SOCIETÀ
I padri non ricevono abbastanza congedi parentali, e questo ostacola la parità di genere

Diventare genitori comporta un cambio di vita significativo. Le attenzioni da dedicare ai figli richiedono una quantità di tempo ed energia considerevole, e la necessità di conciliare la cura della prole con il lavoro rende tutto più complesso, soprattutto quando è difficile assentarsi o il tempo concesso è troppo breve. Per questo esistono i congedi parentali retribuiti, che permettono ai genitori di essere presenti nei primi mesi o anni di vita del bambino, senza dover rinunciare al proprio reddito.
I congedi parentali: differenze tra madri e padri
Questi permessi, però, non sono distribuiti equamente. A livello globale, le madri ricevono in media 24,7 settimane di congedo retribuito, mentre i padri solo 2,2, con una differenza di oltre cinque mesi. Il dato emerge da un recente policy brief pubblicato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, che ha tra i suoi scopi la difesa dei diritti umani e delle pari opportunità del mondo del lavoro.
Il report è stato diffuso in occasione del 25° anniversario della Convenzione sulla protezione della maternità del 2000 (n. 183), che stabiliva un minimo di settimane di congedo retribuito, poi estese a 18 dalla Raccomandazione n. 191. Il documento offre una panoramica aggiornata sulle politiche internazionali in materia di congedi parentali e mette in evidenza le disuguaglianze di genere ancora presenti. Sottolinea, inoltre, l’impatto negativo di questo squilibrio sulla parità di genere nel mondo del lavoro e le relative conseguenze a livello sociale ed economico.
Secondo i dati raccolti dall’ILO, negli ultimi trent’anni il congedo di maternità retribuito è aumentato in tutto il mondo, passando da una media di 12,8 settimane a quella attuale di 17,6. Un progresso importante, che ha comportato l’estensione del congedo anche ai padri: nel 2024, 121 dei 186 paesi con dati disponibili nei database dell’ILO prevedevano un congedo di paternità, e ben 37 di questi lo avevano introdotto nell’ultimo decennio. Nello stesso periodo, altri 31 paesi avevano esteso la durata del congedo di paternità o ne avevano migliorato l’accessibilità.
Questi cambiamenti riflettono un crescente riconoscimento, a livello globale, dell’importanza del lavoro di cura e assistenza svolto dai padri. Sempre più uomini, infatti, esprimono il desiderio di essere coinvolti maggiormente nell’accudimento dei figli e desidererebbero un aumento dei congedi parentali retribuiti, come dimostrano anche le recenti proteste nel Regno Unito. Tuttavia, il loro accesso effettivo a questo tipo di indennità continua a essere limitato da barriere culturali, difficoltà economiche e vincoli imposti dai datori di lavoro.
I numeri
Secondo i dati raccolti dall’ILO, le madri hanno diritto a una media di 24,7 settimane di congedo parentale retribuito, mentre i padri ne hanno a disposizione, in media, 2,2. Una differenza che il report riconduce “al mancato riconoscimento dei diritti individuali dei padri al congedo di paternità o al congedo parentale”. In particolare, il 57,3% della popolazione mondiale abita in paesi in cui lo squilibrio tra congedi di maternità e di paternità è compreso tra i 3 e i 6 mesi.
Il documento precisa però che questi calcoli si basano sull’ipotesi che tutti i genitori usufruiscano integralmente dei congedi previsti, senza tener conto di ostacoli normativi o pratici che svantaggiano alcuni gruppi, come i genitori adottivi, i lavoratori autonomi o le coppie omosessuali. Il divario reale, quindi, potrebbe essere ancora più ampio.
La durata e le modalità di erogazione dei congedi variano notevolmente tra i diversi paesi, a seconda delle differenze culturali e dei contesti economici e politici specifici. In alcuni casi, i congedi sono individuali e non trasferibili, in altri sono cumulativi per la coppia, che può decidere come dividerli. In Italia, ad esempio, i lavoratori iscritti all’INPS hanno diritto a nove mesi di congedo parentale in totale, di cui tre mesi assegnati a ciascun genitore e non trasferibili, mentre i rimanenti tre da dividere come si preferisce.
Secondo i dati raccolti dall’ILO, la Spagna è l’unico paese in cui non si osservano differenze di genere nel diritto all’indennità parentale da quando, nel 2019, il congedo di paternità è stato esteso a 16 settimane, diventando equivalente a quello di maternità.
