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Il copyright non è per sempre. Il Caso HathiTrust

HathiTrust, l’archivio digitale gestito dalla University of Michigan e nato dalla collaborazione fra  50 biblioteche accademiche americane ed europee con il progetto Books di Google la spunta contro l’americana Authors Guild, associazione no-profit che difende gli interessi di autori ed editori. Lo scorso 10 ottobre  Harold Baer - giudice distrettuale dello Stato di New York - si è pronunciato, in 23 pagine (Case 1:11-cv-06351-HB Document 156), schierandosi nettamente a favore delle biblioteche.

HathiTrust è collettore delle digitalizzazioni presenti nelle istituzioni affiliate (3 grossi consorzi e 52 istituzioni accademiche tra le più prestigiose, dalla Cornell alla University of California alla Complutense di Madrid) e comprende le copie delle scansioni di differenti progetti di digitalizzazione, in gran parte provenienti da Google. Partner fondamentale delle istituzioni accademiche affiliate è infatti il gigante informatico di Mountain View: le università mettono a disposizione i testi dai depositi delle loro biblioteche, GoogleBooks scannerizza le opere e uniforma i formati. Punto di partenza comune, la constatazione che oltre il 70% del patrimonio del sapere umano è oggi disponibile esclusivamente nelle biblioteche, a volte in pochi esemplari, in quanto fuori commercio e introvabile sul mercato librario.

Le biblioteche con le copie elettroniche dei libri hanno messo in piedi un repository collettivo chiamato HathiTrust Digital Library, (pronuncia hah-TEE, parola indi che significa "elefante", animale simbolo della memoria), con tre obiettivi fondamentali: conservazione delle opere, implementazione di un motore di ricerca entro tutti i full-text e possibilità di accesso digitale per gli utenti con disabilità visive. Ad oggi HathiTrust comprende oltre 10milioni e mezzo di testi relativi a 5milioni e mezzo di titoli.

Il 31% di questo patrimonio è accessibile pubblicamente. Si tratta di opere i cui diritti sono scaduti e per la legge sul copyright negli Stati Uniti sono di pubblico dominio. Circa venti  membri dello staff sono impegnati in permanenza sul Copyright Review Project, attraverso un controllo minuzioso dello stato del copyright dei libri digitalizzati presenti nelle collezioni che compongono l’archivio. Quando i libri sono di pubblico dominio, il Trust li rende Open Access senza restrizioni. La restante parte del contenuto, poco più del 70% del totale, è accessibile ai soli partecipanti alla rete consortile HathiTrust, mentre per l’utente di rete sono visibili solo degli snippet (ritagli). Ed è qui, su questo terreno scivoloso, che si è incentrata la lite giudiziaria.

Due sono le controversie legali che Authors Guild ha intrapreso contro le digitalizzazioni. La prima  è diretta contro il progetto Books di Google e la seconda, strettamente correlata, contro HathiTrust. In entrambe l'accusa mossa riguarda proprio la violazione del copyright e l'uso non autorizzato dei contenuti di opere i cui autori possono vantare dei diritti. Va sottolineato che non si tratta di testi su cui gravano diritti propriamente editoriali in quanto la parte delle digitalizzazioni provenienti dall’accodo tra Google e le biblioteche riguarda appunto testi i cui diritti editoriali sono scaduti da tempo (opere fuori commercio), ma non ancora di dominio pubblico. Questa fascia di opere introvabili – che riguarda oltre il 70% del patrimonio delle biblioteche - è soggetta comunque a diritti d’autore che in Europa durano settant’anni dopo la morte dell’autore stesso, mentre negli Stati Uniti attraverso il copyright vige un sistema parzialmente diverso.

Le attività di digitalizzazione del sapere umano, secondo quanto detto sopra,  sono da far ricadere nel fair use di stampo anglosassone, e cioè nell'ambito della ricerca, dell'insegnamento o comunque della revisione critica - non a scopi commerciali - di un'opera, oppure con la loro gratuità costituiscono una violazione dei diritti di proprietà intellettuale? Nella valutazione dei quattro fattori caratterizzanti il FairUse, propri del regime statunitense sul copyright, la Corte ha considerato che tali scansioni vi rientrassero in pieno: pertanto, le biblioteche che hanno fornito i libri per la digitalizzazione nel progetto Google hanno agito in modo perfettamente legittimo.

Sebbene la questione Fair Use nelle biblioteche sia un argomento decisamente più forte e sentito rispetto al soggetto Google, proprio perché le biblioteche operano come organizzazioni no-profit con una missione fondamentalmente a scopo educativo, è indubbio che Google stia esultando in quanto sta facendo praticamente lo stesso uso virtuale con le copie digitalizzate nel suo progetto. Entrambe le cause si influenzano a vicenda, ed è stato fin dall’inizio evidente come l'esito della causa che si conclude per prima avrebbe avuto forti ripercussioni sulla seconda.

Antonella De Robbio

Questo testo è la sintesi di uno studio di Antonella De Robbio sull’argomento.

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