UNIVERSITÀ E SCUOLA

I laureati delle università venete del 2011 alla prova del lavoro

Qual è la situazione occupazionale dei 12.593 laureati triennali e dei 6.497 del biennio specialistico usciti dalle università del Veneto nel 2011? Il quadro è nella sintesi regionale Almalaurea, ottenuta elaborando i dati del suo nuovo rapporto rispetto ai quattro atenei veneti (Padova, Venezia Cà Foscari, Iuav e Verona).

Una fotografia che, a un anno dal conseguimento del titolo, vede un tasso di occupazione dei neolaureati triennali pari al 53,8%, valore superiore di 10 punti rispetto alla media nazionale (43,6%). A questi valori si sommano le persone che continuano la formazione e sono impegnate in attività di studio e di praticantato (fanno parte di coloro che non hanno un lavoro e neppure lo cercano), che per i laureati di Padova raggiunge il 30%.

Per chi lavora l’occupazione è stabile in 29 casi su cento. Ma va considerato che  l’indagine mette insieme sia i contratti a tempo indeterminato sia le forme di lavoro autonomo (lavoratori in proprio, partite iva, imprenditori). La “non stabilità” del resto è la condizione del 70,5% dei giovani laureati triennali (nella maggior parte dei casi con contratto a tempo determinato) mentre il 10,5% dichiara di lavorare senza un contratto.

Il reddito in ingresso (calcolato sul 33% dei laureati che si dedicano solamente al lavoro) è in media di 1.088 euro mensili netti, appena al di sopra della media nazionale di 1.040 euro.

Nel caso delle lauree triennali – precisa Almalaurea – si tratta di giovani che in larga parte continuano gli studi, rimandando a dopo il biennio il vero ingresso nel mondo del lavoro, e il conseguimento del titolo specialistico porta infatti un incremento delle percentuali di inserimento lavorativo: il 63% dei laureati trova lavoro entro un anno, sopra la media nazionale di quattro punti percentuali. A continuare la formazione è il 16% dei laureati (a livello nazionale è il 13%), mentre chi cerca lavoro è il 21% dei laureati specialistici degli atenei veneti (contro il 29% del totale dei laureati italiani).

Il miglioramento della performance in termini di occupabilità dopo la laurea specialistica non sembra però incidere sulle condizioni di stabilità del lavoro ottenuto: si parla del 28% (sei punti sotto la media nazionale), mentre la precarietà coinvolge il 72% degli intervistati. In lieve flessione rispetto ai laureati triennali gli occupati senza contratto, per Almalaurea lavoratori in nero, che scendono al 7,5% del totale.Il guadagno? Di poco inferiore alla media nazionale: 993 euro mensili netti, contro i 1.059 del complesso dei laureati specialistici.

Tutti dati che confermano come i neolaureati risentano maggiormente della crisi: con il trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo infatti le performance occupazionali migliorano.

A cinque anni dalla laurea specialistica conseguita in uno degli atenei veneti l’occupazione sale all’87%, in linea con il livello nazionale. Il 6,6% risulta invece ancora impegnato nella formazione. A dichiarare di essere alla ricerca di un lavoro è il 6,5% degli intervistati. Anche la stabilità del posto di lavoro cresce apprezzabilmente tra uno e cinque anni dal titolo, raggiungendo il valore del 71%. E le retribuzioni nominali salgono, a cinque anni, a 1.382 euro mensili netti (1.440 euro a livello nazionale).

Una storia, quella raccontata dall’aggregato regionale, fatta di luci e ombre. Non molto distante da un quadro nazionale che smentisce alcuni luoghi comuni. Come il fatto che studiare non conviene: le retribuzioni dei laureati sono comunque più alte di quelle dei non laureati, pur restando a livello assoluto tra le più basse d’Europa. Ma che lascia aperti i problemi della scarsa mobilità sociale tra i laureati e dell’ereditarietà di alcune professioni e scelte formative.

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