UNIVERSITÀ E SCUOLA

Gli aspiranti medici alla prova del test

È la mattina del primo sabato di marzo, mentre centinaia di ragazzi prendono posto nella grande aula del policlinico universitario. Il loro sogno è quello di diventare medici: prima però c’è l’ostacolo del test da superare. Per questo hanno sfruttato l’occasione offerta dall’associazione Studenti e professori di medicina uniti per, che da due anni organizza insieme all’ufficio tutorato i precorsi e le simulazioni del test di medicina. Nell’aria sono palpabili le speranze e i timori dei ragazzi: la maggior parte provenienti dalle superiori, tanti però già iscritti all’università, al loro secondo o terzo tentativo. Quasi tutti comunque di fronte alla prima fondamentale sliding door della loro vita: dentro o fuori.

Quest’anno la prova d’ingresso sarà per la prima volta anticipata all’8 aprile. “La data è la novità più grossa – dice Michele Negrello, laureato in medicina e da cinque anni coinvolto nell’organizzazione delle simulazioni –. In realtà si sarebbe dovuto iniziare già l’anno scorso, salvo la marcia indietro del ministero. Ci sono inoltre anche delle piccole modifiche al test: tre quesiti su sessanta infatti passano da logica e cultura generale a biologia (uno) e chimica (due)”. La nuova tempistica non rischia però di danneggiare soprattutto gli studenti di quinta superiore, che rispetto ai ‘ripetenti’ non avranno più l’estate dopo l’esame di stato per prepararsi? “Certamente; il nuovo sistema delle graduatorie nazionali richiede che il test venga fatto prima anche per motivi organizzativi”. L’anno scorso infatti la prova è stata posticipata al 9 settembre, a prezzo però di molti disagi: “Le prime graduatorie sono uscite a fine mese, quindi le lezioni sono iniziate con due settimane di ritardo, con i trasferimenti che sono durati fino a dicembre inoltrato – spiega Matteo Della Pittima, presidente dell’associazione –. Molti studenti in questo modo hanno perso un semestre”.

Restano poi i dubbi sull’efficacia dei test nel selezionare i candidati migliori; secondo Negrello però ci sono anche aspetti positivi: “Personalmente credo che al momento attuale questo sistema rappresenti il meno peggio, soprattutto dopo il decreto Profumo”. Prima infatti, con le graduatorie locali, si rischiava di restare fuori anche con un buon punteggio, che magari sarebbe bastato per iscriversi a un altro ateneo. Qualche consiglio per i candidati di quest’anno? “L’importante è innanzitutto affrontare i test con tranquillità, senza farne una malattia: di solito più che l’impreparazione sono pericolose la paura e la difficoltà ad affrontare il test a risposta multipla, cui si è ancora poco abituati”.

Certo le possibilità di farcela appaiono limitate a prima vista: i posti messi a bando per l'anno accademico 2014-2015 sono 7.918, a cui se ne aggiungono altri 351 per gli studenti non comunitari che non soggiornano in Italia (787 più 70 per Odontoiatria e 632 più 79 per Veterinaria): apparentemente pochi rispetto alle oltre 94.000 domande dell’anno scorso. “Se però guardiamo i risultati molti ottengono punteggi molto bassi, segno che hanno fatto il test tanto per provare – conclude Negrello –. In realtà chi studia ha molte più possibilità rispetto ai toni allarmistici di molti giornali”.

Già, ma cosa ne pensano gli studenti? Sara Codato, liceo scientifico alle spalle, è al secondo tentativo: “Le domande sono difficili, soprattutto quelle di logica: i lunghi testi da analizzare, i calcoli e le serie numeriche fanno perdere molto tempo”. E l’ansia? “Quella c’è sempre; sto frequentando fisioterapia, ma il sogno è quello di diventare medico”. Più tranquillo Alberto Ferragosti, del liceo scientifico Curiel: “Credo che, rispetto a quello che mi aspettavo, il test sia andato discretamente”. Proviene dalla stessa scuola Beatrice Auletta: “Trovo troppo specifici i quesiti su chimica e biologia. Nella nostra scuola abbiamo fatto biologia i primi anni e chimica al quarto, mentre adesso stiamo studiando astronomia. Difficile non essere un po’ arruginiti”. Bisogna quindi recuperare. Francesca – prega di non scrivere il cognome – ha fatto il classico: “Colmare il gap? Per adesso ho comprato un sacco di libri di test e frequento un corso a pagamento (che sul mercato valgono dai 490 euro dei corsi brevi ai 2.130 di quelli più impegnativi, ndr). È la mia seconda volta, spero di arrivare più preparata”.

Nicolas ha fatto l’Istituto tecnico industriale: “Ho trovato difficili soprattutto le domande di attualità. Vorrà dire che leggerò ogni giorno i giornali... e guarderò i quiz degli anni precedenti”. E se non passi? “Valuto anche tecnologia biomedica e biologia, ma fare medicina mi piacerebbe davvero molto. Sì, penso che ci riproverei”. Terminiamo con Saizone Terrell, americana figlia di un militare di stanza a Vicenza, liceo linguistico: “Purtroppo il test è andato male, specialmente biologia e chimica, materie su cui ho potuto concentrarmi poco nella mia scuola”. Saizone vorrebbe fare l’università in Italia: “Amo questo paese e ho scelto di mia volontà di non fare una scuola americana. Se però qui non va bene, andrò a fare medicina negli States”. Intanto si è presa già avanti, visto che è iscritta solo al quarto anno: “Ho un altro anno e mezzo, e sto già studiando per colmare le mie lacune”.

Daniele Mont D’Arpizio

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