SOCIETÀ

Il lavoro e quella fiducia per i processi democratici

I nodi centrali della crisi della democrazia oggi sono il lavoro e la cittadinanza. Non a caso, il lavoro è sempre più precario e la cittadinanza sempre più trattata come un privilegio e non come un diritto. Arriva quindi al momento giusto il libro di Axel Honneth Il lavoratore sovrano (il Mulino, 2025) che dà un'utile cornice teorica al dibattito sui cinque referendum su cui voteremo l'8 e il 9 giugno.

Axel Honneth è un filosofo tedesco, autore di opere come Lotta per il riconoscimentoIl diritto della libertà e Reificazione: ha rinnovato la teoria critica ponendo il riconoscimento al centro della riflessione su giustizia, conflitto ed emancipazione della classe lavoratrice. Si colloca come ponte tra la tradizione della Scuola di Francoforte (Max Horkheimer, Theodor Adorno, Jürgen Habermas) e i dibattiti contemporanei sulla libertà, la democrazia e la giustizia sociale. Soprattutto, rende omaggio al movimento sindacale italiano e in particolare a Bruno Trentin, segretario della CGIL dal 1988 al 1994 (il padre Silvio Trentin era stato arrestato dai fascisti in via del Santo a Padova nel novembre 1943 e morì qualche mese dopo).

il lavoro non è solo una dimensione strumentale dell’esistenza, ma è anche un campo formativo essenziale per lo sviluppo delle capacità partecipative e democratiche Axel Honneth

La contraddizione tra la figura del cittadino e del lavoratore

In questo volume Honneth affronta la contraddizione tra la figura del cittadino, che in democrazia è “sovrano” (cioè partecipe e titolare del potere politico) e quella del lavoratore, che nel capitalismo soffre di impotenza, precarietà, mancanza di riconoscimento e, spesso, di vero e proprio asservimento. Il suo interrogativo di fondo è: come può la democrazia realizzarsi pienamente se una parte così importante della vita degli individui – il lavoro – si svolge in condizioni che esplicitamente negano la sovranità e perfino forme minime di partecipazione?

Secondo Honneth, il lavoro non è solo una dimensione strumentale dell’esistenza (cioè un mezzo per il sostentamento), ma è anche un campo formativo essenziale per lo sviluppo delle capacità partecipative e democratiche. L’esperienza lavorativa quotidiana è fondamentale per sviluppare pensiero critico, cooperazione, fiducia in sé stessi e capacità di partecipare attivamente alla vita pubblica. Se il lavoro è organizzato in modo autoritario, precario e privo di riconoscimento, ciò mina la cittadinanza attiva e favorisce disinteresse e sfiducia verso la politica. Non è un caso che in tutte le democrazie industriali la partecipazione al voto sia in calo da decenni e che in Italia, per la prima volta nella storia politica del Paese, nel 2024 sia andato a votare meno della metà degli aventi diritto (49,7%).

Il lavoro e la propria sfera pubblica

Nel Lavoratore sovrano, Honneth riprende il tema centrale della sua filosofia: la lotta per il riconoscimento. Sostiene che il riconoscimento sociale nel lavoro – sentirsi considerati portatori di un contributo prezioso – è la base dell’autostima personale e della capacità di esprimersi nella sfera pubblica. Chi non gode di riconoscimento nel lavoro difficilmente avrà la fiducia necessaria per partecipare ai processi democratici. Questa è una delle tesi che lo hanno portato più lontano dal marxismo originario: come si sa, nella visione di Marx ed Engels i proletari "hanno da perdere soltanto le loro catene" perché nel capitalismo non possono ottenere null'altro. 

Honneth tuttavia insiste che il lavoro può effettivamente essere compatibile con la cittadinanza democratica, se vengono rispettate alcune condizioni minime come la sicurezza economica (un impiego sicuro, un salario dignitoso e un’indennità adeguata in caso di disoccupazione). Anche con queste garanzie, però, è possibile partecipare attivamente alla vita pubblica soltanto se viene democratizzata l'organizzazione del lavoro. È necessario che i lavoratori possano effettivamente partecipare alle decisioni che riguardano i processi produttivi, sperimentando già sul posto di lavoro una prassi di cooperazione e deliberazione democratica. Qui Honneth evidentemente pensa a una versione più radicale della cogestione (Mitbestimmung) che è legge dal 1976 in Germania.

Nella visione di Honneth, il lavoro è il luogo dove si sperimenta la cooperazione sociale: si prende coscienza che il benessere individuale dipende dall’attività degli altri, e si impara a risolvere problemi comuni insieme. Questa dimensione cooperativa è fondamentale per la democrazia e non può essere sostituita da altre forme di sicurezza economica. Di qui la sua critica al reddito di cittadinanza inteso come sostituto della partecipazione lavorativa. Solo l’inclusione in fabbrica o in ufficio – e non il mero sostegno economico – può garantire la formazione di una cittadinanza democratica piena e consapevole.

La visione del filosofo tedesco di un lavoro organizzato in modo democratico e partecipativo rischia ovviamente di essere utopica rispetto alle condizioni reali del capitalismo contemporaneo, che sembra muoversi esattamente nella direzione opposta: sempre più autoritario e brutale. I vincoli imposti dal mercato e dalla competizione economica globalespingono le imprese a privilegiare efficienza, flessibilità e riduzione dei costi a scapito non solo della democrazia interna ma anche della sicurezza del lavoro (in Italia ci sono oltre mille morti l'anno nelle fabbriche e nei cantieri).

Un altro limite nell’analisi di Honneth è il fatto che si concentra prevalentemente sul lavoro subordinato tradizionale, trascurando le nuove forme di lavoro (gig economy, lavoro digitale, precariato estremo) che oggi caratterizzano il capitalismo avanzato. Tutte realtà che pongono enormi ostacoli alla partecipazione, al riconoscimento e alla costruzione di identità collettive. 

Nonostante tutto, il testo di Honneth rappresenta un lavoro ambizioso e innovativo, un contributo importante per la difesa dei diritti dei lavoratori.

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