SOCIETÀ

Le Chiese nel cyberspazio

Se per Papa Francesco “Internet è un dono di Dio”, anche altre religioni stanno sempre più scoprendo le possibilità offerte dalla Rete. Così scrive il sociologo delle religioni Enzo Pace nel suo ultimo libro La comunicazione invisibile. Le religioni al tempo di internet  (San Paolo, 2013), presentato pochi giorni fa presso il Centro giovanile Antonianum.

La connessione tra strumenti di comunicazione e sfera spirituale non è una novità: del resto anche termini come community, follower e avatar avevano in origine una connotazione religiosa. Ancora una volta sono gli Stati Uniti a fare da battistrada: qui a partire dagli anni Settanta era partito il fenomeno dei telepredicatori, e sempre qui si stanno sperimentando le nuove ibridazioni tra rete e fenomeno religioso. Certo, per il momento non si vedono ancora all’orizzonte figure con il carisma di un Billy Graham o di un Pat Robertson, capaci con i loro network di influenzare pesantemente persino per le elezioni presidenziali americane, oltre che elemento chiave della svolta neoconservatrice degli anni Ottanta. Lo scenario però è in movimento. Tutto ha inizio nel lontano 28 gennaio 1986, quando sette astronauti periscono in diretta tv mondiale durante la tragedia della navetta spaziale Challenger. Per la prima volta sul web, che proprio in quel periodo si sta timidamente aprendo al grande pubblico, viene organizzato un servizio funebre ecumenico dai rappresentanti di diverse fedi religiose.

Da allora si moltiplicano siti internet come ecunet.org e buddhanet.net, ai quali si ricorre non solo per informarsi, ma anche per stabilire un contatto con altri internauti. Il passo successivo è rappresentato dalla First Church of Cyberspace, fondata nel 2000: secondo Pace la prima chiesa interamente virtuale. “Ero stanco di avere 62 persone ogni domenica a messa: adesso ho circa 2.000 contatti al giorno” disse una volta il fondatore, il reverendo presbiteriano Charles Henderson. Le persone trascorrono sempre più tempo su internet, ed è lì che allora chiese e movimenti religiosi cercano di andarle a scovare. In molti casi il metodo è lo stesso: entrati nel sito si può scegliere tra pillole di spiritualità, gallerie multimediali e l’interazione con gli altri “webfedeli”. Immancabili gli spazi per le offerte e le attività benefiche, l’acquisto di libri o cd, mentre qualcuno propone addirittura benedizioni, confessioni o “profezie” on line.

Oggi con Internet 2.0 questi fenomeni possono crescere ulteriormente, annunziando il loro verbo tramite strumenti come blog e social network. Un vero e proprio supermercato della salvezza in cui ognuno può stabilire autonomamente il suo mix, senza troppo badare ad appartenenze religiose troppo definite ed esclusive. Molti predicatori insomma chiudono le chiese e si trasferiscono direttamente sul web, che permette di raggiungere molte più persone con costi decisamente minori: tutto sta nel saperne cogliere e sfruttare le caratteristiche. Si passa in questo modo, secondo l’autore, dalla religion on line, in cui la comunicazione via computer è usata in maniera piuttosto tradizionale dalle confessioni storiche, alla on line religion, che invece riguarda credenze religiose che nascono e soprattutto hanno seguito solo nello spazio virtuale. Ci sono poi casi limite come ad esempio il pastafarianesimo, che nasce su internet con intenti satirici per contrastare l’insegnamento della teoria del Disegno intelligente nelle scuole americane, ma che sta assumendo sempre più i caratteri esteriori di una religione (o pseudo-religione).

Gli spazi virtuali insomma crescono, mentre quelli reali si contraggono, così come le occasioni per un contatto diretto tra i membri della comunità dei fedeli, che ora rischia fatalmente di diventare solo una delle tante community online alle quali si appartiene. A lungo andare però, secondo l’analisi di Pace, internet rischia di influire non solo sul modo di relazionarsi, ma addirittura anche sulla struttura e sui dogmi, persino per le religioni storiche. Nella comunicazione via computer infatti il rapporto tra mittente e ricevente non è più definito in maniera netta; allora però che fine farà la Verità con la v maiuscola nei forum e nei social network – in cui ognuno discute liberamente con gli altri su un piano di parità, spesso in forma anonima? Basti pensare all’impatto che questa sovrabbondanza di comunicazione “orizzontale” potrebbe avere non solo su strutture gerarchizzate, come quelle del cattolicesimo o del buddismo tibetano, ma anche ad esempio sull’Islam.

Gli strumenti della comunicazione assistita insomma, come scrive il gesuita cyberteologo Antonio Spadaro, non si limitano semplificare la comunicazione e il rapporto con il mondo: essi piuttosto disegnano “uno spazio antropologico nuovo che sta cambiando il nostro modo di pensare”, di conoscere e di relazionarci la realtà, inclusa la sfera religiosa. Sarà poi la storia a dire se la Rete sarà il luogo di una rinascita oppure della definitiva eclissi del sacro.

Daniele Mont D’Arpizio

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012