SOCIETÀ

I bambini schiavi ci sono ancora. Anche in Italia

Sono ragazzi, a volte persino bambini, ma devono già affrontare la vita da soli, sfruttati dagli adulti che li dovrebbero proteggere. È la dura realtà dei minorenni vittime di tratta, a cui Save the Children Italia, una delle più importanti Ong a occuparsi di tutela dell’infanzia, ha dedicato il dossier Piccoli schiavi invisibili. Le giovani vittime di tratta e sfruttamento, diffuso alla vigilia della Giornata Onu per il ricordo della schiavitù e della sua abolizione.

Ancora oggi nel mondo bambini e adolescenti continuano a essere sfruttati in molti modi: sessualmente (prostituzione, realizzazione di materiale pedopornografico e matrimoni forzati) e lavorativamente (incluse attività illecite e accattonaggio), fino ai casi di vera e propria riduzione in schiavitù, di adozioni illegali e addirittura di asportazione di organi. Una piaga che non riguarda solamente i paesi in via di sviluppo, dato che fenomeni come prostituzione e lavoro minorile sono in aumento anche tra i ragazzi italiani: lo afferma tra gli altri l’ottavo rapporto del gruppo Crc, un insieme di 90 associazioni che seguono l’attuazione nel nostro Paese della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza (Crc). La grande maggioranza dei casi di vera e propria tratta riguarda comunque minori stranieri, specie se non accompagnati dalla famiglia, oppure appartenenti a minoranze come ragazzi rom o sinti. Senza un’adeguata rete sociale il minore è infatti pressoché indifeso di fronte alle pressioni degli adulti, soprattutto se i legami familiari mancano oppure, al contrario, sono troppo opprimenti.

Data la natura illecita del fenomeno non è facile stimarne le dimensioni, se non per difetto. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nel 2010 erano oltre 9.500 le vittime di tratta accertate e presunte a livello europeo, con un incremento del 18% rispetto al 2008. L’Italia era il Paese con il maggior numero di segnalazioni, quasi 2.400. Di questi si calcola che i minori rappresentassero il 15%: più o meno 350. Un altro tassello è dato dai minori che rientrano nei programmi di protezione per le vittime di tratta: 130 tra il 2013 e il 22 giugno 2015, principalmente provenienti da Nigeria, Romania, Marocco, Ghana, Senegal e Albania.

Queste cifre fotografano però solo una goccia nel mare. Basti pensare all’esplosione del numero dei rifugiati di questo anno, che secondo l’Unhcr ha portato circa 110.000 di profughi sulle nostre spiagge, circa il triplo dello stesso periodo del 2014, con una presenza costante di minori non accompagnati (7.357 dal 1 gennaio al 18 agosto 2015 solo in Italia). Già durante il viaggio questi ultimi sono vittime di tratta, sfruttamento e violenze sempre più efferate, in particolare durante l’attraversamento del deserto e la detenzione in Libia. Quando poi arrivano in Italia rappresentano un potenziale bacino per chi, anche nel nostro Paese, è pronto a speculare in vari modi sulla loro vulnerabilità. Tanto più che molti di essi sono destinati almeno temporaneamente a entrare nel circuito della clandestinità (dopo qualche settimana oltre un quarto di loro diventa irreperibile), dove la ‘protezione’ di un adulto diviene ancora più fondamentale. C’è chi si rende irreperibile per raggiungere altri Paesi (principalmente nel Nord Europa), mentre in altri casi si tratta di dinamiche legate all’inserimento dei minori in circuiti irregolari anche di sfruttamento.

C’è ad esempio il caso dei minorenni nordafricani e in particolare egiziani: il numero di questi ultimi è molto aumentato dopo le primavere arabe e oggi costituiscono secondo Save the Children uno dei gruppi più vulnerabili ed esposti allo sfruttamento. Sono 1.892 i minori egiziani ancora presenti in Italia al 30 giugno 2015 segnalati al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, mentre sono 1.239 quelli che, alla stessa data, risultavano essere irreperibili. Molti di loro (si tratta per lo più di adolescenti) invece di andare a scuola svolgono i lavori più umili e duri, ad esempio presso autolavaggi, cantieri edilizi o nelle piccole imprese gestite da connazionali (come pizzerie e kebaberie). Fino a pochi mesi fa, racconta l’associazione, molti di loro evadevano tranquillamente i controlli per lavorare nei mercati generali di frutta e verdura: “Il guadagno per caricare un camion da 12 pancali è di 10 euro e si impiegano circa due ore. Talvolta il camion è anche da scaricare, quindi le ore di lavoro diventano anche 5 ma la paga è sempre la stessa. Ogni cassetta riempita, invece, vale un guadagno di 50 centesimi”. Nei bar e nei mercati del pesce spesso i ragazzi nordafricani lavorano con turni di 10-12 ore, pagati dagli 1,5 ai 3 euro all’ora, mentre è ancora forte il rischio di un coinvolgimento in attività illegali (principalmente spaccio di droghe).

Per quanto riguarda le ragazze, uno dei pericoli maggiori è rappresentato dallo sfruttamento sessuale, anche se questo ultimamente si sta estendendo anche ai maschi. Tra le vittime di tratta ci sono soprattutto le minorenni dell’Europa dell’Est e le nigeriane: spesso ragazze adolescenti di un’età compresa tra i 16 e i 17 anni, costrette al “mestiere” da organizzazioni criminali per mezzo di violenze, ricatti e altre pressioni fisiche o psicologiche. Il rapporto cita poi il caso delle adolescenti di origine rom, italiane e straniere, coinvolte in attività illegali dopo essere state ‘vendute’ nell’ambito di matrimoni precoci, per un costo variabile ma che può spingersi anche oltre i 50.000 euro. “Le ragazze diventano così ‘schiave’ – scrive la Ong – costrette a ripagare il debito contratto con il ‘matrimonio’, attraverso le attività illegali che compiono”, principalmente borseggio o furti in appartamento. Eppure c’è speranza anche per loro: molte contestano apertamente lo stile di vita nel quale sono costrette, anche se spesso non sono consapevoli di essere sfruttate: “Pur confermando un legame forte con la propria cultura e tradizione, sono ragazze potenzialmente capaci di fare un ‘salto generazionale’ di cambiamento. Raccontano di sognare un futuro diverso se non per se stesse, almeno per le loro figlie”.

Per loro come per tutte le vittime di sfruttamento e di tratta, italiani e stranieri, la vera questione è rappresentata dagli strumenti di fuoriuscita, a cominciare dai percorsi educativi a quelli formativi, anche con una possibilità di inserimento lavorativo (incluse le borse lavoro). Intanto, nonostante il termine sia scaduto lo scorso giugno, il Governo non ha ancora approvato il primo Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani (Pna), prevista dalla direttiva europea concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani (la 2011/36/UE, recepita dal Decreto Legislativo 24 del 4 marzo 2014). Un strumento che dovrebbe promuovere e rendere operativo un sistema nazionale e transnazionale che includa procedure operative e omogenee relative all’identificazione, alla presa in carico e all’assistenza dei minori vittime di tratta, basate sul rispetto dei diritti dei minori. E per lo stesso motivo le associazioni del settore chiedono la discussione e l’approvazione in tempi rapidi il disegno di Legge C. 1658 (presentato quasi due anni fa), un testo bipartisan che dovrebbe finalmente disciplinare in modo organico la protezione e l’accoglienza dei minorenni stranieri non accompagnati.

Daniele Mont D’Arpizio

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