SOCIETÀ

Il ritorno di Ivan. Con garbo

L’economia al centro. È quanto emerge dalle parole degli esponenti della politica e dell’accademia russa a un recente convegno padovano sulle sfide della Russia a vent’anni dalla caduta dell’Unione Sovietica.

Mikhail Nosov, dell’Accademia delle scienze, parte da un lontano 1989, quando Mikhail Gorbaciov andò in visita nella Cina di Deng Xiaoping nel pieno della crisi di Tien An Men. I due leader si confrontarono a lungo sull’eventualità della caduta dei regimi comunisti e sui passi da fare qualora questa si fosse avverata. Gorbaciov spiegò che in quel caso la Russia avrebbe ricominciato dalla politica; il cinese invece disse “noi cominceremo dall’economia”. Due anni dopo il risultato fu il passaggio dall’Urss alla Comunità degli Stati Indipendenti, fondata su scelte politiche ma senza adeguate basi economiche.

A due decenni di distanza si cerca una strada differente. È del novembre 2011 infatti l’accordo siglato tra Russia, Kazakistan e Bielorussia che prevede la creazione dell’Unione Eurasiatica entro il 2015, mentre quest’estate si sono incontrati a Nižnij Novgorod gli esperti dei tre Paesi e di Ucraina, Azerbaigian, Kirghizistan, Tagikistan e Moldavia per discutere i problemi della re-integrazione dello spazio post-sovietico. La proposta del nuovo organismo, individuata come obiettivo per il futuro prossimo, è venuta da Putin in persona in una serie di articoli scritti nel 2011 in piena campagna elettorale. Mentre la Bielorussia pare aver aderito in maniera un po’ riluttante ma con una buona dose di pragmatismo, il presidente kazako Nazarbaev si è dimostrato decisamente più entusiasta dell’idea eurasiatica pur perseguendo contemporaneamente l’idea di una Unione Turca (è giunta l’ora della riunificazione di tutti i turchi, ha dichiarato in una sua recente visita a Istanbul).

Gli accademici e i politologi ospiti a Padova sono concordi nell'insistere sul carattere fondamentalmente economico dell’Unione, ben lontana dall’essere la realizzazione tardiva dell’ideale eurasista, nato circa un secolo fa negli ambienti intellettuali dell’emigrazione, quasi una sublimazione di decenni di contrapposizione tra slavofili e occidentalisti. Base dell’Unione Eurasiatica, dichiaratamente modellata sull’esperienza dell’Unione Europea, è infatti l’unione doganale già esistente tra i Paesi; per la prima volta, sottolinea Nosov, l’economia è stata anteposta alla politica. Scopo dell’Unione è, da parte russa, la difesa degli interessi nazionali, segnala invece Aleksej Gromyko - accademico moscovita e nipote del più famoso Andrej, storico ministro degli esteri sovietico - nonché una conclamata “diversificazione” della politica estera, non più solo eurocentrica. La Russia insomma cerca uno spazio adeguato per il suo ruolo di superpotenza energetica ed economica ritrovato dopo la profonda crisi seguita ai cambiamenti post-1989.

Se l’Europa resta comunque al centro degli interessi economici, dal momento che il 47,6% del commercio estero russo è con l’Unione Europea (e la parola chiave anche qui resta “energia”), il segnale di un crescente – e legittimo – interesse verso oriente è forte e non privo di conseguenze politiche. Spetta infatti a Gromyko rivendicare con orgoglio l’unicità dell’esperienza e della cultura russa, civiltà originale a cavallo tra oriente e occidente, e sottolineare il ruolo di potenza regionale “basata sui fatti e non sulle ideologie”. Lo spazio post-sovietico si ricostituisce insomma su nuove basi. Ma per non incutere timore e risvegliare fantasmi da guerra fredda, ricorre nel contempo ai soft powers tipici delle grandi potenze, tra cui il sostegno alla cultura e alla lingua russa, dichiaratamente sul modello delle istituzioni di altre grandi nazioni europee, come il British Council (nato peraltro nel 1934, in pieno Commonwealth) e la ancora più antica Alliance Française. E riprendendo – va detto - una tendenza già in atto in epoca sovietica, quando la grande attenzione all’insegnamento del russo agli stranieri era uno dei mezzi per rinsaldare l’amicizia con i “popoli fratelli”.

Cristina Gottardi

Il convegno: Challenges and perspectives of contemporary Russia

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