SOCIETÀ

Bce, un club esclusivo per soli uomini?

Una su ventitre è un po' pochino. Ma zero su ventitre è proprio zero. Il caso della composizione monosessuata del consiglio direttivo della Bce è esploso ieri, dopo il voto del parlamento europeo che ha dato parere contrario alla nomina di Yves Mersch nel board della più potente e meno democratica istituzione comunitaria. Il consiglio direttivo è composto da sei membri del comitato esecutivo, che i governi scelgono con certosini meccanismi di rotazione, e dai diciassette governatori delle banche centrali dei paesi dell'area euro. Tutti maschi, al momento, dopo l'uscita di scena delle presenze femminili che si sono avute quando le nomine sono toccate alla Finlandia e all'Austria. Una per volta, per carità: Sirkka Hämäläinen è stata lì dal 1999 al 2003, Gertrude Tumpel-Gugerell dal 2003 al 2011. Una su 23, nel gergo degli economisti che si occupano di questioni di genere, è “tokenism”: un token, un gettone, che rischia di essere una presenza solo simbolica e non apportatrice di cambiamenti. Ma almeno un token c'era. Quando invece è toccato al Lussemburgo scegliere, la scelta è caduta sul signor Yves. Bocciato dal parlamento europeo, anche per l'azione di una signora abbastanza combattiva, Sharon Bowles, presidente della Commissione affari economici del parlamento europeo – che, non a caso, è anche candidata alla guida della Bank of England (la cosa non spaventi i nostrani sospettosi di conflitto di interessi: la Bank of England sta fuori dall'eurozona, dato che la Gran Bretagna non ha adottato l'euro). Proprio la Commissione affari economici ha dato parere negativo alla nomina di Mersch, voto poi confermato dal parlamento in seduta plenaria: 300 favorevoli alla nomina (soprattutto dai banchi del Ppe), 325 contrari (socialisti, liberali, sinistre e verdi), 49 astenuti.

I prossimi giorni ci diranno come sarà risolto il primo conflitto serio aperto tra un'istituzione democratica e rappresentativa come il parlamento, e il potere vero dell'Europa monetaria ed economica, ossia la Bce. Spetta al Consiglio europeo la decisione finale, e nel Consiglio stanno i governi: possono i primi ministri mettersi contro il parlamento, per salvaguardare il diritto del Lussemburgo di non farsi carico, esso solo, della discriminazione di genere nella Bce? D'altro canto, i ben informati dicono che la Germania (intesa come Merkel e come Busdesbank) teneva in particolare alla nomina di Mersch, considerato un “falco” vicino alla politica monetaria che piace a Berlino; ma dicono anche che una soluzione si troverà, per evitare lo scontro frontale. Dunque: cercasi donna disperatamente in queste ore in Lussemburgo, purché economista competente e “falco”.

Un primo eclatante esempio di quel che succederà a breve nelle principali aziende italiane, con l'entrata a regime della legge sulle “quote rosa” nei consigli di amministrazione delle società quotate (nei quali le donne sono sul 7%, al momento). Cosa succede invece nelle nostre autorità di vigilanza, ai vertici dell'economia, della finanza, dell'amministrazione? Sul webmagazine inGenere.it, sito di informazione che segue l'economia da un punto di vista di genere, l'economista Marcella Corsi fornisce un'illuminante rassegna in proposito. Ci sono ben cinque board importantissimi nei quali la presenza delle donne è pari a zero: Autorità garante delle comunicazioni, Consob, Autorità di controllo sui contratti pubblici, Covip, e – soprattutto – Banca d'Italia. Qui una donna nel direttorio c'era, ma è stata designata da Monti alla presidenza della Rai, ed è poi stata sostituita da un collega maschio. Dunque, anche in banca d'Italia come alla Bce la presenza di donne al vertice è nulla. Molte economiste ed economisti italiani, hanno firmato un appello europeo contro la discriminazione di genere ai vertici della Bce. Forse è il caso di girare alla svelta lo stesso appello anche dalle nostre parti.  

Roberta Carlini

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