SOCIETÀ

Lezioni (digitali) da un altro mondo

Zumulinde è il territorio abitato dalle tribù Zumu e Linde, separate dalle colline Chule e un grande giacimento d’oro. “La notte è la parte peggiore del giorno”, racconta il piccolo Freddie, perché di notte si sentono spari ed esplosioni, e la paura è tanta. In una notte di luna piena viene anche dato fuoco a un villaggio sulle colline: sono le due tribù che combattono per l’oro. Il risultato, però, è che Freddie quando va al mercato con la mamma non trova nulla da comperare: i camion non portano i rifornimenti per paura della guerra, gli insegnanti sono fuggiti dalle scuole e gli infermieri dagli ospedali.

Inizia così Freddie’s life in Zumulinde, una lezione per i bambini della 7° classe delle scuole dello Zambia. Si trova – per il resto del mondo – sul sito di iSchool.zm, insieme ad altre lezioni che raccontano un mondo totalmente diverso, dove alle elementari si impara a preparare il compost, a scoprire come calcolare quanta acqua c’è nel terreno, a capire come coltivare banane, a distinguere l’origine virale o batterica di malattie come il tifo, la malaria, il colera o l’Hiv. I bambini dello Zambia, invece, trovano tutto questo a scuola sul loro ZEduPad, un “tablet educativo”,  schermo da 7 pollici, wi-fi incorporato, Wikipedia precaricata, insieme alle migliaia di lezioni preparate da iSchool. Il tutto approvato dal ministero dell’Educazione.

Non si tratta di scuole statali, in realtà, ma di piccole realtà distribuite in villaggi altrettanto piccoli, sostenute dall’associazione Impact Network che ha creato il programma eSchool360 (che per gli aspetti tecnici a sua volta si appoggia ad iSchool), per promuovere una forma diversa di educazione nell’Africa rurale, basata in gran parte sull’educazione attiva e sull’e-learning. Con pochi dollari al mese per studente, il programma offre: computer per studenti e insegnanti, armadietti per conservarli in modo sicuro, proiettori e stampanti, connessione a internet e rete wireless per la scuola, un server, generatore elettrico (eventualmente a energia solare), addestramento per gli insegnanti. Il metodo, Total Learning Environment, prevede lezioni frontali con l’insegnante alternate a sessioni di e-learning, teoria mescolata a pratica – dove la pratica può essere anche giocare con il fango per creare gli oggetti da usare a lezione.

Le lezioni si tengono, come previsto dal ministero, in inglese e in lingua locale. Il curriculum ufficiale dello Zambia, il cui aggiornamento è in discussione proprio in questi ultimi mesi – prevede infatti una riflessione particolare sulle abilità linguistiche. Le lezioni del primo anni si devono tenere nella lingua familiare (la “lingua del gioco” ovvero una delle lingue dello Zambia, quella che gli scolari sono abituati a usare in famiglia). Una volta imparato a leggere e a scrivere nella lingua madre, la lingua “scolastica” diventa l’inglese (lingua ufficiale per la comunicazione nel Paese), ma gli insegnanti sono incoraggiati a usare la lingua locale in ogni occasione possibile, e dalla quinta classe le lingue locali da utilizzare a scuola diventano due.

Il curriculum della scuola primaria (che corrisponde grosso modo alla nostra scuola dell’obbligo) prevede inoltre lo studio della danza e della cultura tradizionale dello Zambia; l’educazione del consumatore, tecniche di vendita e negoziazione del prezzo, questioni di democrazia e diritti umani (dalla terza classe); food security e rispetto dell’ambiente (dalla seconda); ruoli di genere, parità uomo-donna, salute riproduttiva, protezione dall’Hiv (dalla prima). Uso del computer obbligatorio fin dal primo giorno di scuola, stabilito ancora dal curriculum ministeriale del 2000. E dove non arriva la scuola statale, ci pensano le iniziative private.

La cura iSchool può contenere controindicazioni: addestramento standard degli insegnanti fino al sillabo della singola lezione, materiali scrupolosamente preparati sulle linee ministeriali – noi ci lamenteremmo sicuramente della poca autonomia di scuole e programmi. Effetti collaterali, in compenso: scolarizzazione di ampie fasce di popolazione rurale che all’educazione (anche solo elementare) altrimenti difficilmente avrebbero accesso, e si trovano così a sviluppare abitudini linguistiche e tecnologiche “glocali” che spesso ancora sfuggono agli urbanizzati occidentali.

Cristina Gottardi

Foto: Fluidsurveys.com

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