UNIVERSITÀ E SCUOLA

Scuola, sarà solo fantascienza?

Centotrentasei pagine per scardinare immobilismo organizzativo, automatismi stipendiali, inceppi burocratici, incomunicabilità con le esigenze dei ragazzi e del mondo del lavoro. La nuova scuola di Matteo Renzi e Stefania Giannini è tutta in un dossier dalla copertina rossa, diviso in sei capitoli: assunzioni, formazione e carriera, valutazione e autonomia, didattica, lavoro, risorse. E l’ultimo capitolo, purtroppo, è di gran lunga il più stringato. La sfida del governo si giocherà su due livelli: la capacità di reperire i fondi per il più ambizioso piano di riforma scolastica dagli anni Sessanta a oggi; e l’abilità nel resistere ai blocchi sindacal-corporativi che presto inizieranno i bombardamenti a tappeto. Perché “La buona scuola”, il programma Renzi-Giannini  (aperto alla consultazione pubblica online dal 15 settembre al 15 novembre), potrebbe davvero introdurre nel nostro sistema scolastico fattori dirompenti, come la sostanziale abolizione del precariato e delle supplenze, l’introduzione per gli insegnanti di carriere basate sul merito, una reale autonomia di istituti e presidi, l’apertura ai linguaggi digitali e alla collaborazione con imprese e centri di ricerca.

Il rischio, rapportando le proposte renziane alle condizioni del nostro sistema di istruzione pubblica, è di sentirsi irretiti da una specie di “sindrome di Bradbury”, una visione fanta-letteraria che mal si concilia con lo stato della nostra economia e l’attitudine al cambiamento di un settore da decenni ostaggio della mancanza di risorse e di infiniti intrecci tra ipertrofia normativa, rigidità sindacale, caos organizzativo. Se il salto in avanti è impressionante, vale però comunque la pena di sognare, e immaginare che davvero i tre miliardi da scovare nei prossimi 16 mesi solo per l’assunzione-monstre di insegnanti del 2015, e le svariate centinaia di milioni per la nuova didattica, siano reperibili senza aumentare la pressione fiscale ma con un’oculata politica di tagli a spese inutili. Ma questa è un’altra questione, sulla quale le vaghezze di “La buona scuola” dovranno presto essere diradate: il primo miliardo è da stanare con la legge di stabilità da presentare tra qualche settimana. Per ora limitiamoci a una sintesi estrema delle innovazioni immaginate da premier e ministro dell’Istruzione per la scuola del futuro, e rinviamo a successivi approfondimenti l’analisi nel dettaglio di ciascuna misura.

Fine del precariato. 148.000 precari assunti, tutti insieme, a settembre 2015. Saranno tutti coloro che sono iscritti nelle graduatorie a esaurimento, più vincitori e idonei del concorso 2012. La maxisanatoria permetterà un sostanziale azzeramento del precariato e sarà abbinata a un nuovo concorso, bandito a primavera 2015, per 40.000 insegnanti, riservato a tutti gli abilitati più i laureati entro il 2001/2002 che, pur non avendo l’abilitazione, potranno sostenere l’esame. I vincitori del concorso 2015 saranno assunti a scaglioni in tre anni, a partire dal 2016/2017. Dal 2016 le assunzioni nella scuola si effettueranno solo per concorso. Costo del piano: un miliardo da trovare nella prossima legge di stabilità, due miliardi nel 2015, un altro miliardo da distribuire in un decennio per effetto degli avanzamenti di carriera dei nuovi assunti.

Il rapporto di lavoro dei neoassunti. Tutti i neoassunti della sanatoria dovranno accettare alcune regole di flessibilità: potranno essere assegnati a una provincia o regione diversa da quella della propria graduatoria; potrà essere loro richiesto di insegnare una materia “affine” a quella della loro classe di concorso (i criteri di “affinità” dovranno ovviamente essere stabiliti per legge); inoltre una parte dei neoassunti andrà a costituire il cosiddetto “organico funzionale”, contingenti di insegnanti a disposizione di più istituti collegati fra loro, che li potranno assegnare a compiti di didattica integrativa, supplenze brevi, incarichi organizzativi.

La nuova abilitazione. Ogni corso di laurea dovrà prevedere un biennio specialistico destinato a preparare i futuri insegnanti in quel settore disciplinare. Sarà a numero chiuso: terminato il biennio e conseguita la laurea magistrale, seguirà un tirocinio semestrale in una scuola, al termine del quale sarà l’istituto stesso a valutare il candidato e quindi a decidere sull’abilitazione.

La carriera dei docenti. Altra rivoluzione. Da settembre 2015 vengono aboliti gli scatti stipendiali per anzianità. Entra in vigore il sistema di valutazione previsto dal dpr 80/2013, che varrà anche per le scuole paritarie. Gli avanzamenti economici avverranno ogni tre anni sulla base dei crediti ottenuti dai docenti valutati: solo i migliori due terzi degli insegnanti conseguiranno lo scatto. La valutazione avverrà in modo autonomo per ogni singola scuola: ogni scatto varrà un aumento di 60 euro netti al mese. Nella sua carriera ogni insegnante potrà maturare al massimo 12 scatti. Ogni scuola dovrà pubblicare online il “piano di miglioramento”, con obiettivi prefissati, dal cui conseguimento dipenderanno gli incentivi ai dirigenti scolastici. La formazione dei docenti diventerà obbligatoria, con conseguimento di crediti per le successive valutazioni.

Didattica. Scuola primaria: in quarta e in quinta verranno inserite due ore alla settimana di educazione musicale. Dalla seconda alla quinta, per un’ora alla settimana, si insegnerà educazione motoria. Il CLIL (insegnamento di una lingua straniera utilizzandola per insegnare altre materie) verrà introdotto anche alle primarie e alle medie. La programmazione informatica dovrà far parte dell’offerta formativa di ogni ciclo scolastico a partire dalla scuola primaria. La storia dell’arte verrà estesa (2 ore settimanali) ai primi due anni dei licei e degli istituti per il turismo. L’economia dovrà essere insegnata in tutte le superiori.

Scuola-lavoro. In tutte le scuole superior iverrà data agli alunni la possibilità di effettuare esperienze in aziende pubbliche e private. Negli istituti tecnici e professionali si prevederanno almeno 200 ore annuali, obbligatorie, di alternanza scuola-lavoro. Gli istituti professionali potranno commercializzare beni o servizi, reinvestendo gli utili nella didattica. Verrà potenziato l’apprendistato negli ultimi due anni delle superiori.

Risorse. Un capitolo quasi tutto ancora da scrivere. Viene stabilito l’impegno ad aumentare il Mof, fondo per il miglioramento dell’attività formativa, ultimamente sceso a meno di 500 milioni disponibili per la didattica integrativa. Dal Pon, il programma che utilizza risorse del Fondo sociale europeo, si stima di poter ricavare 800 milioni per il periodo 2014–2020. Ancor più vaghe le intenzioni dichiarate circa gli incentivi per gli investimenti dei privati, attraverso bonus fiscali e finanziamenti ad hoc. Quanto all’obiettivo che fa tremare, quello delle assunzioni (tre miliardi da trovare entro il prossimo anno), il governo “si impegna” a stanziare il primo miliardo nella legge di stabilità che verrà presentata a breve. Il resto, come diceva qualcuno, è silenzio.

Martino Periti

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