SOCIETÀ
Il peso delle istituzioni. Non solo un problema di leggi
Obama durante un incontro ufficiale al Quirinale. Foto Paolo Tre/A3/Contrasto
Le istituzioni contano? E se sì, quali, quando, quanto e perché contano? A questi interrogativi, cerca di fornire alcune risposte che meritano attenzione, prendendo in analisi la più rappresentativa delle istituzioni nei Paesi democratici, il recente libro di Selena Grimaldi I Presidenti nelle forme di governo. Tra Costituzione, partiti e carisma (Carocci, 2012).
La tesi centrale del volume è che le istituzioni non si esauriscono nelle regole formali, legislative e costituzionali: il mito delle regole va sfatato, poiché esse sono soltanto una delle dimensioni rilevanti per capire come lavora, in realtà, un sistema di governo e quali effetti produce. E proprio un mito sarebbe, per l’appunto, quello della straordinaria forza dei presidenti nei sistemi presidenziali (caso americano) e della debolezza intrinseca di qualsiasi presidente espressione di un sistema parlamentare (caso italiano).
Il libro mostra una realtà molto diversificata in cui, oltre alle regole, altre due dimensioni egualmente importanti giocano un ruolo decisivo nel determinare il peso effettivo dei presidenti: le condizioni politiche - vale a dire il grado di stabilità politica e le condizioni di legittimazione in cui versa il sistema partitico - e la personalità o il carisma di chi occupa, di volta in volta, i ruoli istituzionali interpretando regole e modificando sistemi di relazioni. Regole, condizioni politiche e carisma sono gli ingredienti principali che nel tempo forgiano i profili dei presidenti della repubblica sia nei sistemi parlamentari come il nostro o quello tedesco, sia in sistemi con forme di governo presidenziali (ad esempio Stati Uniti, Argentina) o semi presidenziali (Francia, Finlandia, Polonia, Portogallo, Romania).
Il presidente si può configurare: come un decisore che interviene in modo risolutivo nei processi di formazione delle politiche pubbliche (“decision maker”); come il difensore di valori costituzionali e l’interprete di una funzione pedagogica (“value controller”); come leader e interprete dell’opinione pubblica e dei sentimenti diffusi nel paese attraverso una presenza attiva sui media (“media exploiter”); e, infine, attraverso un attivismo istituzionale, come uomo chiave per la risoluzione di gravi crisi politico-istituzionali (“crisis resolver”).
Grimaldi suggerisce che non di rado uno stesso presidente, nel corso del mandato, può adottare stili e ruoli differenti al variare delle condizioni esterne e degli equilibri politici. Uno degli aspetti più interessanti del libro è senza dubbio la messa a fuoco dell’importanza dei media e della comunicazione nell’attività istituzionale e nell’interpretazione del proprio ruolo da parte dei presidenti. Il fattore comunicazione sarebbe una costante storica trasversale alle diverse forme di governo e sarebbe stata decisiva per De Gaulle nella Quinta Repubblica come per Obama in tempi più recenti. Sia nei sistemi presidenziali, sia in quelli parlamentari o semipresidenziali, la capacità di comunicazione mediatica si rivela uno dei fattori fondamentali nel successo o insuccesso dei Capi di stato nel corso del loro mandato.
La funzione di moral suasion, la capacità di innescare “rituali di rigenerazione” e di consolidare “miti di fondazione” risiedono sempre di più nella abilità di forgiare il linguaggio pubblico, in una comunicazione istituzionale capace di fornire visioni unificanti, interpretare i cambiamenti e fungere da canale di legittimazione del sistema di governo nel suo complesso. A questo proposito, Grimaldi ricorda il ruolo di spartiacque svolto da Pertini nel trasformare il rapporto tra Quirinale e opinione pubblica, e quello, altrettanto rilevante, di risolutore di crisi svolto dal Presidente Scalfaro all’inizio degli anni ’90 durante le vicende di “tangentopoli”.
Nell’attuale crisi economica e della rappresentanza politica, gli echi suscitati dal discorso di fine anno del Presidente Napolitano - l’appello a coniugare sviluppo economico e civico, l’invito al rispetto del “bene comune”, l’attenzione al tema dello sviluppo della qualità morale della classe politica - sono in linea con un progetto di “pedagogia civile” iniziato da Ciampi e possono essere lette con le categorie che Selena Grimaldi indica come “value controller” e “media exploiter”. Se guardiamo alla tornata elettorale alle porte, il ruolo di “crise resolver” del Presidente Napolitano sarà probabilmente quello più decisivo per le sorti della futura legislatura, e forse anche per l’individuazione del suo potenziale successore.
Il lavoro di Grimaldi, come sottolinea Gianfranco Pasquino nell’introduzione, è un prezioso punto di partenza per approfondimenti ulteriori delle molteplici funzioni svolte dai presidenti. In un paese come il nostro, attraversato da conflitti politico-giudiziari e da un’intensa attività legislativa parlamentare che ha cercato a lungo di imbrigliare una magistratura percepita come non più neutrale politicamente, il ruolo del Presidente della Repubblica in qualità di Presidente del Consiglio superiore della magistratura (CSM), l’organo di autogoverno della magistratura, è cruciale e continuerà a esserlo.
A pochi mesi dalla scadenza del settennato di Giorgio Napolitano, che terminerà il 15 maggio, il volume è una bussola utile anche per seguire e interpretare gli avvenimenti che ci attendono nei prossimi mesi e per capire le logiche sottostanti a scelte molto importanti per il futuro del nostro sistema politico-istituzionale.
Maria Stella Righettini
Selena Grimaldi, I Presidenti nelle forme di governo. Tra Costituzione, partiti e carisma, Carocci, Roma 2012