SOCIETÀ

Lettonia: la democrazia a colpi di clic

Chi negli ultimi tempi non ha ricevuto l’invito, tramite e-mail o social network, a partecipare a una petizione on line? Tra gli strumenti che si sono affermati ultimamente ci sono applicazioni come Causes e siti come Change.org. Proporre una campagna e poi diffonderla è ormai questione di pochi clic, dopodiché il successo è rimesso al web. Gli argomenti, come è logico, sono i più diversi: dalle iniziative per salvare le balene del mare di Bering alla richiesta di accessori specifici per la Barbie, dal “gendericidio” in Cina a Google Reader. E si iniziano a contare anche le prime “vittorie”, segnalate in apposite sezioni dei vari siti.

Ora immaginiamo che un sistema del genere sia usato in maniera istituzionale anche per raccogliere dei progetti di legge che saranno poi discussi in parlamento. È esattamente quello che sta accadendo in Lettonia, dove nel 2011 è partito il sito ManaBalss.lv (“la mia voce”), attraverso il quale tutti i cittadini con un’età maggiore ai 16 anni possono presentare o sostenere un’iniziativa di legge, autenticandosi tramite codici simili a quelli usati dalle banche. Se si superano le 10.000 firme, la proposta viene discussa dal Saeima, l’assemblea legislativa lettone. I progetti di legge devono rispettare i principi fondamentali dell’ordinamento, indicare una soluzione al problema esposto e un piano concreto di attuazione: se almeno 100 persone vi aderiscono vengono pubblicati sul sito, dopodiché inizia la raccolta delle firme digitali. Il quadro è completato da una squadra di volontari, esperti di diritto e di comunicazione, che aiutano i cittadini a trasformare proposte e consigli in progetti di legge concreti, supervisionando anche il rispetto delle procedure.

Fotogramma tratto dal video illustrativo sul sito di ManaBalss.

Un ulteriore passo verso democrazia 2.0? Quella della Lettonia – un piccolo paese con poco più di due milioni di abitanti, la maggioranza dei quali provvisti di una connessione veloce a internet – è un caso particolare, ma non isolato: sistemi on line di consultazione iniziano infatti ad essere utilizzati anche da alcune istituzioni dell’Unione europea e da paesi come la Finlandia e l’Islanda (in quest’ultimo caso addirittura durante l’approvazione della nuova costituzione). La novità è che ManaBalss.lv è stato messo a punto da soggetti privati: i venticinquenni Kristofs Blaus, imprenditore del web, e Janis Erts, pubblicitario. Solo successivamente il Parlamento ha varato una legge che lo obbliga a prendere in considerazione le iniziative proposte attraverso il sito, approvando proprio una prime iniziative portate avanti dai promotori.

Un’altra legge, proposta dal sito sulla lotta ai paradisi fiscali, è stata poi approvata, mentre sono sotto esame altre iniziative, soprattutto su temi sentiti comunemente dai cittadini, come la sanità pubblica e l’ambiente. Secondo i dati forniti dalla stessa società, fino ad oggi hanno visitato ManaBalss.lv circa 600.000 persone, un quarto della popolazione lettone; sono state anche presentate circa 500 disegni di legge di legge, di cui sette hanno fino ad ora raccolto più di 10.000 adesioni.

Quella dell’integrazione possibile tra tecnologia e procedure democratiche è una questione sempre più sentita negli ultimi anni, in particolare dai nuovi partiti nati dal web – come il Partito Pirata nel Nord Europa e in Germania e il Movimento Cinque Stelle. Sempre più cittadini, soprattutto tra i giovani, sono ormai abituati a comunicare alla velocità di un clic, mostrando un fastidio crescente rispetto ai riti della democrazia rappresentativa, percepiti come pletorici e dispendiosi. Oggi la parola magica è piattaforma: non più per indicare, come accadeva fino a tempi recenti, una proposta politica o sindacale, bensì il software con cui organizzare concretamente l’attività politica dei militanti. Il Partito Pirata in questo senso utilizza liquidfeedback.org, traguardo a cui in Italia dovrebbe avvicinarsi in questi giorni anche l’M5S.

Oggi la tecnologia sembra insomma rendere molto più veloce ed economica la formazione del consenso, promettendo di dare slancio ai tipici strumenti della democrazia diretta: i referendum e, per l’appunto, le proposte di legge di iniziativa popolare. Per quanto riguarda l’Italia il problema sembra però piuttosto quello di iniziare a usare – o meglio, rispettare – i meccanismi già previsti dalla Costituzione fin dal 1948. Specialmente negli ultimi anni sono stati elusi i risultati di diversi referendum, a cominciare da quelli sui finanziamenti ai partiti; lo stesso accade per le proposte di legge dei cittadini, che nella maggioranza dei casi non arrivano nemmeno ad essere discusse dal parlamento. Non è un caso che il neopresidente della Camera Laura Boldrini abbia recentemente auspicato una proposta di legge che rafforzi l’iniziativa legislativa popolare, parlando della “partecipazione sempre più estesa dei cittadini, grazie anche agli strumenti della rete” come di “un’utopia necessaria”.

Quello che arriva dal Baltico può essere forse, senza indulgere a semplificazioni, un esempio interessante anche per noi. Basti pensare che fino a tempi recenti le istituzioni lettoni, in mano agli oligarchi dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica, apparivano completamente screditate, e il Paese presentava un dei più bassi tassi di partecipazione all’attività politica in Europa.

Daniele Mont D’Arpizio

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