SOCIETÀ

Le elezioni in un tweet

Internet e trasparenza sono oggi un binomio forte, capace di avere un impatto significativo e spostare equilibri politici in paesi e situazioni anche molto diversi fra loro? Soddisfatte alcune condizioni, sembrerebbe proprio di sì, tanto per le campagne della società civile, da “Occupy Wall Street“ alla campagna italiana per l’Acqua bene comune o – con un livello di drammaticità ben diverso - la “primavera araba”; ma ci sono anche esempi come le campagne per la libertà d’informazione FOIA – Freedom of Information Act e contro la corruzione “Riparte il futuro”. Anche i partiti politici italiani, dopo aver considerato per molto tempo quello di internet un terreno di nicchia, sono ora presenti e ne vengono influenzati: basti ricordare il ruolo svolto della mobilitazione via internet per le recenti primarie, o l’uso di Twitter, nella maggior parte dei casi per la prima volta, da parte dei diversi staff nella campagna elettorale in corso.

Questo nesso ha cominciato da tempo ad avere effetti sostanziali anche nei processi di aggregazione politici, dalla formazione di movimenti o partiti - vedi il Partito Pirata in Svezia e Germania o il Movimento 5 Stelle in Italia - alla linea politica e alla scelta dei propri candidati o alla definizione dei programmi elettorali, come nel caso della campagna “Immagina” per la Regione Lazio, basata sulla piattaforma interattiva già impiegata dai Democratici per le presidenziali Usa. Ma il web è solo un grande palcoscenico per farsi notare? Sembrerebbe di no. Internet rappresenta infatti anzitutto una fonte preziosa di dati utili per monitorare l'opinione pubblica.

Grazie ai recenti sviluppi dell’analisi quantitativa e della Sentiment Analysis (SA), è possibile ora sfruttare in modo affidabile le informazioni che provengono dal mondo on line. Arriva ora, a mettere a fuoco questa nuova realtà, un’interessante analisi dell'università di Milano, Every tweet counts?, che indaga la capacità predittiva dei social media sulle intenzioni di voto degli elettori confrontando i risultati delle analisi sui social media con quelli delle indagini tradizionali, attraverso il metodo di recente proposto da Hopkins e King.

Lo studio del dipartimento di Economia, management e metodi quantitativi dell'università di Milano applica questo metodo a tre diversi scenari, osservando da un lato la popolarità on line dei leader politici italiani nel 2011 e, dall'altro lato, l'intenzione di voto su internet degli utenti francesi nel 2012. La varietà di contesti è stata deliberatamente scelta, per indagare in maniera più efficace la forza e limiti del monitoraggio delle reti sociali, e per valutare i fattori che possono aumentare (o diminuire) la loro affidabilità nel fornire responsi generalizzabili all’intera opinione pubblica.

L’interessante lezione che emerge dal rapporto, prodotto dai ricercatori Andrea Ceron, Luigi Curini, Stefano M. Iacus e Giuseppe Porro, è che, nonostante gli utenti di internet non siano necessariamente rappresentativi di tutta la popolazione, si evidenziano notevoli capacità da parte dei social media di prevedere i risultati elettorali. Si presenta infatti una correlazione significativa tra i risultati delle indagini di massa ottenute dai social media e quelli delle indagini tradizionali (tenendo presente sia il tasso di astensione che l’età anagrafica). Inoltre, l'analisi automatizzata statistica fornita risulta avere un errore atteso del 3%, per cui consente una precisione di stima dei risultati elevata.

Anche le opinioni, così come i contenuti, subiscono il fascino dell’informazione istantanea e replicata, per cui se da un lato è più facile infiocchettare delle bufale sul web e renderle convincenti (e, in alcuni casi, virali), dall’altra la grande comunità virtuale che abita il web 2.0, mentre le rende popolari condividendole all’infinito, produce una mole inesauribile di pensieri e dati. La crescita esponenziale dei social network, poi, accresce la possibilità di approfondire le indagini nel web per esplorare e tracciare le preferenze, anche politiche, dei cittadini. Al giorno d'oggi, l'accesso a internet è disponibile a un pubblico di cittadini (e di elettori) pari a 2,5 miliardi di persone. Di questi, il 72% della popolazione internet è attiva su almeno un social network, come Facebook (oltre 800 milioni di utenti, il 12% della popolazione mondiale) o Twitter (200 milioni di utenti attivi).

E così, da punto di partenza delle più promettenti strategie di marketing aziendale – questa la sua origine - la sentiment analisys diventa strumento di indagine elettorale. La letteratura sul tema, anche se recente, è piuttosto corposa. Per citare alcuni esempi, che sono alla base dello studio Every tweet counts, si va dall’esplorazione dei social media come dispositivo di previsione delle elezioni, alla sua analisi per valutare la popolarità dei politici, o per confrontare le preferenze politiche dei cittadini espresse on line con quelle catturate dai sondaggi tradizionali.

Alcuni di questi lavori si basano su tecniche molto semplici, che si concentrano sul volume di dati relativi a partiti o candidati. In queste ricerche è stato possibile, ad esempio, dimostrare che il semplice numero di menzioni di un candidato nei post dei blog è un buon predittore di successo elettorale e può svolgere tale funzione meglio dei sondaggi elettorali, oppure trovare la conferma, prendendo in esame le citazioni su Twitter relative ai risultati delle elezioni tedesche del 2009, che il numero di tweet relativi a ciascuna compagine politica è un buon indicatore delle intenzioni di voto. Ancora, si è costruito un classificatore del “sentiment” basato sull'induzione lessicale, con il quale è stato possibile trovare una correlazione tra i vari sondaggi condotti durante le elezioni presidenziali del 2008 e il contenuto del complesso dei messaggi disponibili sulla bacheca di Facebook. L'analisi di più social media (Facebook, Twitter, Google e YouTube), infine, è stata in grado di superare in precisione le indagini tradizionali nella stima dei risultati delle elezioni inglesi del 2010.

Non molto tempo fa, Todd Herman, della Republican National Committee, ha usato una metafora molto calzante per descrivere la sentiment analisys: secondo Herman “i sondaggi sono come guardare gli animali allo zoo. Puoi ottenere campioni perfetti, osservarli da ogni angolazione, ma poi ti chiederai perché non combaciano. La sentiment analysis è come guardare quegli animali nel loro ambiente naturale”. Il web, infatti, da questo punto di vista, sembra poter essere – pur nella relativa arbitrarietà del campione – molto più preciso, come termometro per misurare la direzione del “sentiment”, di quanto non sia il più accuratamente selezionato focus group: perché il numero di opinioni, e di persone coinvolte è enormemente maggiore; ma, anche e forse soprattutto, perché le opinioni espresse sulla propria timeline o attraverso i tweet sono condivise in assoluta libertà e nell’interazione quotidiana di ognuno.

Angela Creta

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