SOCIETÀ

Cara che c’è per cena? Frittura di cavallette

“Immaginate una patatina fritta molto croccante fuori e morbida dentro, ma con un sapore dolciastro a metà tra il miele e il caramello”. La descrive così Filippo Temporin, viaggiatore per passione con incursioni in Uganda, Rwanda, Nepal, Malawi e Armenia solo negli ultimi due anni, una frittura di larve e cavallette acquistata in un affollato mercato indonesiano. “Quando viaggio mi piace provare la cucina locale e il consumo di insetti in Asia è molto diffuso”. 

Ma non è solo una questione culturale o di costume. Infatti l’aumento della popolazione a livello mondiale, che nel 2050 si stima raggiungerà i nove miliardi di persone, e la sostenibilità ambientale sono alcune delle ragioni che spingono a considerare gli insetti come una nuova risorsa alimentare: tra qualche decennio potrebbero diventare di uso comune anche sulle nostre tavole. Con il beneplacito della Food and agricultural organization delle Nazioni Unite (Fao) che nel recente rapporto Edible insect: future prospects for food and feed security promuove questo tipo di cibo e dell’Unione Europea che ha finanziato 3 milioni di euro per la ricerca in questo campo. 

“Considerare gli insetti come una risorsa alimentare alternativa – sottolinea Maurizio G. Paoletti, docente del dipartimento di biologia dell’università di Padova che ha collaborato alla stesura del testo Fao – è un notevole passo avanti soprattutto nei Paesi occidentali, dove sono ancora guardati con disgusto. Non è così invece in molte parti del mondo, già da tempi antichi”. Della pratica di mangiare insetti rimane traccia infatti nella letteratura religiosa cristiana, ebrea e islamica. La Bibbia, nel Levitico, parla di locuste come cibo. In Europa i romani mangiavano molti tipi di insetti tra cui larve e ortotteri e i greci ritenevano che le cicale fossero una prelibatezza. Ne parlano Aristotele nella sua Historia animalium e il naturalista Ulisse Aldrovandi nel 1602 nel De Animalibus Insectis Libri Septem che sottolineava come i soldati tedeschi in Italia mangiassero frequentemente bachi da seta fritti. 

Oggi l’abitudine di mangiare insetti è ancora frequente in molti paesi come Africa, America latina e Asia. A livello mondiale si stima che siano 2 miliardi le persone che si nutrono di insetti e quasi 2000 le specie commestibili. In territorio amazzonico ad esempio, durante la stagione delle piogge quando la caccia e la pesca diventano difficoltose e i nutrimenti  principali scarseggiano, gli insetti diventano importanti fonti di cibo. A Kinshasa, capitale del Congo, i mercati hanno una abbondante offerta di bruchi durante tutte le stagioni, al punto che negli anni Novanta il consumo annuo in città era stimato di 96 tonnellate, con una media di 300 grammi a settimana per famiglia. 

Gli insetti più mangiati sono i coleotteri (31%), cosa che non sorprende se si pensa che questo gruppo comprende il 40% di tutte le specie di insetti conosciute. Al secondo posto i bruchi, larve di lepidotteri (18%), soprattutto nell’Africa sub-sahariana. Api, vespe e formiche vengono consumate in modo particolare in America latina (14%). Seguono cavallette, locuste e grilli (13%); cicale e cimici (10%); termiti e libellule (3%) e mosche (2%).

“Uno dei motivi che spinge verso l’utilizzo degli insetti in ambito alimentare – continua Paoletti – è anche il contenimento dei costi di allevamento rispetto ad esempio a bovini o suini”.  Oltre ad avere un impatto ambientale minore. I grilli, ad esempio, richiedono solo 1,7 chili di mangime per ciascun chilo di peso corporeo (otto volte meno di un bovino). A ciò si aggiunga che gli insetti emettono meno gas serra e ammoniaca di bovini e suini e richiedono molta meno terra e acqua per il loro allevamento. Inoltre, rispetto a mammiferi e uccelli, presentano meno rischi di trasmissione di infezioni per l’uomo, il bestiame e la fauna selvatica, sebbene in questo senso siano necessarie ulteriori ricerche. 

L’allevamento di insetti inoltre, oltre a essere una valida alternativa alimentare, è in grado di offrire occupazione e reddito. Se tuttavia nei paesi in via di sviluppo, come nell’Africa centrale e del sud o nel sud est asiatico, in cui la produzione è nelle mani di piccole imprese a gestione familiare, esiste domanda di insetti commestibili che vengono poi venduti nei mercati come cibo o mangimi per animali, nei paesi industrializzati la richiesta di insetti commestibili non è ancora così alta, ma piuttosto legata alle comunità degli immigrati e a un nascente mercato di nicchia che offre cibi esotici. Non mancano tuttavia gli allevamenti in Europa anche a livello industriale, sebbene siano rivolti piuttosto alla produzione di mangimi per animali, parassitoidi o insetti predatori per il controllo biologico delle specie dannose alle colture. 

L’elevato consumo di proteine animali inoltre, sostiene Paoletti in un recente articolo, è stato individuato come una delle cause dell’aumento di malattie non trasmissibili come il cancro tra gli occidentali. Nel 2012 l’United States Census Bureau ha stimato un consumo medio di carni rosse pro capite di 48 chili all’anno. In Europa il dato più rappresentativo si ha in Norvegia con 39 chili di carne pro capite all’anno. Una risorsa alternativa possono essere proprio gli insetti che si distinguono per l’alto contenuto proteico, che in alcune specie di imenotteri raggiunge quasi l’80%, ed è altamente digeribile (tra il 77 e il 98%). Molti studi indicano inoltre un alto contenuto di fibre, come la chitina, vitamine e minerali negli insetti, pur con le diversità dovute alla specie. Il bruco dell’Angola, per esempio, è molto ricco di ferro, rame, zinco e tiamina (vitamina B1) oltre che di riboflavina (B2). Per fare un paragone, il manzo ha un contenuto di ferro di 6 milligrammi ogni 100 grammi di prodotto, mentre in alcune specie di bruchi varia tra i 31 e i 77 mg a parità di peso, nella locusta tra gli 8 e i 20 mg. Se gli insetti fossero inclusi nella dieta giornaliera, potrebbero dunque aiutare a prevenire problemi di anemia soprattutto nei paesi in via di sviluppo. 

A questo punto inutile fare gli schizzinosi: esistono mille motivi per avvicinarsi a un piatto di cavallette anche se superare i freni culturali non è così semplice. 

Monica Panetto

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012