SOCIETÀ

Una città più anziana, ma viva e colorata

Gianpiero Dalla Zuanna insegna demografia presso il Dipartimento di Scienze statistiche dell’Università e negli ultimi anni si è dedicato a un ampio spettro di argomenti, tra cui l’immigrazione, le cosiddette seconde generazioni e i costumi sessuali degli italiani. Il suo ultimo libro è Cose da non credere. Il senso comune alla prova dei numeri  (con Gugliemo Weber, Bari 2011).

È possibile pensare come sarà la popolazione italiana tra vent’anni?

Alcune tendenze sono facili da prevedere: ad esempio ci sarà un aumento in termini assoluti della popolazione anziana, e questo sia per uno straordinario incremento della sopravvivenza della popolazione, sia perché entreranno nella terza e nella quarta età i figli del baby boom, nati tra gli anni ’50 e il 1975. Meno probabile è che il declino delle nascite si ripercuota significativamente sul volume della popolazione in età lavorativa. Oggi i trentenni sono più o meno gli stessi dell’inizio degli anni ’80, grazie ai giovani immigrati e alle nuove nascite, il cui numero si è stabilizzato negli ultimi anni: il rimpiazzo della popolazione attiva dovrebbe essere quindi garantito ancora per diversi anni.

E gli stranieri?

Sulle previsioni che coinvolgono l’immigrazione aleggia l’impatto della crisi economica, che non può essere ancora calcolato. I primi dati dell’ultimo censimento sembrano dire che c’è stato un incremento degli stranieri inferiore alle attese. In Veneto abbiamo assistito a un drastico calo dei nuovi assunti:  45 mila all’anno negli ultimi 3 anni, a fonte dei circa 75 mila di prima della crisi. La disoccupazione però non si sta concentrando sugli stranieri, poiché questi sono ormai una parte essenziale del nostro sistema economico: in Catalogna, ad esempio sta accadendo il contrario, e lo scoppio della bolla speculativa edilizia ha praticamente azzerato gli arrivi. Ci sarà semmai da vedere se l’uscita dalla crisi sarà più o meno labour intensive, ovvero basata sull’aumento della produttività piuttosto che della forza lavoro.

La famiglia come cambierà?

La tendenza in corso adesso è quella di un forte incremento delle convivenze e delle nascite al di fuori dai matrimoni: un cambiamento che affonda le radici nel processo di secolarizzazione della società, ma che ha avuto un’accelerazione consistente nel primo decennio del nuovo millennio. Attenzione però: la gente non sembra aver perso fiducia nella famiglia tradizionale. Soprattutto non sembra essere scalfita in Italia la fortissima solidarietà tra le generazioni: circa il 60% dei nuovi nuclei familiari vanno ad abitare a meno di un chilometro da una delle due famiglie d’origine, una tendenza che ravvisiamo anche tra i figli dei laureati.

Si tratta della scarsa mobilità che caratterizza la società italiana?

Ci sono anche degli aspetti positivi: è anche per questo che per esempio che in Italia non si sono ancora formati dei ghetti veri e propri. Il caso di Via Anelli, qui a Padova, è abbastanza particolare; il fatto che circa l’80% delle persone viva in case di proprietà, assieme ai vincoli e agli oneri per l’acquisto e la vendita delle abitazioni, hanno limitato la concentrazione degli stranieri in alcuni quartieri. Una situazione che tutto sommato favorisce l’integrazione.

Di quali servizi, di quali spazi ci sarà bisogno nella città di domani?

Sicuramente ci sarà ancora bisogno di scuole, in particolare di asili nido, e su questo ci vorrebbe davvero la regia, ad esempio da parte di gruppi o associazioni di comuni. La crescita degli anziani evidenzierà poi l’esigenza di alcune scelte che non potranno più essere eluse. Se ad esempio i grandi centri commerciali faranno sparire i piccoli negozi del centro, dove andranno gli anziani? Dovranno pensare i figli a fare la spesa? Lo stesso vale anche per i servizi: le residenze protette dovranno certamente crescere, e bisognerà considerare dove collocarle: in località isolate oppure inserite nei contesti abitativi, in modo da tenere l’anziano non solo nella sua città, ma anche nel suo quartiere?

E Padova? Come sarà la sua popolazione futura?

Nei prossimi anni è difficile pensare a grandi cambiamenti della quantità di popolazione padovana, che nel comune continuerà ad essere poco più di 200 mila abitanti, superando i 400 mila con la cintura urbana (Albignasego, Selvazzano eccetera). Per il resto, come in tutte le città le tendenze prima descritte si manifesteranno in modo più accentuato: ci saranno più anziani, più stranieri, più nascite fuori dal matrimonio, famiglie più piccole. Perché i padovani del futuro vivano bene nella loro città è importante continuare a puntare sulla mobilità sostenibile, sui servizi scolastici, sanitari e sociali, su un mix adeguato di attività commerciali e produttive. Nello stesso tempo, è importante agire in forte sinergia con i comuni dell’area metropolitana, perché questa è la vera popolazione di riferimento, che fa di Padova una delle città italiane più estese e dove si vive meglio. Anche l’Università può dare un importante contributo, perché la sua sola presenza innalza il livello delle proposte culturali, ma soprattutto come esperienza di vita e di formazione dei giovani. La mobilità dei giovani padovani è scarsa anche perché trovano, sotto casa, un’università di eccellenza.

 

Daniele Mont D'Arpizio

 

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