UNIVERSITÀ E SCUOLA

L’Italia ha quello che si merita

Le classifiche internazionali degli atenei sono un complesso di valutazioni che mettono assieme elementi di prestigio (come la presenza di premi Nobel), di qualità della ricerca (come pubblicazioni su riviste particolarmente prestigiose) e di caratteristiche strutturali (rapporto docenti studenti, o misura di internazionalizzazione). In queste classifiche gli atenei italiani non figurano benissimo. Siccome ciascuno di questi fattori di valutazione è complesso, per capire bene lo “stato di salute” dell'Università italiana occorre approfondire ciascuno degli aspetti.

Qui vogliamo esaminare alcuni dati presenti nel database Scimago. Scimago è un gruppo di ricerca dell'Università Carlo III di Granada che ha creato un portale che raccoglie e analizza dati bibliometrici di tutte le riviste contenute in Scopus, uno dei maggiori in termini di dimensioni e completezza in quanto a riviste censite. Il sito, www.scimagojr.com, permette di estrapolare dati relativi a singoli settori disciplinari, divisi per Paese, per anno e altro. Una sezione è dedicata all'analisi comparata per Istituti di ricerca (comprendendo non solo università quindi, ma anche enti di ricerca pubblici o privati).

Entrando nel vivo delle analisi comparate tra Paesi, il sistema mostra complessivamente l'Italia si colloca costantemente all'ottavo posto al mondo, dopo USA, Cina, Regno Unito, Germania, Giappone, Francia, Canada e prima di India (9), Brasile (13) o Svizzera (17). In altre parole il posizionamento medio dell'Italia è conforme a quello come sistema economico a livello mondiale. È interessante notare che l'Italia ha un H-index quasi doppio di quello della Cina e un numero medio di citazioni quasi triplo. La Cina, naturalmente, per ora può contare su una massa di produzione di ricerca scientifica più elevata ma di minore impatto a livello di singola ricerca.

Se entriamo in alcuni ambiti specifici per esempio possiamo notare alcune differenze di posizionamento significative. Per esempio siamo al 5° posto nelle discipline odontoiatriche, al 6° in matematica, al 7° in genetica, geologia, medicina, neuroscienze e farmacologia. Così come le discipline peggio piazzate sono le scienze agrarie, il management al 12° posto. In alcuni settori specifici si riesce a riconoscere l'impronta di scuole storiche di tradizione e fama mondiale anche nel nostro Paese. Per esempio l'analisi matematica ci vede al 4° posto al mondo dopo Cina, USA e Francia, ma prima di Germania (5) e Regno Unito (solo 10). Ma è solo un esempio di tante discipline dove la ricerca italiana ricopre un ruolo di primissimo piano a livello mondiale e che dovrebbe far riflettere quando si fanno politiche o di taglio lineare oppure di sviluppo (forse ancora utopiche nel nostro Paese).

L'altro dato interessante da incrociare è il ranking scientifico delle istituzioni offerto sempre da Scimago. Prendiamo a titolo di esempio la prima istituzione mondiale, il CNRS francese, la prima istituzione italiana, il CNR al 21° posto, e l'Università di Padova, al 122° posto della classifica (tra le università italiane viene dopo Roma La Sapienza, 72°, Bologna 104°, Milano Statale 121°). Il ranking prende in considerazione diversi parametri quantitativi (massa di pubblicazioni prodotte nell'anno 2012) e di impatto (collaborazione internazionale, pubblicazioni di alta qualità, di pubblicazioni di eccellenza, di specializzazione e di leadership). I dati qualitativi sono molto interessanti: il grado di internazionalizzazione è attorno al 50% per il CNRS, 42,6 per il CNR e 41 per l’università di Padova. Le pubblicazioni classificate di alta qualità sono il 58,4% per il CNRS, 63,2% per il CNR e 61,3% per Unipd. Quelle eccellenti sono il 15,8% per il CNRS, il 14,8% per il CNR e il 17,4% per Unipd. Il grado di leadership, cioè quanto la ricerca ha avuto origine dall'istituzione, oscilla intorno al 50% in tutti e tre i casi. Cosa cambia? Che naturalmente CNRS e CNR possono contare di una massa superiore di pubblicazioni censite: oltre 200.000 per il CNRS, e quasi 39.000 per il CNR, contro poco più di 18,000 per l'università di Padova.

Questi dati dovrebbero anzitutto essere oggetto di approfondimento per chi si occupa di politiche di sviluppo. Perché se intersechiamo questi dati con la percentuale di stanziamenti dedicata nel nostro Paese al finanziamento della ricerca si vede che, purtroppo, non siamo l'ottavo Paese al mondo e nemmeno il dodicesimo, ma il ventisettesimo. Insomma, la ricerca italiana, così tanto denigrata, forse meriterebbe qualche attenzione in più visti i risultati che comunque produce.

Paolo Guiotto

 

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012