Ma non sempre un divario ridotto significa equità: in alcuni paesi a basso e medio reddito, la durata tra i congedi di maternità e quelli di paternità è simile a causa di una carenza di diritti anche per le donne. A tal riguardo, nel report si fa riferimento al caso di eSwatini, dove solo le madri ricevono due settimane di indennità, e alle Samoa, dove il congedo di maternità è di sei settimane, mentre quello di paternità è di cinque giorni.
Allo stesso tempo, anche quando i congedi di paternità sono più estesi, il modo in cui essi sono regolati e strutturati rischia di esacerbare le disuguaglianze di genere. In Finlandia, ad esempio, ogni genitore ha diritto a un’indennità di 160 giorni totali, ma può trasferirne una parte all’altro. Perciò, in molti casi, sono le madri a usufruire della maggior parte del congedo, sobbarcandosi quindi il grosso delle responsabilità di cura e assistenza della prole.
Dunque, non basta considerare solo la durata dei congedi, ma è anche fondamentale valutare il modo in cui sono organizzati e in che misura promuovono una divisione equa dei compiti domestici e familiari tra madri e padri.

Congedi parentali e parità di genere
Il report ILO sottolinea, infatti, che garantire l’equità nei congedi parentali è fondamentale per promuovere la parità di genere nel mondo del lavoro. Quando le responsabilità di cura e assistenza dei figli sono distribuite più equamente, la presenza femminile nel mercato del lavoro tende a essere più stabile e meno penalizzata dal punto di vista salariale.
Attualmente, le donne svolgono in media un lavoro di cura non retribuito tre volte superiore a quello degli uomini, e in molti paesi la loro partecipazione al mondo del lavoro cala drasticamente dopo la nascita di un figlio (un fenomeno noto come child penalty). Si stima che in tutto il mondo circa 708 milioni di donne non possano lavorare a causa del carico di responsabilità di cura che hanno da gestire, contro appena 40 milioni di uomini nella stessa situazione.
L’adozione di congedi parentali più equi riduce quindi il numero di donne costrette ad abbandonare il lavoro, rafforza di conseguenza la sicurezza economica delle famiglie e favorisce un trattamento più paritario tra uomini e donne anche nei processi di selezione, perché se entrambi i genitori hanno diritto allo stesso congedo parentale, si riduce il rischio che queste ultime vengano discriminate nei colloqui di assunzione.
Politiche di congedo parentale più simmetriche producono effetti positivi non solo sulla parità di genere nel mondo del lavoro, ma anche sulla salute materna e infantile. Diversi studi suggeriscono infatti che un maggiore coinvolgimento dei padri nella cura dei figli favorisce il loro sviluppo fisico ed emotivo, riducendo allo stesso tempo il rischio di sovraccarico e burnout nelle madri.
Inoltre, una distribuzione più equa del carico di lavoro domestico incoraggia l’instaurazione di dinamiche familiari più equilibrate, importanti per trasmettere ai figli una cultura di genere meno stereotipata.
Per questo motivo, gli squilibri esistenti tra i congedi di paternità e di maternità in tutto il mondo non fa che rafforzare i ruoli tradizionali di genere, che assegnano agli uomini il compito di lavorare e fare carriera, mentre alle donne quello di occuparsi della casa e della prole; una divisione che oltre a limitare le opportunità professionali delle donne, ostacola anche un cambiamento culturale verso una condivisione più equa delle responsabilità familiari e lavorative.
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Cambiare prospettiva
Il documento dell’ILO propone perciò alcune strategie per rendere i congedi parentali retribuiti più equi e sostenibili, tutelando il diritto alla maternità e valorizzando allo stesso tempo il ruolo di cura e assistenza di entrambi i genitori.
Tra le raccomandazioni principali, si legge l’invito a rafforzare il dialogo sociale per progettare politiche ben strutturate e che prevedano, quindi, congedi adeguatamente retribuiti, flessibili e non trasferibili anche per i padri. Viene considerato fondamentale, inoltre, che l’accesso a queste indennità sia tutelato da sistemi di sicurezza sociale che proteggano da eventuali pressioni esercitate dai datori di lavoro.
L’auspicio, infine, è che queste misure favoriscano un cambiamento culturale profondo, capace di promuovere una maggiore condivisione della cura e una reale uguaglianza tra uomini e donne, dentro e fuori le mura di casa.