SOCIETÀ

Google-Europa: a chi conviene la pace?

In questi giorni si sono resi noti i termini dell’accordo tra l’Antitrust europea e Google anticipati il 16 aprile scorso dal New York Times, ed è stato annunciato l'avvio di una consultazione di un mese per la verifica dell'efficacia delle innovazioni introdotte, in accordo con le aziende che avevano presentato il ricorso. Google per la prima volta accetta modifiche giuridicamente vincolanti ai propri risultati di ricerca, titolava il NYT, mentre La Stampa precisava che “il motore di ricerca non modificherà l’algoritmo alla base dei suoi risultati di ricerca, ma si impegnerà a etichettare i risultati stessi, in base a diverse categorie, quali Google Plus Local o Google News, e in alcuni casi potrebbe segnalare i link da altri servizi concorrenti”. Il braccio di ferro tra Google e Unione europea si protrae sin dal 2010, a seguito dell'inchiesta aperta per abuso di posizione dominante sulle ricerche online in Europa; Google occupa in questo settore circa l’86% del mercato europeo.

Anche il Garante per la privacy italiano aveva avviato un'istruttoria nei confronti di Google, iniziativa assunta nell'ambito di un'azione congiunta intrapresa dalle Autorità per la protezione dei dati di Francia, Italia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna, al fine di verificare il rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali e la conformità degli obblighi riguardanti l'informativa agli utenti e l'acquisizione del loro consenso.

Le proposte di Google sono state accettate dalla Commissione europea e prevedono un test che inizierà a settembre, e durerà un mese, all’interno delle 17 aziende che avevano denunciato il mancato rispetto da parte del motore di ricerca dei requisiti fissati nella direttiva europea sulla protezione dei dati (direttiva 95/46/CE). Il test prevede l’utilizzo di piattaforme focalizzate su servizi finanziari, vendite online e siti di promozione pubblicitaria, ma alcune delle aziende hanno già lamentato che un mese è troppo poco per valutare in modo approfondito la soluzione proposta da BigG. Con questo accordo Google evita la multa record in cui sarebbe altrimenti incorsa, pari al 10% delle sue entrate annuali che, nel 2012 sono state di 37,9 miliardi di dollari.

Anche negli Stati Uniti il colosso aveva avuto problemi analoghi; la Federal trade commission aveva accusato Google di mettere in evidenza i propri servizi e prodotti a scapito della concorrenza: “È mia convinzione che stia dirottando il traffico” a danno dei concorrenti, aveva ribadito al Financial Times il commissario europeo alla concorrenza Joaquin Almunia, riferendosi al modo in cui il motore presentava i propri servizi all’interno delle pagine con i risultati di ricerca.  Ma in patria, proprio a gennaio 2013, Google aveva spuntato un accordo con la Ftc con condizioni di trasparenza meno rigorose rispetto a quelle richieste dall’Europa, che prevede maggiore accesso da parte della concorrenza ai brevetti essenziali per il funzionamento dei dispositivi mobili.

La stretta correlazione con alcuni recenti servizi di Google nel mercato europeo, in particolare il nuovo Google Now, software di assistenza personale intelligente per la piattaforma Android su dispositivi mobili, sembra abbia fatto precipitare la situazione. Google Now, implementato nella versione 4.1 (Jelly Bean) di Android – il sistema operativo mobile sviluppato dalla stessa Google - e supportato dal telefono cellulare Samsung Galaxy Nexus, che copre attualmente una porzione importante del mercato, funziona come una sorta di estensione dell'applicazione nativa Google Search. Usa linguaggio naturale per rispondere alla domande, dare consigli ed eseguire azioni, delegando le richieste a una serie di servizi web, e anche prevedendo le domande future dell’utente.

Le condizioni contenute nell’accordo legalmente vincolante per cinque anni, prevedono che Google

  • “etichetti” i propri servizi in modo che per gli utenti sia chiaro quando i risultati ottenuti dalle ricerche sono annunci sponsorizzati da Google.
  • includa link ai motori di ricerca concorrenti per le ricerche di attività commerciali (ristoranti, negozi,…), che generano a Google un’entrata pubblicitaria;
  • renda chiaramente distinguibili - nei risultati di ricerca - i propri servizi a pagamento che dovranno avere un aspetto simile ad annunci pubblicitari.

In pratica se si ricerca un volo aereo Venezia-Roma, tanto per fare un esempio, il risultato in risposta non deve essere direttamente collegato a Google Flight, ma deve offrire fin da subito la libertà di scegliere i risultati anche di altri motori di ricerca.

Non è detto, però, che questo risultato sia univoco e rappresenti un punto a favore dell'autority europea e dei ricorrenti. Secondo quanto affermato dal Financial Times, che ha intervistato Ben Edelman, professore associato ad Harvard a riguardo, il piano costituirebbe invece una sconfitta per l'Europa, proprio perché il risultato sortisce l'effetto contrario e va a favore di Google. Secondo lo studioso infatti "etichettare un contenuto come 'risultato Google', potrebbe in qualche modo voler significare che quel contenuto è migliore di altri”.

Antonella De Robbio

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