UNIVERSITÀ E SCUOLA

Musica, lingue, arte, informatica: la nuova scuola e il nodo risorse

Musica, arte, sport, lingue, informatica, economia. Sono le sei linee portanti della nuova didattica delineata dal piano “La buona scuola”, il progetto governativo di riforma dell’istruzione dall’infanzia alla maturità. Più che di uno stravolgimento dell’attuale offerta formativa, la proposta è di aumentare l'incidenza di discipline già presenti in alcuni o tutti gli istituti scolastici (con l’eccezione del “coding”, la programmazione informatica, che verrebbe introdotta ex novo). La strategia del governo sul rafforzamento di queste materie, considerate cruciali per la formazione scolastica ma non abbastanza presenti nell’orario di lezione, è strettamente legata a quella sulla stabilizzazione dei precari e l’indizione di un nuovo concorso: due misure che, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbero portare nelle scuole ben 188.000 nuovi insegnanti di ruolo entro il settembre 2018. Secondo il piano governativo, infatti, le ore supplementari da dedicare alle materie chiave sarebbero garantite proprio dai nuovi docenti, nella duplice veste che il piano assegna loro: titolari di una specifica cattedra nella disciplina di competenza o in una affine (le classi di concorso non verrebbero considerate rigidamente vincolanti), oppure inseriti  nell’”organico funzionale”, il contingente di docenti a disposizione di una rete di istituti, dal quale il dirigente potrebbe attingere con flessibilità per esigenze didattiche integrative o transitorie. 

Vediamo nel dettaglio le scelte del progetto di riforma. Per la musica, intesa come pratica di uno strumento e non soltanto educazione teorica, il piano delinea l’introduzione di due ore settimanali nelle quarte e quinte della scuola primaria: sarebbero da coprire 53.000 classi per un totale di 4.800 docenti. Storia dell’arte e disegno: due ore a settimana nei primi due anni dei licei classico, linguistico e delle scienze umane e degli istituti turistici, per integrare l’attuale offerta che prevede la materia solo a partire dal terzo anno. Qui le classi da coprire sono 3.400. Educazione motoria e sport: si introduce un’ora alla settimana nella scuola primaria, dal secondo al quinto anno, con un apporto aggiuntivo di 5.300 docenti. Per le lingue straniere, la via prescelta è il rafforzamento del metodo CLIL, che consiste nell’insegnare nella lingua prescelta una disciplina non linguistica (come storia o filosofia): un metodo che è già presente nell’ultimo anno di licei e istituti tecnici, ma che al momento presenta difficoltà nella selezione e formazione di un numero di docenti adeguato. “La buona scuola”, grazie alle nuove assunzioni, si prefigge di estendere il CLIL alle scuole primarie e secondarie di primo grado, rafforzando i piani di formazione del personale avvalendosi anche di assistenti madrelingua. L’obiettivo è far giungere i ragazzi almeno al livello B2 per la lingua straniera principale: ma il piano del governo, su questo fronte, è avaro di particolari sulle concrete modalità per avviare i corsi con efficacia maggiore che in passato.

Capitolo fondamentale, nelle intenzioni del governo, è quello dell’informatica. I traguardi sono ambiziosi: estensione generalizzata della disciplina a tutti gli indirizzi scolastici, ma soprattutto introduzione della programmazione (coding). Anche su questo punto il piano non fornisce dettagli. Si parla di un futuro progetto finalizzato a potenziare la disciplina nell’ambito degli insegnamenti di tecnologia e di cittadinanza e costituzione nella scuola secondaria di primo grado, mentre alle superiori si ipotizza l’incremento delle ore di informatica, e si accenna a futuri progetti che raggruppino università, aziende e associazioni per portare il know-how digitale nelle scuole; ma le modalità specifiche non sono illustrate. Infine, l’economia: se ne teorizza l’introduzione in tutte le scuole secondarie di secondo grado, in particolare nei licei; anche qui le ore aggiuntive sarebbero garantite dalle nuove assunzioni di docenti, sia quelli che occuperanno le cattedre di materie economiche e affini, sia quelli che costituiranno l’organico funzionale.

Molto spazio nel progetto del governo è dedicato all’alternanza scuola–lavoro. Gli obiettivi enunciati implicano l’estensione a tutte le scuole di secondo grado dei percorsi formativi nelle imprese. In particolare, la formazione sul posto di lavoro diverrà obbligatoria negli ultimi tre anni degli istituti tecnici e verrà rafforzata negli istituti professionali (è previsto un minimo di 200 ore annue di didattica in azienda). I docenti di scuola seguiranno gli studenti come tutor. È previsto anche il potenziamento dell’apprendistato negli ultimi due anni delle superiori, e verrà poi estesa la possibilità di commercializzare beni o servizi prodotti dalla scuola nel quadro dell’attività formativa: i ricavi dovranno essere reinvestiti per la didattica. Si punta, infine, alla diffusione del programma internazionale Erasmus Plus per tutti i canali che prevedano attività formative alternate a lavoro nei Paesi aderenti. 

Tra i diversi capitoli dedicati alla formazione, quello della scuola-lavoro è, al momento, il più problematico riguardo alle risorse: “La buona scuola” si pone l’obiettivo di riservare per questo settore 100 milioni annui, e la legge di stabilità 2015 prevederebbe di destinare parte del nuovo maxi-fondo (quattro miliardi in due anni) a questo scopo: ma lo stesso piano quantifica proprio in quattro miliardi gli oneri per realizzare il programma di stabilizzazioni e il nuovo concorso da 40.000 posti, esaurendo così le disponibilità. Bisognerà quindi capire se l’eccezionale tornata di assunzioni, permettendo l’abbattimento del numero di supplenze, creerà dei risparmi che potranno essere dirottati sulla formazione in azienda o se sarà necessario provvedere altrimenti.

Martino Periti

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