SCIENZA E RICERCA
Donatori diversi da noi. Lo xenotrapianto
L'interno di una sala operatoria. Foto di Massimo Pistore
Non molti di noi sono a conoscenza di cosa sia lo xenotrapianto, sebbene l'università di Padova con le facoltà di Medicina e Veterinaria sia, insieme a quella di Lovanio (Leuven) in Belgio, uno dei centri di ricerca e sperimentazione più avanzati nel campo.
Lo xenotrapianto, come il nome indica, è uno speciale tipo di trapianto che utilizza cellule, tessuti e addirittura organi provenienti da un individuo di una specie diversa da quella del soggetto sul quale viene effettuato. Questo speciale tipo di trapianto nasce per sopperire ad una drammatica carenza: i donatori sono davvero pochi, di fronte all'ingente richiesta di organi: sono oltre 10.000 all'anno i pazienti in attesa in Italia. Prefigurandosi infatti la possibilità che in futuro si possa attingere ad organi non umani, il problema sarebbe di facile soluzione dal punto di vista scientifico, benché un po' meno da quello etico. La ricerca xenotrapiantologica, oltre ad avere questo obiettivo di fondo, che appare però ancora lontano da una concreta realizzazione, si rivolge attualmente anche alla cura di malattie finora incurabili, come il diabete o il morbo di Parkinson.
Iniziato come una sperimentazione direttamente sull'uomo negli anni '60, l'attuale xenotrapianto, quello sul quale vertono le ricerche e le sperimentazioni dell’Ateneo di Padova, vede come “donatore” di materiale organico principalmente la specie suina e come “ricevente” il primate non umano. Il maiale è il soggetto ideale poiché presenta delle caratteristiche tali da renderlo la specie più adatta a questo tipo di sperimentazione: ha una velocità di crescita maggiore rispetto a quella di un primate non umano (si pensi ad uno scimpanzé o ad un orango, la cui vita media è di 35-45 anni), i suoi organi hanno una taglia simile a quella di un primate, ve ne è un numero enorme di esemplari e la sperimentazione suina è attualmente meno impegnativa da accettare sotto il profilo etico, dato che 13 milioni di maiali all'anno in Italia vengono abbattuti solo per fini alimentari e che le preoccupazioni per le condizioni degli allevamenti e della macellazione, che interessano un’infinità di capi, non sono finora state grandi. L'utilizzo di cellule, tessuti, organi del maiale è stato reso ancora più conveniente e utile grazie alla nascita dell'allevamento suino cremonese Avantea s.r.l. di Cesare Galli, un allevamento di maiali “geneticamente ingegnerizzati”, sviluppati e utilizzati a soli fini di sperimentazione animale. Si è potuto così fare grandi passi avanti nel ridurre uno dei principali ostacoli allo sviluppo di questa tecnica.
Il Dottor Emanuele Cozzi, Responsabile dell'Unità Operativa di Immunologia dei Trapianti dell'Azienda ospedaliera di Padova nonché ex presidente della International Xenotransplantation Association (IXA) spiega: “Grazie ai maiali ingegnerizzati di Cesare Galli si è andati oltre uno dei principali limiti dello xenotrapianto, il rigetto. Per rigetto si intende la risposta del sistema immunitario del soggetto trapiantato che reagisce contro il “nuovo” organo, attaccandolo alla stregua di un agente patogeno. Ovviamente il rigetto nello xenotrapianto è molto più frequente che non nei normali trapianti, proprio per la provenienza dell'organo da un membro di un'altra specie. Ingegnerizzare quindi vuol dire intervenire sul genoma suino inserendovi sequenze di geni umani e rendere il materiale trapiantato meno immunogenico poiché più compatibile, quindi più simile alla specie dei primati.” Questa opera di ingegnerizzazione del genoma è assolutamente necessaria poiché, in mancanza di essa, si sarebbe costretti a ricorrere ancor più di quanto non si faccia già a immunosoppressori, farmaci che attutiscono la risposta immunitaria del soggetto trapiantato spesso causando infezioni, tumori, aumento della pressione, del colesterolo e della glicemia.
“Altra probabile conseguenza dello xenotrapianto” aggiunge il Dott. Cozzi “è l'agente patogeno che dall'organo o tessuto trapiantato si trasmette al ricevente. Questo è ciò che io chiamo dangerous system. Un possibile agente infettivo è il retrovirus porcino Porcine Endogenous RetroViruses o PERV, un virus che è stato approfonditamente studiato e sul quale sembrerebbe essere giunti ad una soluzione. Sebbene in uno studio retrospettivo condotto sul sangue di 160 pazienti esposti a tessuti viventi di suino, non vi siano state evidenze che essi possano portare a malattia nell’uomo, si è comunque intervenuti adattando ancora una volta il DNA suino, eliminandone alcune sequenze. Il vero problema ancora da risolvere è invece presentato dal così detto ‘virus ignoto’.”
Nonostante questi limiti, lo xenotrapianto non costituire oggi semplicemente una possibilità futura, ma presenta già delle applicazioni cliniche notevoli: “La meno recente” elenca il Dott. Cozzi “è quella dei tessuti epidermici suini applicati su pazienti umani ustionati, ma vi è anche il trapianto delle cellule pancreatiche di insule suine per sconfiggere il diabete ad opera del collega neozelandese Bob Elliott, di Auckland, trapianto già sperimentato su un primate non umano con risultati ottimi. L'equipe neozelandese inoltre è riuscita a superare gli ostacoli del rigetto e delle infezioni inserendo le cellule pancreatiche in capsule apposite, che si stanno attualmente sperimentando sull'uomo. Altri esempi di applicazione clinica sono poi le 300.000 valvole cardiache di origine suina e le 400.000 di origine bovina già trapiantate in pazienti umani.” Risultati tangibili, insomma.
Dopo la battuta d'arresto nel 2000, quando i fondi europei per la sperimentazione animale furono prevalentemente dati alla ricerca per le cellule staminali, si assiste oggi a un ritorno di entusiasmo per lo xenotrapianto. Le cause potrebbero essere da cercare, forse, nella crescente sfiducia scientifica verso questa tecnica e nelle tematiche etiche interne alla ricerca - ma soprattutto alla pratica clinica - sulle cellule staminali. Attualmente, la ricerca nell'ambito dello xenotrapianto, spinta anche dalle notevoli applicazioni cliniche, si è riaffermata ottenendo anche l'attenzione dell'OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha in via di emanazione norme per permetterla e regolamentarla.
I nuovi campi di ricerca tuttavia vanno ben oltre l'ambito medico, intrecciandosi sempre più con profili etici e filosofici e costringendoci a porci delle domande, come capire dove collocare l'individuo umano senza sconvolgere l'ordine materiale degli altri esseri viventi o fin dove la nostra morale, posta di fronte alla sofferenza a fini di sperimentazione di altre specie, in alcuni casi a noi molto vicine, possa spingersi senza andare in contraddizione con sé stessa.
Michela Leggio