UNIVERSITÀ E SCUOLA

Bocciati dall’Ocse in italiano e matematica

Siamo un paese di analfabeti. Triste constatarlo, ma non è un’esagerazione: l’8 ottobre l’Ocse, l’Organizzazione dei paesi più industrializzati, ha diffuso un rapporto basato sullo studio di 157.000 adulti tra i 16 e i 65 anni in 24 paesi del mondo. Il risultato, desolante, è che nelle capacità di lettura gli italiani sono ultimi, con un punteggio di 241 contro una media Ocse di 273, lontanissimi dal Giappone, primo con 296. Vengono così confermati in un confronto internazionale gli studi del linguista Tullio de Mauro, che da molti anni sostiene che un quarto degli italiani sono “analfabeti funzionali”, cioè in grado di riconoscere le lettere e le parole ma non di capire il senso di una frase tratta da un articolo di giornale o di un paragrafo di un libro. L’Ocse classifica queste persone come “livello 1” o “sotto il livello 1” e rileva una percenttuale ancora più elevata: 27,7%.

Possiamo consolarci constatando che Spagna e Francia stanno poco meglio di noi? No, la realtà è che una forza lavoro poco istruita è un ostacolo alla crescita, o registra una situazione di marginalità e ghettizzazione come negli Stati Uniti, i cui mediocri risultati (270 punti) dipendono dal gran numero di ragazzi che non finiscono le scuole superiori, o le finiscono senza, letteralmente, saper leggere e scrivere. Non solo: il rapporto afferma che “i figli di genitori con un basso livello di educazione in Inghilterra, Germania, Polonia, Italia, Stati Uniti hanno una capacità di lettura molto più bassa dei loro coetanei con genitori con un livello di istruzione maggiore”. La situazione, quindi, tende ad autoperpetuarsi.

Sul fronte delle capacità matematiche (numeracy) l’Italia non sta meglio: 247 punti contro 269 della media Ocse, fa peggio di noi solo la Spagna (246). Giappone e Finlandia, anche in quest’area sono in testa alla classifica. “Alcuni paesi” sottolinea il rapporto, “hanno fatto grandi progressi nel migliorare le capacità dei giovani, pur avendo una popolazione anziana con un basso livello di istruzione. Tra questi Corea e Finlandia”. 

Oggi qualsiasi lavoro, anche di basso livello (il commesso, il magazziniere, l’addetto alle consegne) esige di saper usare, anche a livello minimo, le nuove tecnologie: non sempre i codici a barre o le icone funzionano. Saper leggere con difficoltà è quindi un handicap che esclude anche dalle categorie più basse del mercato del lavoro, tanto più se si hanno difficoltà anche con i numeri.

Speranze per il futuro? Assai poche: il disinvestimento dalla scuola e dall’università negli ultimi 15 anni fa piuttosto temere che la situazione possa peggiorare ulteriormente.

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