia il ritardo nell’inserire i figli a scuola è molto più forte proprio per gli alunni cinesi (uno su tre viene iscritto a una classe almeno di due anni più arretrata rispetto a quella della propria età) e filippini (uno su cinque), mentre un inserimento coerente con l’età è molto più diffuso per albanesi (59%) e marocchini (57%). L’essere nati in Italia appare incidere non poco sui risultati: se in generale oltre il 27% degli stranieri ha dovuto ripetere almeno un anno (contro il 14% degli italiani), la percentuale si abbassa a meno del 19% per chi è nato nel nostro Paese. Significative sono anche le differenze nelle votazioni medie: se i cinesi sono i più in difficoltà in italiano, il loro rendimento in matematica è pari a quello degli italiani alle medie e di quasi un punto maggiore alle superiori.

Gli stranieri che non frequentano i compagni al di fuori dell’ambiente scolastico sono il 21,6% alle medie e il 26% alle superiori, contro il 9,3% e il 18,5% degli italiani. Nelle frequentazioni è decisiva la composizione della classe di appartenenza: più è alta la percentuale di stranieri presenti, più è frequente che i ragazzi stranieri non frequentino per nulla i compagni italiani al di fuori delle lezioni. Importante è però, ancora una volta, valutare il Paese di origine dei ragazzi. Mentre la metà degli ucraini e albanesi frequenta solo compagni italiani, nel caso di cinesi e filippini questo dato scende a poco più di uno su quattro. Le proporzioni si invertono se si guarda a quanti frequentano solo compagni stranieri (quasi il 40% dei cinesi).

Diversissimi sono i comportamenti nella vita sociale. I ragazzi cinesi, al di fuori dell’orario scolastico, per la gran parte stanno con i genitori nel loro luogo di lavoro oppure in sala giochi, mentre frequentano poco le case dei compagni. I filippini prediligono gli oratori e i luoghi di culto; i marocchini i campi sportivi; sono invece albanesi e rumeni i più propensi a frequentare le case degli altri alunni. Forte diversità anche nella percezione di italianità: quasi la metà dei ragazzi nati nel nostro Paese o entrati prima dei 6 anni dichiara di sentirsi italiana, ma il dato crolla sotto il 20% per chi è arrivato dagli 11 anni in su. Si sente italiano oltre il 40% di rumeni, albanesi e ucraini, ma poco più del 20% dei cinesi. I cinesi, però, sono tra gli stranieri che maggiormente desiderano vivere in Italia nel futuro (il 48%, quanto moldavi e ucraini), mentre oltre due terzi degli indiani, filippini e marocchini vorrebbero trasferirsi all’estero. 

L’indagine sottolinea anche le differenze di rendimento degli alunni stranieri nelle diverse regioni italiane: i risultati migliori sono conseguiti nel centro-sud, dove la presenza di stranieri in classe è meno fitta. Nelle regioni meridionali è poi nettamente più alta la percentuale di stranieri che hanno dichiarato di sentirsi italiani.

Quanto alle opinioni dei docenti, la presenza degli alunni stranieri è ritenuta “esclusivamente positiva” dall’81,8% dei professori delle scuole con al massimo il 5% di alunni non italiani. Se guardiamo agli istituti in cui gli stranieri sono più del 20%, la stessa opinione è condivisa solo dal 55% dei docenti. Nelle scuole a maggiore presenza di stranieri, l’88% dei professori dichiara che questo fattore ha portato cambiamenti nella didattica; un dato che scende al 60% dei docenti che operano in scuole con pochi alunni non italiani. I problemi più spesso riscontrati dai docenti negli allievi stranieri sono difficoltà persistenti con la lingua italiana (84%) e di apprendimento (70%). Decisamente più ottimisti i dirigenti scolastici: nelle scuole con più stranieri, solo il 23% dei presidi ha detto che col passare del tempo l’integrazione è diventata più difficile. Quasi il 60%, infine, tiene conto della nazionalità dei ragazzi come criterio per formare le nuove classi.

Martino Periti

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