SCIENZA E RICERCA

Quando si combatteva in gondola

Abbiamo parlato varie volte di casi di serendipità nella scienza, cioè quella singolare capacità di trovare qualcosa mentre stai cercando tutt'altro. Se di primo acchito potrebbe sembrare un fenomeno casuale è in realtà frutto della capacità di scienziati e ricercatori di fare dei collegamenti mentali carpiati che altri lascerebbero invece vagare nell'affollato universo degli spunti mai raccolti.
Dario Camuffo, dirigente di ricerca emerito e ora associato dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, stava conducendo delle ricerche per ricostruire l'altezza dell'acqua alta a Venezia nella storia, e si è trovato nella condizione di dover conoscere il pescaggio delle gondole, cioè quanto è alta quella parte che rimane sommersa dall'acqua mentre si naviga, perché le cronache dicevano che le gondole potevano arrivare fino in Piazza San Marco. Questo ha portato Camuffo a consultare varie fonti, e si è reso conto che per tutto il Cinquecento questo tipo di informazione mancava quasi totalmente.

 Ma perché mai c'era tutto questo silenzio su un'imbarcazione che siamo abituati ad associare a inoffensivi incontri tra innamorati? Perché nessuno parlava dei progressi tecnici che nel tempo migliorano i mezzi di trasporto? Perché le uniche immagini disponibili anche molti anni dopo erano grandi come francobolli e anche ingrandendole non si veniva a capo di nulla? Ebbene sì, c'era un segreto, e Camuffo ce lo ha raccontato in una videointervista.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Barbara Paknazar

Il segreto di cui parliamo era un segreto militare. Le gondole, infatti, nel Cinquecento erano state usate come navi da guerra, come rileva Camuffo in un articolo sulla loro storia, legata a doppio filo alla laguna e agli eventi che hanno reso grande Venezia.
Un'altra informazione che ha incuriosito il fisico è che, come scrive Sanuto, alla fine del Cinquecento a Venezia c'erano ben 10.000 gondole, che era un numero spropositato rispetto alla popolazione residente, parliamo di una gondola ogni dieci abitanti. Il motivo del surplus era proprio il fatto che, tornata la pace, erano rimaste le gondole da guerra, e anche in tempi successivi le imbarcazioni che venivano utilizzate per trasportare le sposine dopo il matrimonio avevano un aspetto leggermente più offensivo rispetto alle prime, quelle che si possono trovare per esempio nei mosaici di San Marco.

Ma come mai ai veneziani è venuto in mente di usare le gondole come imbarcazioni militari? Bisogna tenere conto che parliamo di un popolo pragmatico, che di fronte a problemi e insuccessi si industria per trovare delle soluzioni creative. "Nel 1508 - spiega Camuffo - il papato, francesi, spagnoli e tedeschi hanno fondato la Lega di Cambrai, contro i veneziani. Ad Agnadello questi ultimi hanno subito gravi perdite, e così hanno pensato di rimediare combattendo con i mezzi con cui si sentivano più forti, cioè con la flotta. Quando si è trattato di attaccare Ferrara, però, i veneziani hanno capito che le barche che avevano non erano adatte a navigare sul Po, ne servivano di molto più leggere".
Ed ecco che si è fatta strada l'idea di utilizzare proprio le gondole, la cui forma è cambiata nel tempo, e prima del Cinquecento si trovano varie testimonianze in questo senso. All'inizio ricordava un po' le imbarcazioni orientali, e non è da escludere che ci sia lo zampino di Marco Polo di ritorno dai suoi viaggi.
La gondola classica non poteva essere utilizzata per navigare attraverso i fiumi, perché aveva il fondo piatto, quindi era instabile e non resisteva al vento. L'equipaggio doveva inoltre remare a turno, quindi alle estremità venivano applicate delle bande di ferro con delle aste che formavano un rostro. Questa conformazione migliorava la governabilità della barca, perché essendo asimmetrica permetteva di remare sia avanti che indietro senza bisogno di girarla.

"Le gondole precedenti - aggiunge Camuffo - erano molto arcuate, e quindi era impossibile metterci sopra tavole e tronchi per creare ponti di barche, e così hanno dovuto anche abbassare e appiattire lo scafo, ispirandosi ai vascelli corsari vichinghi che, come loro, facevano incursioni con una decina di persone".
Perché sulle gondole non c'erano solo soldati, ma anche cittadini comuni che avevano ricevuto il permesso di distruggere e razziare tutto ciò che trovavano sui territori del ferrarese, un buon incentivo ad armarsi e intraprendere il viaggio. Per questo motivo, la lunghezza della gondola è stata raddoppiata, e la barca è stata irrobustita con i rostri, che, oltre a bilanciare, permettevano anche di procedere per sfondamento durante le battaglie.

Alla fine della guerra, nel giro di due o tre decenni, si è passati alla gondola che conosciamo oggi, con il ricciolo sulla poppa e un ferro a prua, che però non aveva uno scopo offensivo, ma serviva al gondoliere per vedere la barca oltre la cabina che si trovava in mezzo. Nel tempo il peso di questo ferro è aumentato, per compensare il peso del vogatore sulla parte sinistra della poppa, che tra l'altro, essendo da solo, rischiava di far ruotare la barca. "Così la gondola - conclude Camuffo - è diventata un gioiello di idrodinamica".

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