UNIVERSITÀ E SCUOLA

Turnover in tempo di crisi, un’opportunità da cogliere

Tra i molti provvedimenti del cosiddetto “decreto del fare” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, si nasconde una buona notizia per il turnover del personale nelle università e negli enti di ricerca. Pur in tempi di crisi e di tagli mirati a contenere la spesa pubblica, sono stati anticipati i termini per procedere a nuove assunzioni previsti dalla legge 133 del 2008: già dal 2014 infatti si eleva dal 20% al 50% il limite di spesa consentito rispetto alle cessazioni dal servizio dell’anno precedente. Le singole università potranno quindi assumere nel rispetto delle specifiche disposizioni sui limiti di spesa per il personale e per l’indebitamento. Secondo il ministero, si aprono in questo modo posti per 1.500 ordinari e 1.500 nuovi ricercatori, per una spesa prevista di 25 milioni nel 2014 e 49,8 nel 2015.

Dopo cinque anni quindi la situazione pare finalmente iniziare a sbloccarsi, nel tentativo di dare un po’ di ossigeno all’università italiana, che negli ultimi tempi ha denunciato sempre più spesso il rischio di un mancato ricambio generazionale tra i docenti, sofferenze nell’organizzazione e nella gestione della didattica, e un alto tasso di abbandono degli studenti, peraltro comune ad altri Paesi europei. Sblocco che avviene dopo anni di proteste e pressioni della Crui e dei singoli atenei, che hanno ripetutamente lanciato l’allarme contro i tagli lineari. 

Le conseguenze del mancato turnover tra vecchi e nuovi docenti, nel frattempo, non si sono fatte attendere. L’ultimo rapporto Miur sullo stato del sistema universitario, a cura del Comitato nazionale per la valutazione – quello stesso rapporto che recentemente ha destato così forte preoccupazione per il calo degli studenti iscritti – sottolinea infatti come la riduzione del numero dei docenti abbia portato a una effettiva diminuzione anche dell’offerta formativa. Frutto, però, solo di considerazioni puramente contingenti e non di una attenta razionalizzazione di un’offerta esplosa a livelli non più gestibili. Una contrazione a macchia di leopardo, quindi, e l’avvertimento del ministero risuona chiaro: l’ulteriore riduzione del numero dei docenti e l’applicazione dei limiti imposti per la definizione dell’offerta formativa “creeranno problemi più o meno rilevanti alle varie facoltà e università, in relazione alla  carenza o sovrabbondanza di personale docente dei vari settori scientifico-disciplinari”. Il rapporto stima inoltre in 14.000 le previste cessazioni dal servizio del corpo docente nel periodo 2011-2015, con alcuni settori più penalizzati di altri, come scienze fisiche e scienze dell’antichità che perderanno fino al 32% dei professori ordinari. Con il quinquennio successivo raggiungerà complessivamente l’età pensionabile il 55% dei docenti. 

È giunta davvero l’ora del tanto agognato ricambio generazionale? Ferma restando la frustrazione dei tanti giovani per cui resta difficile l’inserimento in ruolo, non si possono non notare le raccomandazioni del ministero al riguardo: si tratta di una opportunità per interventi di riequilibrio nei singoli atenei e nelle aree scientifiche, sempre che questo non si operi “sulla base delle aspettative di quanti sono già in servizio”, ma piuttosto in base a una “adeguata programmazione delle entrate e delle promozioni”. 

Le buone intenzioni, dunque, ci sono. Almeno quelle. 

C.G.

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