UNIVERSITÀ E SCUOLA

L'idea assurda di una scienza senza cultura

Chi si occupa di università e di valutazione della ricerca deve spesso spiegare perché, ai suoi occhi, la questione non sia solo tecnica o specialistica. Non sparate sull’umanista lo fa molto bene. Scritto a più mani da Antonio Banfi, Elio Franzini e Paola Galimberti, il volume cerca di fare chiarezza sul tema bibliometrico riconducendo la discussione al caso italiano e sviluppando opportune connessioni tra aspetti tecnici e civili.

Sino a pochi decenni fa eravamo certi, quantomeno nei paesi occidentali, che l’università garantisse trasmissione del sapere critico, mobilità sociale, diffusione di competenze complesse. Oggi il suo ruolo appare contestato e la crisi, reputazionale e di finanziamento, contribuisce all’erosione delle classi medie. Esiste un nesso tra università e democrazia? A parere dei tre autori sì, e si tratta di un nesso inscindibile. Discutere i modi in cui vengono distribuite le risorse non è dunque futile: tale distribuzione prefigura la prosperità o l’estinzione di intere discipline e insieme il ruolo sociale dell’università del futuro.

Una valutazione seria e efficiente giova ai ricercatori più innovativi, senza considerazione di età o potere accademico. Criteri arbitrari e opachi distorcono invece l’attività di ricerca e introducono processi impropri di finanziamento. Nel modellare istituzioni educative superiori dobbiamo porci l’obiettivo di formare liberi individui (o cittadini), tecnici o consumatori? L’educazione liberale differisce da un’educazione prevalentemente tecnica perché incoraggia a riflettere criticamente sui presupposti di ciò che ci viene insegnato.

La posizione degli autori non è unanime, e diverse sono le competenze. Docente di estetica all’università Statale di Milano, Franzini si sofferma sulla diversità della ricerca umanistica e invoca una maggiore plasticità di metodi e criteri. Contesta (a mio parere a ragione) la progressiva burocratizzazione della ricerca e il suo assorbimento istituzionale nella PA; l’enfasi non di rado provinciale posta sull’insegnamento in lingua inglese e gli scadenti modelli di ricerca “internazionale” che si è cercato di accreditare.

Banfi, che insegna diritto romano all’università di Bergamo, ricostruisce l’ideologia soggiacente alle politiche della valutazione promosse nel nostro paese. L’assenza di una qualificata politica industriale e attitudini per lo più retrive del ceto economico-industriale, afferma, ci hanno indotti in anni recenti (o per meglio dire hanno indotto i “decisori”) a perseguire “l’assurdità di una ‘scienza senza cultura’, quasi le due cose non fossero la stessa cosa”.

Responsabile dell’archivio della ricerca e della piattaforma di e-publishing della Statale di Milano, Galimberti introduce infine il tema delle altmetrics, le tecniche alternative di valutazione, e spezza una lancia a favore dell’oltrepassamento dell’analisi citazionale. Colte le diversità, sono decisive le convergenze. Tutti e tre gli autori insistono sull’utilità del dialogo tra ricerca (in specie umanistica) e Rete; rifiutano il luogo comune delle “due culture”; e rigettano punti di vista nostalgici o apologetici in tema di Humanities.

Da circa quattro decenni le élites politico-economiche globali sembrano aver posto sotto attacco l’università in nome di esigenze contabili e pragmatiche. Perché investire in discipline che non sembrano avere utilità immediata? La risposta che si dà nel volume non è generica, e si distacca nel modo più persuasivo dalle retoriche sull’”utilità dell’inutile”, in apparenza oziose. Gli studia humanitatis diffondono competenze complesse, aiutano a trasformare le emozioni in ragionamento e ci assicurano maggiori capacità di controllo sul discorso politico e l’innovazione tecnologica. L’interazione mente-macchina è cosa troppo delicata per poter essere interamente lasciata nelle mani di uomini d’affari e programmatori. Certo, occorre che le agende umanistiche di ricerca si riformulino in modo innovativo, e che la prospettiva antiquaria ceda a dimensioni più sottilmente critiche o interrogative. Non solo. Se considerati dal punto di vista delle discipline umanistiche, gli standard bibliometrici mostrano tutta la loro fallacia. Nel porre il problema della “qualità” o di strumenti più adeguati e flessibili, gli umanisti non insorgono contro la cultura della valutazione. Rendono invece un servizio prezioso agli studiosi di tutte le discipline. Anche le scienze “dure” sono destinate a soffrire in regime di valutazione quantitativa e con indicatori rigidamente prefissati.

Letto tra le righe, Non sparate sull’umanista è stimolante per gli spunti polemici e le tracce di una controideologia accademica che matura oggi in Italia all’interno dell’accademia stessa, presentandone la parte a mio avviso migliore. Si può così (e per più versi si deve) polemizzare con l’ideologia rettorale; indagare la “zona grigia” che si estende tra ceto accademico, politico e economico-industriale o considerare l’importanza dell’Open Access dal punto di vista di un’etica pubblica della ricerca. “L’università, anche se non tutti i rettori lo sanno, non è un partito politico, e neppure una palestra dove è bello confrontarsi solo con chi è amico o affine”, scrive Franzini nel saggio che apre il volume. “L’università è tale – universitas – solo perché deve dialogare con la differenza, la varietà e il dissidio”.

Sociologi della scienza e psicologi cognitivi tendono oggi a definire “trandisciplinari” le comunità di ricerca allargate che includono, con i ricercatori professionali, anche amministratori o politici, imprenditori, attivisti impegnati nell’ambito sociale e semplici cittadini investiti dalla comune esigenza di risolvere problemi. Ci chiediamo come valutare la ricerca, la sua utilità e il suo impatto sociale? Bene. Ritengo che, a determinate condizioni, dovremmo educarci a riconoscere l’ampiezza del coinvolgimento in forme di attivismo civile, ambientale, digitale etc. come un indicatore estremamente attendibile della produttività e creatività dello scienziato.

Michele Dantini

Articolo originale tratto da roars.it

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